Ambientalismo
26 marzo 2024 CORSI DI AUTODIFESA SUL CLIMA FATTI DA GEOMETRI La società partecipata Enviprk in collaborazione con Enea organizza corsi di recupero per chi osa mettere in dubbio il riscaldamento globale NEGAZIONISTI PERICOLOSI Come sapete sono un negazionista climatico. A scanso di equivoci, nego che il clima sia governato dall’uomo e, men che meno, dalle emissioni di CO2. La quale è, sì, un gas serra ma, dello spettro di radiazione emesso dalla Terra – radiazione con lunghezze d’onda compreso fra 4 e 40 micron e con un massimo intorno a 10 micron – quella assorbibile dalla CO2 è solo la radiazione di 15 micron (diciamo la porzione compresa fra 14 e 16 micron), cosicché una volta che questa radiazione è completamente assorbita potete aggiungere tutta la CO2 che volete, ma l’effetto serra non cambierà. Ma la Co2 presente in natura assorbe già quasi tutta quella radiazione, e pertanto quella aggiunta dall’uomo nulla fa all’effetto serra e al clima. Invece molto benefica è per la vegetazione: in conclusione, a immettere CO2 in atmosfera facciamo solo bene. Negazionisti climatici come me ci sono altri minori personaggi, tipo Ivar Giaever e John Clauser, entrambi premi Nobel per la fisica, Uberto Crescenti, professore di Geologia e già Magnifico Rettore, Giuliano Panza, professore di Geofisica e accademico dei Lincei, Franco Prodi e Nicola Scafetta, entrambi professori di climatologia. E altri 2000 geologi, geofisici, climatologi che, dall’alto del loro negazionismo, hanno sottoscritto la Dichiarazione mondiale sul clima che recita: «Non c’è alcuna emergenza climatica». Eminentissima non negazionista è Greta Thunbergh, e deve essere la più eminente di tutte, visto che è stata ricevuta in pompa magna all’Onu e in tutti i consessi tenutisi sulla terraferma e in alto mare. Con grande stupore scopro di essere pericoloso, e con me lo sono tutti i 2000 negazionisti di cui sopra. Addirittura! Eh già, perché, pensate, apprendo che è di nuova formazione, in quel di Torino, un think-tank – così si definiscono quelli che si sono costituiti – che ha dato vita, dicono, ad un corso di autodifesa personale contro il negazionismo climatico. Il corso «svilupperà le armi» per difendersi da chi vuol negare l’emergenza climatica. Orpo, signori, armi, autodifesa, e personale per giunta. Capisco che stiamo vivendo tempi di guerra con minacce di lanciare bombe nucleari come fossero petardi di Capodanno, ma forse alcuni animi si lasciano prender la mano e si scaldano oltre il necessario. E scommetto che nell’autodefinirsi think-tank, per “tank” intendano carrarmato. Vediamo allora cos’è ‘sto tank (poi vedremo la parte del think). Il tank è un Parco tecnologico (che si chiama Envipark, che dice di sé di essere “una società privata” e, se si guarda nel loro sito cosa fa, essa è messa in legittimi affari con qualunque attività che promuova la decarbonizzazione. A dire il vero i loro propositi sono espressi per lo più in inglesorum (termine da me coniato apposta visto che il latinorum non è più di moda), ma il succo quello è: fare affari – ripeto, legittimi – con la decarbonizzazione. Ora, decarbonizzare è l’ultima cosa che una società privata farebbe, perché fallirebbe sul nascere. Una siffatta società avrebbe bisogno, per vivere, delle sovvenzioni di denaro pubblico, cioè del denaro delle tasche di voi che leggete. E, infatti, a correzione di quanto ho scritto sopra, la Envipark dice di sé di essere “una società privata a partecipazione pubblica”. Ma per mettere denaro pubblico sulla decarbonizzazione, questa dovrebbe essere di pubblica utilità, e siccome i 2000 scienziati detti sopra dicono che la decarbonizzazione non è di alcuna pubblica utilità – anzi, senza mezzi termini, dicono che è dannosa alla collettività – ecco che quelli di Envipark si sentono minacciati. Insomma, a doversi difendere dai negazionisti climatici sono quelli di Envipark medesimi e non gli utenti del loro corso. E veniamo al think che dovrebbe essere l’emanazione cerebrale di quelli che sono presentati come «sette esperti di clima» che, armi affilate, terrebbero il corso di autodifesa. Il capo di tutti è tale Giacomo Portas, esponente ora del Pd, ora di Italia-Viva, ora di Italia-C’è, già deputato, presidente di Envipark, titolo di studio: geometra. Senza bisogno di nominare gli altri sei, vi cito solo le loro dichiarate competenze. Una si dichiara di essere “influencer” (non chiedetemi cosa vuol dire) e di aver frequentato una qualche scuola di economia, ma non è chiaro se l’ha completata. Un altro è della Pontificia Accademia per la Vita, laureato in teologia. Un’altra, che si definisce “agricoltrice visionaria”, è laureata in economia e commercio. Poi c’è una che si autodefinisce attivista Lgbtq+, assessora e ingegnera (il femminile per queste ultime due parole lo usa lei). Penultimo, c’è il laureato in scienze politiche, assessore anch’egli. Infine, laureato in giurisprudenza, il settimo dei docenti del corso che dovranno spiegare da cosa dipende il clima. Tutte ottime persone, per carità. Io, oltre che negazionista, sono un contribuente. Siccome l’iniziativa, rivolta a studenti delle scuole e a privati, è di una società a partecipazione pubblica ed è in concertazione con l’Enea, che è un ente pubblico finanziato dalle mie tasse, la domanda è: perché mai un geometra, due economiste, un teologo, una ingegnera, un politologo e un giurista sarebbero «sette esperti di clima» (copyright La Stampa) che insegneranno a studenti delle scuole e a privati. E quale sarebbe il ruolo dell’Enea, a me noto come ente pubblico di elevata competenza scientifica, in questa iniziativa. Un’ultima domanda è: son disposti costoro ad un dibattito con scienziati non meno rispettabili dei sette nominati sopra e che potrebbero argomentare ai virgulti delle nostre scuole che, invece, non c’è alcuna emergenza climatica? Così, giusto per sapere, visto che uno dei capitoli del corso si titola, speranzosamente per me, “Approccio e pensiero critico”. Franco Battaglia ... |