IL DECLINO DELL'OCCIDENTE
15 dicembre 2023

I globalisti terrorizzati di perdere controllo degli USA

Gli americani, che, infatti, vogliono abbandonare il ruolo di servile gigante scemo, per tornare all’“Isolazionismo” — leggi: alla Sovranità Nazionale!


Il meglio che gli azzeccagarbugli dell’oligarchia hanno potuto trovare, il povero e miserabile Fareed Zakaria, cerca invano di risvegliare il jingoismo degli schiavi per conto del (una volta potente) Council on Foreign Relations.


Nessuno lo ascolta, nessuno lo prende sul serio.


L’ultimo patetico slogan dei chierici dell’Oligarchia - il rules based international order — morde la polvere.


La popolazione USA vuole uscire dalla gabbia.


Sa di aver toccato il fondo, in tutti i sensi.


Sa che quel liquido giallognolo che gli oligarchi (bestializzati dalla paura di perdere tutto - Lynn Rothschild per tutti?) gli versano in testa non è champagne.

Sa che Putin e i “cattivi” hanno vinto. stanno scoprendo con grande shock che non erano, infatti, i cattivi. Anzi…


E intende giocare in massa la carta Trump, anche se con molta più cautela e controllo. Dopo l’esperienza della frode elettorale più brutale della loro storia, accompagnata da guerre e pandemie apocalittiche.


Vedi sotto la conclusione del saggio introduttivo dell’ultimo numero di Foreign Affairs, “La superpotenza che dubita di se stessa”.


La disperazione dell’Olimpo è palpabile…

Umberto Pascali



https://www.foreignaffairs.com/united-states/self-doubting-superpower-america-fareed-zakaria


"...La sfida più preoccupante all'ordine internazionale basato sulle regole non viene dalla Cina, dalla Russia o dall'Iran. Viene dagli Stati Uniti. Se l'America, consumata da paure esagerate del proprio declino, si ritira dal suo ruolo di guida negli affari mondiali, si apriranno vuoti di potere in tutto il mondo e si incoraggerà una serie di potenze e attori a cercare di inserirsi nel disordine. Abbiamo visto come si presenta un Medio Oriente post-americano. Immaginiamo qualcosa di simile in Europa e in Asia, ma questa volta sono le grandi potenze, e non quelle regionali, ad agire, con conseguenze globali sismiche. È inquietante assistere al ritorno di parti del Partito Repubblicano all'isolazionismo che lo caratterizzava negli anni Trenta, quando si opponeva risolutamente all'intervento degli Stati Uniti anche quando l'Europa e l'Asia bruciavano.

Dal 1945, l'America ha discusso sulla natura del suo impegno nel mondo, ma non sulla necessità di impegnarsi. Se il Paese si rivolgesse veramente verso l'interno, segnerebbe una ritirata per le forze dell'ordine e del progresso. Washington può ancora stabilire l'agenda, costruire alleanze, aiutare a risolvere i problemi globali e dissuadere le aggressioni utilizzando risorse limitate, ben al di sotto dei livelli spesi durante la Guerra Fredda. Dovrebbe pagare un prezzo molto più alto se l'ordine crollasse, le potenze canaglia aumentassero e l'economia mondiale aperta si frammentasse o si chiudesse.

Dal 1945 gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo centrale nella creazione di un nuovo tipo di relazioni internazionali, che è cresciuto in forza e profondità nel corso dei decenni. Questo sistema serve gli interessi della maggior parte dei Paesi del mondo, oltre a quelli degli Stati Uniti. Si trova ad affrontare nuove tensioni e sfide, ma molti Paesi potenti beneficiano anche della pace, della prosperità e di un mondo di regole e norme. Coloro che contestano l'attuale sistema non hanno una visione alternativa che possa riunire il mondo, ma cercano solo un ristretto vantaggio per se stessi. E nonostante le sue difficoltà interne, gli Stati Uniti, più di tutti gli altri, rimangono in grado e in posizione unica di svolgere il ruolo centrale nel sostenere questo sistema internazionale. Finché l'America non perderà la fiducia nel proprio progetto, l'attuale ordine internazionale potrà prosperare per i decenni a venire.









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