Ambientalismo
20 agosto 2024

I TRUCCHI DELLA CRICCA GREEN PER DECIDERE CHI PUBBLICA SULLE RIVISTE "SCIENTIFICHE".


Gli scienziati sono uomini e, come tali, soffrono di tutti i difetti della imperfetta umana natura, corruttibilità compresa. Di tutte le scienze, quella col più alto tasso di corruzione credo sia la climatologia, al cui seno si nutre una consistente e rumorosa società di mutua ammirazione – che nel seguito chiamerò la “cricca” – convinta della responsabilità umana del cambiamento climatico osservato negli ultimi decenni, cosa che fin qui può starci. Senonché, pur di far affermare la propria convinzione, questa cricca è attiva, da un lato, nell’impedire che sia pubblicato qualunque risultato di ricerca – bollato come “negazionista” – che metta in dubbio quella convinzione; e, dall’altro, nel favorire la pubblicazione di qualunque articolo – anche patentemente errato o bacato da forti lacune di metodo – che ribadisca la responsabilità umana sull’evolvere del clima del pianeta. 


La cricca catastrofista si fa forza della presunta abbondanza (anche se ingigantita – rammentate la favola del 97%?), su riviste immancabilmente definite “prestigiose”, delle loro pubblicazioni, che avrebbero superato il vaglio dei cosiddetti “referee”, e della scarsità delle pubblicazioni dei loro colleghi “negazionisti”, alcune delle quali, pur diffuse in internet, non avrebbero ancora superato quel vaglio. Credo, a questo punto, opportuno mettervi al corrente del processo – che è necessario smitizzare – di pubblicazione degli articoli “scientifici”. 


L’autore di un articolo, ove si riportano i risultati di una ricerca condotta secondo i canoni del metodo scientifico, lo invia ad una rivista il cui editore, prima di pubblicarlo, chiede parere ad alcuni “esperti” del settore (tipicamente se ne scelgono 3, i “referee”). Questo è uno step molto importante: la rivista vuole naturalmente evitare di pubblicare cose patentemente errate e, d’altra parte, visto l’elevato livello di specializzazione che si raggiunge con le questioni tecniche, l’editore non sempre (quasi mai, in realtà) è in grado di dare una valutazione qualificata. E, anche se lo fosse, non ne avrebbe comunque il tempo, visto l’elevato numero di articoli che riceve ogni giorno da varie parti del mondo: per una valutazione un minimo decorosa di un articolo di ricerca scientifica non basta una semplice lettura, ma è necessario uno studio un minimo accurato. Per farla breve: i “referee” sono necessari.


Ciascun referee invia all’editore il proprio rapporto, che contiene commenti all’articolo e che si conclude raccomandando o la pubblicazione (eventualmente chiedendo anche che sia apportata qualche modifica), o la non pubblicazione. Naturalmente i verdetti dei tre referee possono differire tra loro: in questo caso sarà compito dell’editore decidere cosa fare; tipicamente, l’editore apre un carteggio con l’autore, al quale si chiede di apportare le correzioni richieste e di rispondere alle obiezioni di chi suggerisce la non pubblicazione. L’ultima parola spetta all’editore che, valutato l’intero carteggio, prende la decisione finale. 


Bisogna esser ben consapevoli che un articolo così pubblicato non dà alcuna garanzia di correttezza (men che meno di rilevanza scientifica) e, parimenti, anche un articolo con risultati corretti e pregevolissimi potrebbe ben esser rigettato. Un esempio che mi sovviene – tutt’altro che un’eccezione – è l’articolo del 1960 ove Theodor Maiman annunciava la realizzazione dell’invenzione del primo laser: un successo da premio Nobel, il cui valore non fu però apprezzato dalla rivista cui Maiman inviò l’articolo – il Physics review letters, che è la rivista più prestigiosa della fisica mondiale – che lo cestinò. In quello stesso 1960 Maiman lo pubblicava su Nature, e in seguito riceverà, per l’invenzione del laser, il premio Wolf per la fisica. Per la cronaca: il Nobel (del 1964) fu riservato a coloro che nel 1958 avevano descritto le condizioni necessarie per la realizzazione del laser.


Ma come sono scelti i referee? Se l’editore è dello stesso campo di ricerca dell’autore, dopo una breve lettura se non dell’articolo intero almeno del suo riassunto e delle sue conclusioni, saprà a chi inviare l’opera per il controllo di prassi. Altrimenti, validi suggerimenti gli sono offerti dalla bibliografia: per farla breve, i referee sono molto spesso scelti tra gli autori citati in bibliografia.  Qui entra in campo la cricca di climatologi convinti, a dispetto delle molte contro-prove, che l’uomo governi il clima. Costoro si citano a vicenda cosicché, se non tutti i referee, almeno due sui tre scelti dall’editore appartengono alla cricca. In questo modo i loro articoli sono accettati per la pubblicazione, spesso senza neanche essere letti (ne vedremo un esempio). Inoltre, se qualche loro collega provasse mai a inviare un articolo che confuti le affermazioni della cricca, finirà per citare i loro lavori; ma così facendo essi saranno scelti dall’editore quali referee, e il lavoro verrebbe automaticamente respinto. 


Queste cose che scrivo non sono una mia congettura: lo scandalo del climategate fece emergere nel 2009 la determinazione con cui la detta cricca influenzava quali articoli dovessero essere pubblicati e quali rigettati. Si era nei primi anni del millennio, ma nulla è cambiato oggi. Anzi le cose son peggiorate, perché sta accadendo che ove mai un articolo “negazionista” riesca a superare il filtro dei referee, quelli della cricca, anziché scrivere un eventuale altro articolo di refutazione, si adoprano con pressioni esterne (tipo cagnare sui social o su qualche organo di stampa compiacente) che inducono l’editore a ritrattare l’articolo già pubblicato. Una cosa del genere accadde per esempio nel 2019 quando l’Accademia dei Lincei, indotta da una campagna denigratoria di Repubblica, preferì cancellare una conferenza internazionale di climatologia anziché consentire ad alcuni “negazionisti” (non graditi alla cricca) di presentare una relazione già accettata dal comitato scientifico della conferenza.


Recentemente siamo stati tutti allarmati da ogni organo d’informazione che l’estate del 2023 sarebbe stata la più calda degli ultimi 2000 anni. La “notizia” è la conseguenza di un articolo pubblicato su Nature. La rivista è prestigiosa, ma l’articolo è sbagliato e, fossi stato io il referee, avrei suggerito la non pubblicazione. I dettagli alla prossima puntata: tenete quindi d’occhio La Verità


  1. Continua


Franco Battaglia


Articolo pubblicato sul quotidiano LA VERITÀ il 20 agosto 2024








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