Contro IL Deep State
07 dicembre 2023 Quando Kissinger fu ricevuto davanti all'Hotel Gallia poi il giorno successivo fuggì dall’Italia per paura di essere arrestato I giudici Priore e Imposimato volevano interrogare Kissinger prima della sua fuga dall’Italia
Ricordo di 40 anni fa. E chi lo può scordare? Ogni tanto tra amici testimoni diretti dell’evento lo ricordiamo. Era il 18 aprile 1983, all’Hotel Gallia di Milano, l’ex Segretario di Stato americano Henry Kissinger era atteso per un incontro organizzato da una prestigiosa rivista economica. C’erano una ventina di persone circa ad attenderlo davanti all' hotel mostrando cartelli con la scritta: KISSINGER HA UCCISO ALDO MORO. Ma oltre a tanti cartelli c’era anche un manichino con la testa di maiale bruciacchiato, con tanto di cappotto, camicia, cravatta e occhiali neri. Sul manichino vi era scritto il nome HENRY. Quando Kissinger arrivò davanti all’hotel i manifestanti iniziarono ad urlagli contro ASSASSINO! ASSASSINO! IN GALERA! ASSASSINO! IN GALERA! Usavano megafoni e anche un tamburo. Fecero un tale baccano da sembrare molti ma molti di più del numero sopra riportato. Tanto che gli uomini a guardia del corpo dell’ex segretario di stato uscirono e spianarono le loro pistole contro i manifestanti, i quali invece di essere impauriti aumentarono di voce urlando ancora di più: ASSASSINO! ASSASSINO! IN GALERA! ASSASSINO! IN GALERA! Kissinger uscì velocemente dall’auto e corse dentro l’hotel accompagnato da una sua guardia del corpo. Quando Henry fu dentro l’hotel, il resto dei suoi uomini rimasti fuori con le pistole puntate contro i manifestanti abbassarono le armi e lo seguirono all’interno del Gallia. A questo punto gli uomini della Digos che stavano non lontano dai manifestanti si avvicinarono a questi ultimi e li invitarono amichevolmente ad abbandonare la piazza. Mentre i ragazzi se ne stavano per andare gli uomini della Digos chiesero loro di aspettare. Era arrivato un ordine dalla centrale di sequestrare i cartelli. Successivamente arrivò anche l’ordine di sequestrare il manichino con su la scritta HENRY. Quando il manichino fu smontato vedemmo che era composto da un bastone da scii, incrociato da un appendiabiti sopra al quale era infilato il cappotto e sopra al cappotto la scritta HENRY su cartoncino bianco. Sopra alla punta del bastone da scii vi era infilata la testa di una porchetta. A questo punto il funzionario divertito chiese ai ragazzi come avevano avuto la testa del maiale arrostito. Costoro dissero che la avevano avuta da una bancarella ambulante che faceva panini con la porchetta. Poi il funzionario descrisse schifato via radio all’ufficio l’ultimo oggetto con la speranza che questo scarto venisse cestinato. Ma dalla centrale non sentirono ragioni. Così furono sequestrati tutti gli oggetti della manifestazione, testa della porchetta compresa. Sarà stato per le pressioni ricevute dall’ex segretario di Stato USA?
