IL DECLINO DELL'OCCIDENTE
16 giugno 2024

BASTA COL MASSACRO E KIEV RINUNCI AD ENTRARE NELLA NATO

PACE

«La Russia è pronta a un cessate il fuoco e all'avvio di negoziati se le truppe ucraine si ritireranno completamente dalle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizzja e Kherson e se Kiev si impegnerà a non aderire alla Nato» ha dichiarato Vladimir Putin. C’è da augurarsi che l’Unione europea colga la palla al balzo. Il copione, devo dire, era prevedibile. A due giorni dall’inizio dell’Operazione speciale di Mosca, il 27 Febbraio 2022, scrivevamo: «Forse si potrebbe auspicare che, innanzitutto, l’Ucraina stia fuori dalla Nato; e poi che Crimea, Lugansk e Donetsk, siano sottoposte a nuovo referendum, con l’impegno che tutti i Paesi ne riconoscano l’esito». Dopo due settimane di terribili devastazioni, il 10 Marzo, osservavamo: «Prima che la partita iniziasse, il prezzo era la Nato, Crimea, Donetsk e Lugansk; ma ora Putin potrebbe volerci mettere anche qualcos’altro sul piatto». Due settimane dopo ancora ci rivolgevamo direttamente a Volodymyr Zelensky: «Allora, Zelensky, arrenditi, magari chiedendo che ti si garantisca salva la pellaccia. Così facendo, oltre la tua, salverai molte vite. La vera tragedia sarà quando ci si renderà conto che tutte quelle finora spezzate, lo saranno state invano». Ecco, temo siamo vicini al momento della vera tragedia: dover ammettere di aver sbagliato per due anni. Ma meglio ammettere l’errore anziché perseverare in esso.


Figura: Il fiume Dnipro, dalla omonima città fino alla foce è un confine naturale.


Per concludere il prevedibile copione, rammento infine, le nostre parole dell’8 Marzo 2024: «L’Ucraina ha una legislazione discriminatoria nei confronti di una larga porzione di popolazione e una possibile pace potrebbe essere quella che divida il territorio in due parti proporzionali alle due principali etnie. Il fiume Dnipro taglia il Paese in due, e la parte di esso dall’omonima città alla foce fungerebbe da comodo confine naturale. Da una parte, il Donbass che, aumentato di congrui territori secondo la proporzione detta, faccia Stato a sé, indipendente o, se crede, confederato con la Russia»; il resto sia una ridimensionata Ucraina. Diversamente, resta elevato il rischio di replicare lì una situazione simile a quella tra Israele e Palestina». 

L’errore dell’opinione pubblica dell’Occidente – non dico degli errori dei singoli Paesi coinvolti, anche perché, forse, per qualcuno di essi il tutto si è svolto come desiderato, ma non voglio parlarne – è stato di aver rifiutato di mettersi nei panni “dell’altra parte”. L’avesse fatto, avrebbe potuto esercitare le pressioni sufficienti a evitare oltre due anni di disastro. Ed errore c’è stato anche da parte di chi invocava il cessate il fuoco, mentre, a mio parere, avrebbe dovuto aver più coraggio e invocare la resa di Zelensky. Proviamo a ripercorrere, all’osso, i termini del contendere.

  1. Nel 2014 un colpo di Stato rovesciava il legittimo governo ucraino. La narrazione occidentale lo racconta come sommossa popolare conseguente al rifiuto del governo di sottoscrivere certi accordi con la Ue. Ma in nessun sistema democratico il rifiuto, peraltro legittimo, di sottoscrivere accordi esteri può essere addotto a giustificazione del rovesciamento di alcun legittimo governo. Tanto più che l’anno successivo ci sarebbero state nuove elezioni che avrebbero dato tutto il tempo a consolidare consenso popolare verso quegli accordi. No: quello del 2014 fu un colpo di Stato, e comunque tale fu percepito da coloro che avevano votato il presidente allora in carica, in particolare dagli elettori in Crimea e Donbass.

  2. In seguito al colpo di Stato si formava un governo che avrebbe (come poi ha) reso impossibile la vita agli ucraini di etnia russa. Per scongiurare la cosa, la Crimea si rese unilateralmente autonoma (e godette subito della protezione di Mosca, che aveva già lì una base militare). Le prefetture di Donetsk e Lugansk provarono a imitare la Crimea, ma si ritrovarono bombardate dalle milizie di Kiev: una guerra civile durata 8 anni e sulla quale l’Occidente ha colpevolmente tenuti chiusi gli occhi.

  3. In più, il governo sorto dalle ceneri del golpe era determinato a entrare nella Nato, il che significava una Ucraina armata fino ai denti al confine con la Russia. Tutto legittimo, in punto di diritto, a patto che si ritengano legittimi anche missili russi in Cuba.

Come avevamo pronosticato, a Donetsk e Lugansk Putin ha ora aggiunto due altre prefetture: Zaporizzja e Kherson. Per forza, visto che le prime due erano la richiesta prima dell’inizio del conflitto. A pensarci bene, avrebbe potuto già due anni fa spedire armi verso Cuba, e avvalersi del punto di diritto avanzato dall’Occidente. Ora, direi, sappiamo perché non l’ha fatto: ha bisogno delle altre due prefetture per chiudere il mar di Crimea e proteggere con esse l’omonima penisola, oltre che avere il Dnipro, dall’omonima città fino alla foce, quale confine naturale, appunto.

Nella sua richiesta Putin è stato, se così può dirsi, generoso o, comunque, oculato, accorto e corretto. 1) Non ha incluso la prefettura di Kharkiv: lì, nel 2014, si svolse sì un referendum con quasi il 70% a favore dell’autonomia, ma non si raggiunse il quorum e l’autonomia non passò. 2) Ha lasciato all’Ucraina lo sbocco sul mare, anziché chiuderla come fosse una sorta di (povera) Svizzera, come la narrazione occidentale paventava. 

E, a proposito di narrazione occidentale, viene ora sconfessata anche quella che per due anni ha raccontato che Putin vuole riportare i confini della Russia a quelli sovietici. È rimasto solo il querulo Zelensky a insistere con questa narrazione e, purtroppo, alcune mammole europee a dargli corda. 

E allora: stia l’Ucraina fuori dalla Nato, quei territori liberati da Putin, e che sono abitati da gente di etnia russa invisa ai nazionalisti ucraini attualmente al potere, siano territori indipendenti o, se da essi desiderato, siano essi parte della Confederazione russa, tanto più che l’Ucraina ha dimostrato per 8 anni di «non aver bisogno di quei territori», per usare le parole che lo stesso Putin usò in un suo lungo articolo del 21 luglio 2021. Si stenda il pietoso velo sulle prevaricazioni americane e sugli errori della Ue. Non se ne parli più, purché ci sia la PACE.

Franco Battaglia


Articolo pubblicato sul quotidiano LA VERITÀ il 16 giugno 2024








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