IL DECLINO DELL'OCCIDENTE
21 luglio 2024

Kiev insegna che il pericolo è Biden


A me Pierluigi Bersani fa simpatia, non foss’altro per lo sguardo, che è quello di un uomo buono. Il suo limite, invece, è quello del buon uomo, afflitto da un sostanziale provincialismo che non gli fa vedere il mondo oltre i confini non voglio dire di quel di Bettola ma, stando larghi, della provincia di Piacenza. Recentemente, ospite ad un talk show su La7, ha così liquidato l’America, Trump e Biden: «l’America non ha un progetto per il mondo», «Trump è pericoloso perché imprevedibile» e «io sto con Biden». Sotto il vestito di queste inequivocabili parole, il niente di tante altre parole leggère come il fumo e intricate come il filo di un gomitolo.


Perché provincialismo? Intanto, non si capisce perché ci si debba attendere da qualcun altro – nella fattispecie l’America – un progetto per l’intero mondo. La frase di Bersani è retaggio del suo essere, nel cuore e nell’anima, un comunista del Pci, un partito che vedeva nell’America il primo nemico del mondo. In realtà, un progetto per il mondo l’America lo avrebbe pure. Purtroppo. Solo che Bersani non lo capisce. Ma ne parliamo fra poco. 


Anche «Trump è pericoloso» deve avere lo stesso retaggio: Trump è Repubblicano, un partito dall’universo mondo sentito (inspiegabilmente, aggiungo io) come di destra e di conseguenza per Pierluigi non può che essere “pericoloso”. Che, per quelli di sinistra, è la qualifica che sintetizza l’essenza di chiunque di sinistra non è. Perché, oggettivamente, non c’è nulla, ma proprio nulla, che faccia pensare a Trump come un “pericoloso”. Non foss’altro per il fatto che egli è stato già presidente per 5 anni e non si capisce cosa abbia Trump compiuto, di diverso dai suoi predecessori, per attribuirgli la qualifica di “pericoloso”. Men che meno “imprevedibile” perché, ripetiamo, Trump è già stato Presidente degli Usa.


Infine, quel «io sto con Biden» può essere capito solo in chiave di licenza poetica: il nome del partito di Biden fa rima col nome assunto dal partito di Bersani dopo la caduta del Muro di Berlino. Perché, vede caro Bersani, se qui c’è un pericoloso a piede libero, quello è proprio Joe Biden. E qui non mi riferisco ai problemi di salute che – ahimè – affliggono il pover’uomo, quanto piuttosto al “progetto per il mondo” dell’America degli ultimi cinque lustri, un progetto ove la mano di Biden pesa come un macigno.


Era il 18 giugno 1997 quando si celebrava a Washington una Conferenza del Consiglio Statunitense della Nato. «Espansione della Nato» è il titolo, inquietante, della conferenza. Ed è inquietante – per non dire guerrafondaio e irresponsabile – perché nel 1990 l’America aveva già promesso che la Nato non si sarebbe espansa nell’Est dell’Europa. Come sappiamo, la promessa fu tradita dal Presidente Bill Clinton, che nel 1999 permetteva che Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria diventassero membri del Patto Atlantico. Negli anni successivi la Nato si allargò fino agli Stati del Baltico, ma il progetto era già nella mente di Joe Biden fin da quel 18 giugno 1997, quando l’allora Senatore del Delaware fece un intervento di oltre un’ora, di cui ricordiamo qui le seguenti parole in risposta ad una giornalista che gli chiedeva lumi proprio sull’allargamento della Nato fino a includere gli Stati al confine con la Russia. 


La risposta testuale di Biden: «Penso che l'unico posto [la parola “unico” è particolarmente rafforzata nella voce del Senatore, ndr] in cui si creerebbe la più grande costernazione a breve termine per l'ammissione dei Paesi Baltici nella Nato – e che non ha nulla a che vedere con il merito e la preparazione del Paese a entrarvi – in termini di relazioni tra la Nato e la Russia, tra gli Stati Uniti e la Russia, sarebbe l'ammissione, ora, degli Stati Baltici. E se ci fosse qualcosa che potrebbe far pendere l'ago della bilancia verso una reazione vigorosa e ostile in Russia – non intendo dire "militare" – quel qualcosa sarebbe proprio questo». 


Da queste parole (e da tutto il resto del discorso) è abbastanza chiaro che Biden sta sostenendo l'uso degli Stati Baltici come pedine per seminare divisione interna in Russia. Una ammissione che «non ha nulla a che vedere con il merito e la preparazione dei Paesi Baltici a entrare». C’è un disegno – che non ci stiamo inventando, ma che traspare dalle parole di Biden – per provocare una qualche non meglio specificata «reazione vigorosa e ostile in Russia».


Come detto, appena due anni dopo il discorso del Senatore Biden, Bill Clinton tradiva quella promessa del 1990, un tradimento che sarebbe stato perpetrato negli anni successivi fino all’inclusione, appunto, del resto degli Stati Baltici.


C’è da chiedersi se, nella sua palese incompetenza dimostrata negli ultimi decenni, il Dipartimento di Stato americano abbia anche fantasticato il rovesciamento del regime di Mosca con un qualche colpo di Stato interno. Mi pongo la domanda perché questo è quel che è stato fatto con la povera Ucraina nel 2014. È vero che la Russia aveva riconosciuto – nel 1991 e nel 1994 – l’Ucraina e i confini assegnatile dopo la dissoluzione dell’Urss. Ma il presupposto di quel riconoscimento era l’ultimo comma dell’articolo IX della Dichiarazione d’Indipendenza dell’Ucraina del 16 luglio 1990, ove l’Ucraina prometteva «solennemente (sic!) di diventare uno Stato neutrale che non partecipa ad alcun blocco militare». La promessa, ribadita nella Costituzione del 1996, fu però tradita nel 2019, quando la Costituzione veniva, già nel preambolo, così emendata: «si conferma l’irreversibilità del corso Europeo ed Euro-Atlantico dell’Ucraina». 


Il tradimento del 1999 forse spiega l’ascesa al potere di Vladimir Putin che diventa, prima, Primo Ministro di Yeltsin e, poi, Presidente: nel 1999 Putin era responsabile del Consiglio di sicurezza della Federazione, ed evidentemente, per il Politburo russo, Putin era l’uomo di cui la Russia aveva bisogno. Insomma, Putin è figlio della politica guerrafondaia americana, attuata sì da Bill Clinton e dai suoi successori, ma ispirata da Biden. Capisce ora, onorevole Bersani, perché il pericoloso qui è Joe Biden?


Franco Battaglia


Articolo pubblicato sul quotidiano LA VERITÀ il 21 luglio 2024








...







.
.
Informativa
Questo sito fa uso di cookie per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’utilizzo del sito stesso.
Utilizziamo sia cookie tecnici sia cookie di parti terze per inviare messaggi promozionali sulla base dei comportamenti degli utenti.
Si possono conoscere i dettagli, consultando la nostra privacy seguendo il link di seguito.
Proseguendo nella navigazione si accetta l’uso dei cookie.
In caso contrario è possibile abbandonare il sito.
Altre informazioni

Ok entra nel sito