*** Kissinger all’interno del Gallia fu intervistato da un giornalista. D: “Signor Kissinger, un testimone lo accusa di aver minacciato Aldo Moro prima del suo rapimento e assassinio, non sente qualcosa sulla sua coscienza per quanto riguarda il leader della Democrazia Cristiana?”. R: Kissinger, tremante e rosso in viso, esplose. “Sciocchezze, sciocchezze! È LaRouche che mi perseguita! Moro è stato ucciso dalle Brigate Rosse. Dovrebbe chiederlo al PCI; le Brigate Rosse sono una emanazione del PCI [Partito Comunista Italiano]. …. No, non sono un membro della loggia P-2. No, non sono un membro del Comité Montecarlo. . . .” Questa fu la conclusione pubblica (riportata dalla stampa italiana il giorno dopo) di quella che è stata definita “l’ultima avventura di Kissinger” in Italia. Poco tempo dopo, Kissinger lasciò precipitosamente il Paese, seguito da un mandato di cattura emesso dal magistrato italiano Ferdinando Imposimato. Ferdinando Imposimato e Rosario Priore, che intendevano interrogarlo per chiarire il ruolo da lui svolto nella vicenda Moro. La breve visita di Kissinger in Italia era sembrata iniziare trionfalmente, prima di trasformarsi in uno dei peggiori incubi vissuti dal funzionario americano. Kissinger era arrivato il 16 aprile per partecipare a una conferenza internazionale della Commissione Trilaterale che si sarebbe tenuta a Roma dal 17 al 19 aprile all’Hotel Hilton. L’obiettivo della conferenza era quello di organizzare un’offensiva contro Ronald Reagan. L’obiettivo era di far credere che I Trilateralisti rappresentino la “nuova linea” di Reagan. La conferenza doveva anche essere il palcoscenico per il ritorno del grande Kissinger alla vita politica attiva. Il 17 aprile, il quotidiano La Stampa, di proprietà di Giovanni Agnelli, uno dei membri più importanti della Trilateral in Italia, dette il benvenuto a Kissinger: “Il Kissinger che abbiamo visto ieri a Roma sembra essere completamente uscito dal buio in cui era finito negli ultimi anni, depresso dalla mancanza di potere …. Il Kissinger che abbiamo visto è rivitalizzato e considera possibile il suo ritorno alla politica attiva. . . .” Ma il giorno successivo, l’Agenzia di Stampa Repubblica riferì della decisione dei magistrati di interrogare Kissinger, commentando: “Rimane una piccola possibilità che Kissinger sfugga all’interrogatorio”. Perché Kissinger, contrariamente agli altri 340 delegati della Conferenza Trilaterale, e nonostante il fatto che non abbia uno status diplomatico, non volle alloggiare all’Hilton Hotel, ma ha preferì l’extraterritorialità dell’Ambasciata americana come ospite del suo grande ammiratore, l’ambasciatore Rabb? Kissinger assunse una posizione piuttosto difensiva. A questo punto si pensò che sarebbe davvero sconveniente sottrarsi all’interrogatorio. Alla conferenza della Commissione Trilaterale, Kissinger cercò di presentarsi come pronto ad accettare un ruolo ufficiale nell’amministrazione Reagan ….Ma un personaggio “ufficiale” che sfugge ai magistrati di Roma è davvero imbarazzante”. L’arrivo di Kissinger alla riunione della Trilaterale, che comprendeva, tra gli altri, David Rockefeller, Paul Volcker, Zbigniew Brzezinski e Robert McNamara, fu preceduta da un’ampia campagna capillare organizzata soprattutto dal Partito Operaio Europeo (POE), che informò la stampa, i parlamentari, la comunità diplomatica, il Vaticano e i partiti politici sul vero obiettivo della riunione della Trilaterale: “lanciare una destabilizzazione senza precedenti della regione mediterranea e in particolare dell’Italia, a cui seguiranno una serie di colpi di Stato (qualcosa di molto simile a un tentativo di Operazione Incubo Nightmare della scorsa estate)”. Una squadra speciale di “osservatori di Kissinger” aveva seguito le sue mosse nel periodo immediatamente precedente il suo arrivo in Italia. Kissinger visitò tutto il Medio Oriente; dopo una breve sosta all’aeroporto di Roma il 13 aprile, si recò a Gedda, in Arabia Saudita per partecipare a un ricevimento speciale insieme a membri della Casa Reale e alla baronessa Von Thyssen… Allo stesso tempo fece un viaggio in Giordania, Siria, Libano, Egitto e, probabilmente, in Israele. Alcuni osservatori si chiesero: “Cosa sta facendo? a cosa sta pensando? Una nuova guerra in Medio Oriente?” (...) Quando ci fu l’attentato all’ambasciata di Beirut, molti collegarono la strage terroristica alle attività di Kissinger e della Trilaterale. Non appena la notizia dell’attentato raggiunse i Trilateraloidi di Roma, Brzezinski gridò: “Il piano Reagan è morto! “Da notare anche che il 17 aprile la stampa italiana aveva riportato in prima pagina la notizia che il presidente Reagan, il giorno precedente, era stato vittima di un attentato. John Hinkley (amico dei figli del vicepresidente George Bush) aveva sparato a Reagan. In Italia, il giorno prima della conferenza, Piero Bassetti, che, insieme ad Agnelli, era allora il più noto membro italiano della Trilateral italiana, rilasciò un’intervista in cui sostenne che il sistema di partiti istituito in Italia dopo il periodo fascista è ormai morto...”. Il progetto per la “fine delle delle democrazie” lanciato dalla Trilaterale nel 1975 con un rapporto del professore Samuel Huntington di Harvard sembrava essere operativo.
