Ambientalismo
23 marzo 2024 LA UE APRE LE PORTE AI RIMBORSI SULLE BOLLETTE SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA DEL 7 MARZO SCORSO Se borbottate perché le bollette elettriche sono alle stelle, dovete prendervela col Pd e i suoi sodàli. Dovrei dire coi Verdi, ma i Verdi contano quanto il due di picche quando la briscola è a denari, e il loro fastidioso abbaiare è più che altro un pigolìo. Dovete prendervela, allora, con chi gli dà corda: il Pd, appunto. Per la questione in parola, con Pier Luigi Bersani, che quando era ministro tanti mali addusse agli italiani. Con Decreto Ministeriale del 16 marzo 1999 introduceva, da un lato, i cosiddetti certificati verdi, titoli elargiti gratuitamente dal Gestore del sistema elettrico (Gse) a chiunque producesse elettricità eolica e fotovoltaica – cioè elettricità da tecnologie farlocche; e, dall’altro, l’obbligo, per chiunque avesse prodotto energia elettrica, che almeno il 2% (minimo che col tempo aumentò) fosse da quelle farlocche tecnologie. L’obbligo poteva essere ottemperato anche solo acquistando i cosiddetti certificati verdi (detenuti dai produttori d’elettricità farlocca): cioè non interessava il (presunto, molto presunto) beneficio verde all’ambiente, ma interessava il beneficio verde del denaro. Naturalmente i produttori penalizzati che acquistavano quei certificati si rivalevano sull’utente, cioè su voi che borbottate. Quella sorta di gabella (che qualcuno chiama pizzo ma che io chiamerò gabella) veniva applicato anche agli importatori di elettricità. Il decreto Bersani imponeva a costoro di produrre dei certificati che dimostrassero che l’energia importata fosse stata prodotta da fonti rinnovabili. Questa elettricità veniva così contabilizzata come se fosse stata prodotta in Italia. I produttori d’elettricità farlocca aderirono all’iniziativa, facendo pagare a caro prezzo questi certificati-verdi, ma l’unica cosa di verde in tutte queste operazioni era, ancora una volta, quello delle tasche degli italiani, sui quali gli importatori si rifacevano. In realtà non era necessario alcun certificato verde per gli importatori, perché la Borsa di Parigi, ove essi acquistavano, garantisce già il mix elettrico congruente con gli obiettivi europei all’ambiente benèfici (o, meglio, presunti tali). Detto tra parentesi, accadevano cose curiose. Giusto per fare esempio, nel 2018, i consumi italiani d’elettricità da nucleare d’importazione ammontavano al 4% del totale, mentre al gestore della rete elettrica risultava quasi il 14%: insomma, la quota di rinnovabili del mix italiano risultava gonfiato, di quasi 10 punti percentuali. Alla fine, l’elettricità diventava “verde” solo in virtù di quella gabella. Mettendo tutto insieme, nel 2018 il Gse corrispondeva agli impianti farlocchi quasi 14 miliardi, ma dalla corrispondente vendita a prezzi di mercato incassava poco meno di 2 miliardi. E questo è quindi il vero valore di mercato dell’elettricità farlocca. La differenza di quasi 12 miliardi è stata spalmata nelle vostre bollette elettriche sotto la voce “oneri di sistema”. Gli altri anni sono stati come il 2018, e ora sapete perché borbottate. Tutto sembrava funzionare, anche perché l’utente finale – voi e io – non ha alcun potere se non quello di pagare la bolletta. I nodi pare siano venuti al pettine quando alcuni importatori pensarono bene di rifiutarsi di pagare la gabella. L’ultimo governo Berlusconi la tolse nel 2011 col decreto legislativo n.28, visto che i certificati di origine come richiesti dal Gse erano del tutto inidonei a identificare l’origine dell’energia esportata in Italia. All’iniqua gabella che durava da oltre dieci anni si mise fine per sempre, ma la cosa non fu resa retroattiva: prevalse il levantino “chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato”. Senonché, caduto il governo Berlusconi, i famelici successori tornarono alla carica pretendendo la gabella dagli importatori recalcitranti. Questi si sono rivolti alla Corte di Giustizia europea, che lo scorso 7 marzo si è finalmente pronunciata. Secondo la Corte, uno Stato membro ha, sì, il diritto di accertarsi che l’energia elettrica importata sia in ottemperanza alle politiche energetiche ambientali della Ue, ma non può imporre quella gabella, perché essa sarebbe in contrasto col principio della libera circolazione delle merci (in questo caso energia elettrica) tra i Paesi della Ue. Per farla breve, gli importatori che non pagarono la gabella della legge promulgata da Bersani fecero quindi bene. Quelli che per 10 anni la pagarono furono di fatto svantaggiati rispetto ai produttori italiani. Ora sorgono due domande, la prima delle quali non m’affascina più di tanto, e cioè: i primi si vedranno restituite le somme ingiustamente versate? M’affascina invece un’altra domanda: lo Stato italiano risarcirà noi utenti elettrici, visto che, alla fine, è dalle nostre tasche che son state prelevate le somme per la gabella? Franco Battaglia Articolo pubblicato sul quotidiano LA VERITÀ il 23 marzo 2024 ... |