Mons. Viganò
05 dicembre 2020

«Ho deciso di combattere»
Mons. Viganò un leone, noi siamo con lui!

«Ho deciso di combattere»: Mons. Viganò un leone, noi siamo con lui!

Occorre tenere bene a mente la differenza che intercorre tra il pastore e il mercenario - cujus non sunt oves propriae(Gv 10, 12) - perché proprio nella diversità del loro comportamento si distingue e definisce colui che ha a cuore il gregge e chi viceversa, al sopraggiungere del lupo, fugge. Servire la Chiesa significa anzitutto comprendere che la vita del cristiano è una militia, e che a maggior ragione questo vale per coloro che la Provvidenza si è degnata di chiamare nei gradi dell’ordine sacerdotale. Immagino che questo suoni quasi blasfemo per i fautori del buonismo e del pacifismo amorfo. Eppure, è stato Nostro Signore stesso a ricordarci di non essere venuto a portare la pace, ma la spada (Mt 10, 34). Alla Chiesa di Laodicea ha rivolto questo severo monito: “Poiché sei tiepido, non sei né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap 3, 16). E san Paolo ce lo ribadisce: “Bonum certamen certavi"(2 Tim 4, 7).

La vita cristiana è vita di battaglia: contro la carne, contro il mondo, contro il diavolo. La carne, in ragione del peccato originale e della conseguente inclinazione al male; il mondo, che oggi è additato come “luogo teologico” mentre è il regno del Nemico, il diavolo, che ha come unico scopo quello di pervertire quante più anime può, allontanandole dalla salvezza eterna. Mi ritrovo quindi, quamvis indignissimus, a rispondere alla mia vocazione. E nonostante l’età avanzata non posso sottrarmi alla chiamata di Dio: non l’ho fatto il giorno in cui ho iniziato la mia vita sacerdotale; non lo farò ora che, come successore degli apostoli, presto dovrò rispondere dinanzi a Dio non solo di me stesso, ma anche del gregge di Cristo.

Se posso permettermi una confidenza, credo di non avere mai sentito tanto forte, tanto coinvolgente ed entusiasmante, ma anche tanto grave e incombente la mia responsabilità di vescovo. Nostro Signore, infatti, “ha voluto nella sua Chiesa l’autorità personale e l’ha istituita personale. Invece, dopo il Concilio, assistiamo a un gigantesco tentativo di spersonalizzazione dell’autorità: da personale quale essa è per diritto divino, la vediamo parlamentarizzarsi, collegializzarsi, si potrebbe dire sovietizzarsi” (padre R.Th. Calmel o.p., Breve apologia della Chiesa di sempre), sinodalizzarsi - aggiungo io - con gravissime conseguenze sulla missione della Chiesa e sul suo ruolo nella scena del mondo.

Quello che ho cercato di compiere a servizio della Santa Sede e dei pontefici che si sono avvicendati, con la prudenza richiesta dal delicato incarico di nunzio apostolico e con lo zelo pastorale che mi ha animato nelle varie missioni svolte, lo compio con non minore convinzione e ardore ancora oggi; direi anzi, con la consapevolezza di aver ritrovato l’entusiasmo e il coraggio del munus che mi è stato conferito. Un entusiasmo che attinge nel mio Signore la sua fonte, il suo sviluppo e il suo compimento: in Dio, qui laetificat iuventutem meam.

Mi sia concesso citare un brano di santa Teresa del Bambino Gesù:

“Signore, Dio degli eserciti, che ci hai detto nel tuo Vangelo: 'Non sono venuto a portare la pace, ma la spada', armami per la lotta. Io brucio dal desiderio di combattere per la tua gloria; ma, te ne supplico, fortifica il mio coraggio. Potrò allora esclamare con il Santo re David: 'Tu solo sei il mio scudo; sei Tu, Signore, che addestri le mie mani alla guerra!' O mio Gesù, lotterò dunque per il tuo Amore fino alla sera della mia vita. Poiché Tu non hai voluto gustare riposo sulla terra, voglio seguire il tuo esempio, e spero così che si realizzerà per me la promessa uscita dalle tue labbra divine: 'Se qualcuno mi segue, là dove Io sono, là sarà anche lui, e il Padre mio lo onorerà' (Gv 12, 26). Essere con Te, essere in Te, ecco l’unico mio desiderio! La certezza che Tu mi dai del suo esaudimento mi fa sopportare le amarezze dell’esilio, nell'attesa del giorno radioso dell'eterno faccia a faccia!”.

Spero che questi miei scritti possano aiutare i lettori a capire che il mio scopo ultimo, ciò che muove e vivifica il mio impegno di vescovo, è l’amore indiviso per la Chiesa, Sposa dell’Agnello immacolato, e la volontà implacabile di battermi per difenderla e liberarla dai suoi nemici. Con l’aiuto di Dio, sotto l’egida della Regina delle Vittorie.

“Tale è la nostra fede nella Chiesa: una e santa, senza macchia, né rughe, senza lentezze, né invecchiamenti, senza pressapochismi, né insufficienze; senza complicità con l’errore né accomodamenti al peccato, senza ingenuità o stoltezze di fronte ai sofismi capziosi o alle organizzazioni occulte d’una falsa chiesa, d’una chiesa apparente. La Chiesa nella quale crediamo è sempre pronta per tutte le ore del tempo di Salvezza; invulnerabile agli errori e ai peccati del mondo, d’una misericordia che niente stanca per le anime che ricorrono ad essa. Il suo viso e il suo cuore custodiscono inalterata l’immagine di Nostra Signora, la Vergine Madre di Dio, che è il suo rifugio, sua Madre e sua Regina” (padre R.Th. Calmel o.p.).

+ Carlo Maria Viganò

Carlo Maria Viganò (a cura di Aldo Maria Valli), Nell’ora della prova. «Volete andarvene anche voi?»,Chorabooks, Hong Kong 2020, pp. 403-406.

>>>articolo originale online>>>







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