Il Corriere della Sera il giorno successivo la manifestazione davanti all’Hotel Gallia incentrò il suo articolo su “un fantoccio a immagine e somiglianza di Kissinger” portato da diversi manifestanti. Kissinger arrivò a Parigi, il 19 aprile, a quanto si dice piuttosto scioccato. Era appena sfuggito a un mandato di cattura e sperava di trovare un’atmosfera più tranquilla, ma davanti al Palazzo dei Congressi, dove era in programma la sua conferenza, si è trovato di fronte alla scritta: “Kissinger ha ucciso Moro” a grandi lettere. Nello stesso momento, a Roma, davanti a Palazzo Barberini dove i Trilaterals avevano organizzato un grande ricevimento, un gigantesco striscione recitava “Kissinger all’Asinara! ” (l’Asinara è il carcere per terroristi e mafiosi particolarmente pericolosi). Tornato a Parigi, Kissingr entrò nella sala conferenze piuttosto nervoso. “Non accetterò domande orali”, disse. Immediatamente un giornalista si alzò e dichiarò: “Kissinger, lei è un assassino! ”
Di seguito sono riportati alcuni estratti della stampa italiana dell’epoca sulla battaglia di Henry Kissinger con la legge per il suo coinvolgimento nell’omicidio di Aldo Moro ex primo ministro italiano.
“Domani interrogatorio: Kissinger testimonia per i giudici del processo Moro”: [il quotidiano del Partito Comunista Italiano accompagna l’articolo con una foto di Kissinger con il pugno alzato]. I giudici romani che continuano ad occuparsi del processo Moro hanno deciso di interrogare Henry Kissinger prima della sua partenza per gli Stati Uniti. L’ex Segretario di Stato americano dovrebbe testimoniare sul famoso incontro che ebbe con il presidente della Dc nel 1974 a Washington. Come è stato dichiarato durante il processo dello scorso anno – Aldo Moro fu pesantemente minacciato affinché abbandonasse la sua linea politica di apertura al Partito Comunista Italiano. Per qualche tempo i giudici Ferdinando Imposimato e Rosario Priore che hanno condotto la cosiddetta inchiesta Moro, intendono prendere in considerazione la testimonianza di Kissinger su uno degli aspetti più oscuri e preoccupanti della vicenda Moro: le pressioni e le minacce rivolte allo statista negli ultimi anni, tanto da indurre Moro a considerare l’abbandono dell’attività politica. Quando il giudice Imposimato si recò negli Stati Uniti per l’inchiesta su Sindona, pensò di approfittare della situazione per occuparsi anche del caso Moro, ma non gli fu possibile incontrare l’ex segretario di Stato. Ora si è presentata l’occasione: da domenica scorsa Kissinger è in Italia per partecipare alla conferenza della Trilateral all’Hotel Hilton di Roma, che si concluderà oggi. Ieri Kissinger è volato a Milano per per incontrare i membri dell’Executive Club. Il suo ritorno [a Roma] era previsto per questa sera. A differenza di tutte le altre importanti celebrità americane della Trilaterale, l’ex segretario di Stato non alloggia all’Hilton, ma all’ambasciata americana di Via Veneto, con la moglie. Il suo essere interrogato come testimone, tuttavia, non dovrebbe incontrare difficoltà procedurali, in quanto non ha un accreditamento diplomatico in Italia e quindi non gode di un’immunità speciale. Ciò che resta da stabilire è dove e quando la deposizione: i due magistrati non hanno annunciato nulla e, di fatto, per eludere le domande dei giornalisti, si sono resi irreperibili. Il nome di Kissinger è stato fatto l’anno scorso nell’aula in cui si stava svolgendo il processo Moro da Corrado Guerzoni, che era uno dei testimoni dello statista. “Moro”, disse ai giudici, “è stato descritto negli ambienti del Dipartimento di Stato americano come un antipartito, un filocomunista antipartitico, che cercava di indebolire la DC per costringerla a scendere a patti con il PCI. Durante un ricevimento tenuto all’Ambasciata d’Italia a Washington nel 1974, ci fu un’intervista, una conversazione”, continua Guerzoni, “molto aspra e tagliente, tra Kissinger e il leader della DC. Kissinger disse a Moro: ‘Non credo nei dogmi, non sono cattolico, e non posso condividere il tuo approccio politico, che considero fortemente negativa”. Moro ne fu profondamente scosso. Il giorno dopo la conversazione, si ritirò nella chiesa di San Patrizio e più tardi mi disse di voler abbandonare l’attività politica per almeno tre anni”. Guerzoni ha dichiarato di essere stato informato dei drammatici momenti di quell’incontro dall’ex addetto stampa dell’ex presidente Leone. Nino Valentino; quest’ultimo, però, ha pubblicamente smentito tutto. Non più di due giorni fa, lo stesso Kissinger ha smentito le dichiarazioni di Guerzoni. Durante un’intervista televisiva Kissinger dichiarò: “Ho rispettato Moro”, ha detto, anche se non ero sempre d’accordo con lui. E comunque”, ha aggiunto, “durante quell’incontro non ci siamo parlati: lui non conosceva l’inglese e io che conoscevo l’inglese non sapevo l’italiano e non c’era un interprete.
L’Avvenire, 20 aprile 1983 “Kissinger se ne va e snobba il magistrato”: “Era una buona occasione; la presenza di Kissinger era una buona occasione; avrebbe potuto chiarire una volta per tutte tutti i misteri che circondano il caso Moro. Ma Kissinger lasciò Roma e il desiderio del giudice Imposimato non poté essere realizzato. Corrado Guerzoni, il segretario di Moro, aveva testimoniato che Moro era tornato abbastanza scosso da una visita negli Stati Uniti dopo un burrascoso incontro con Kissinger.
Il Giornale d’Italia, 19 aprile 1983 “Fischi e insulti per Kissinger”. All’ingresso dell’albergo dove si è tenuta la conferenza stampa, una dozzina di membri del del Partito Operaio Europeo hanno accolto Kissinger con fischi e insulti. La polizia ha sequestrato i cartelli, in cui Kissinger veniva identificato come la mente del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro.
Paese Sera, 19 aprile 1983 “Kissinger non capisce molto dell’Italia: “Kissinger ha detto [all’Hotel Gallia], “ho difficoltà a capire la politica interna italiana”. Un giornalista ha chiesto: “Non si sente sulla coscienza per il rapimento di Moro, visto che ogni volta che qualcuno ne parla vengono fuori le sue minacce a Moro? “Sciocchezze”, rispose Kissinger, “è solo LaRouche che mi perseguita”.
Agenzia di stampa Repubblica, 15 aprile 1983 “Una Trilaterale senza Kissinger?” La prima riunione italiana della Trilaterale, la super-lodge dei super-ricchi, rischia di cominciare senza Kissinger, che è il deus ex machina e il prototipo della Trilaterale. Qualcuno ha consigliato a Kissinger di tenersi lontano dal territorio italiano e il consiglio sembra provenire dallo staff dell’ambasciatore americano Rabb in Italia. Ambasciatore americano Rabb a Roma, che rimane un ammiratore di Kissinger. . . . C’è il sospetto che alcuni magistrati italiani siano curiosi di sapere da Kissinger stesso cosa accadde durante il famoso incontro Moro e Kissinger. . . . Si dice che il consiglio colpì Kissinger come un’esplosione di un cannone laser (uno di quei di cui parla Reagan e che l’ex Segretario di Stato non riesce a digerire). Gli amici statunitensi e italiani stanno facendo tutto il possibile per accertare se qualche giudice a Roma o Milano sono curiosi di sapere. Sembra che il Primo Ministro Fanfani (che parteciperà all’apertura della conferenza) e il Ministro della Giustizia Darida siano stati consultati in una conferenza in modo discreto. Non sapevano nulla. Ma quale statista, di questi tempi, può leggere la mente di un magistrato? . . D’altra parte, se Kissinger interrompe la sua visita, questo potrebbe essere interpretato come un suicidio, un suicidio al laser.
... |