Ambientalismo
27 ottobre 2023 NON È LA CO2 AD INFLUENZARE I TASSI DI AUMENTO DELLE TEMPERATURE MA ESATTAMENTE L'OPPOSTO INTERVISTA A DEMETRIS KOUTSOYIANNIS
Demetris Koutsoyiannis è professore emerito di Idrologia all'Università Tecnica Nazionale di Atene. È stato preside della Facoltà di Ingegneria Civile, direttore del Dipartimento di Idrologia e del Laboratorio di Sviluppo delle Risorse Idriche. Nel 2009 fu insignito della Medaglia Henry Darcy dall'Unione Europea di Geoscienze, e nel 2014 della Medaglia Dooge, un Premio Internazionale di Idrologia, elargito dall'Associazione Internazionale di Scienze Idrologiche, dall'Unesco e dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale. È stato anche professore di Idraulica alla Scuola post-laurea di formazione tecnica per ufficiali dell'esercito ellenico, e visiting professor a Londra, all'Imperial College, e in Italia, alla Sapienza di Roma e all’Ateneo di Bologna. Nella sua ultima visita in Italia è stato preso a pesci in faccia. Ci dica della sua ultima esperienza in Italia, professore. «Nel 2019 fui invitato in due università italiane, a Roma e a Bologna. A Roma avevo tenuto lezioni sui processi irreversibili nel tempo; eppure, curiosamente, la maggior parte delle domande che mi si ponevano riguardavano il clima. A Bologna avevo inizialmente proposto una conferenza sui processi stocastici, ma l'università mi chiese un tema adatto a un pubblico più generale, e tra le varie alternative che avevo proposto scelsero il clima. Curiosamente, la mia conferenza attrasse l’attenzione di un ordinario quotidiano (La Repubblica) e di un blog ad essa collegato – Oca Sapiens – curato da tale Sylvie Coyaud. Mi etichettarono come "negazionista". Devo dire che questa etichetta mi piace, anche se so che è in piena coerenza coi “princìpi della propaganda” di Goebbels. Il blog dell’Oca, oltre alle solite sciocchezze che si leggono in questo tipo di blog, conteneva diverse "rivelazioni" che erano grossolane bugie». Una per tutte? «L’Oca scriveva che io avevo ricevuto un premio del valore di decine di migliaia di dollari da «Big Oil & Coal», cioè dalle multinazionali del petrolio e del carbone. Inoltre, l'Oca forniva istruzioni a professori e studenti dell'università per intraprendere azioni di protesta durante la mia conferenza». Accadde anche a me con una conferenza che avrei dovuto tenere all’Accademia dei Lincei e che, in seguito al tam-tam lanciato da La Repubblica, l’Accademia cancellò. «Infatti, l'università cancellò la mia conferenza. Forse fu intimidita da quella propaganda. O forse voleva proteggermi, anche se dissi loro che io non avevo alcuna paura: essendo stato ad Atene preside di Facoltà, ho dovuto spesso gestire le proteste studentesche, a volte anche violente». Se può consolarla, sappia che siccome altri si sono lamentati, sporto querele, ottenuto risarcimenti e scuse pubbliche, due anni fa La Repubblica cancellò quel blog. Ma ci dica delle sue ricerche sul clima. «Mi permetta di iniziare raccontando l’ultimo risultato, pubblicato su un articolo ove si paragona il problema causale tra aumento di CO2 e aumento di temperatura al problema dell’uovo e della gallina. Si tratta della continuazione di due articoli (pubblicati dalla Royal Society), che tratta di una nuova metodologia stocastica che ha diverse applicazioni, una delle quali sul sistema climatico. Poiché quest'ultima suscitava ampio interesse, abbiamo proceduto ad approfondire il caso temperatura/CO2, che è un problema tipo uovo/gallina perché ognuno dei due può essere causa dell'altro. Quel che emerge dal nostro studio è che le variazioni di concentrazione di CO₂ non possono essere causa di variazioni di temperatura, ma è esattamente il contrario. Questa direzione di causalità è valida per l'intero periodo coperto dalle osservazioni strumentali moderne (più di 60 anni) su tutte le scale temporali. Abbiamo mostrato che, rispetto a quanto accadeva nel 1750 (cioè nel minimo della Piccola era glaciale), oggi ci sono emissioni aggiuntive di carbonio, che però solo per 1/6 sono dovute ai combustibili fossili usati nelle attività umane, mentre 5/6 sono perfettamente spiegati dall’aumento naturale di temperatura». Che prima aumenta la temperatura e poi la concentrazione atmosferica di CO2 è cosa ben nota in tutta la storia geologica del pianeta: un clima più caldo comporta maggiori emissioni dalla enorme quantità di CO2 disciolta negli oceani. Voi avete trovato che vale anche oggi, quindi, e che il contributo antropico è minoritario. Quali sono state le reazioni dei colleghi? «Non tutti erano convinti del nostro lavoro ma, di questi, gli attivisti si sono sùbito mobilitati esercitando pressioni sulla Royal Society affinché i nostri lavori, già accettati e pubblicati, fossero ritrattati. Questo comportamento è deplorevole: in tema di clima, ogni ricerca che contrasta con la narrazione mainstream tende a essere boicottata o, se riesce a penetrare tra le crepe del muro eretto dagli attivisti del sistema e viene pubblicato, allora quegli attivisti spingono affinché il lavoro sia ritrattato». A lei è successo di vedersi ritrattare articoli già accettati e pubblicati? «A me no. Sul clima pubblico da vent’anni e finora nessun lavoro è stato ritrattato, ma i tentativi ci sono stati, e intensi. Però so che questa tattica è stata efficace in molti altri articoli di miei colleghi. Viviamo in un'epoca di decadenza, dove la diversità in tutto è incoraggiata e promossa – ad esempio siamo informati su 68 generi diversi tra i quali le persone dovrebbero sentirsi libere di scegliere – ma la diversità di pareri scientifici è severamente proibita. La scienza, che un tempo era la libera ricerca di nuove conoscenze, oggi è spesso dichiarata "incontrovertibile"». Già, per di più su un campo – quello del clima – che è ancora alla sua infanzia. Secondo lei quella climatica è allora un’agenda politica? «È proprio così. La politica climatica è stata fondata e sviluppata dai Rockefeller – sì, la personificazione proprio dei "Big Oil" evocati dall’Oca. Fu lanciata nella politica internazionale nel 1974 dal loro affiliato, Henry Kissinger, e attualmente è coordinata dall'allievo di Kissinger, Klaus Schwab, attraverso il Forum economico mondiale e l‘Onu. Uno dei fatti più ironici è che i sostenitori più fanatici dell'agenda si considerano di sinistra: immagino che Antonio Gramsci, che leggevo e ammiravo quando ero studente, si stia rivoltando nella tomba». Come ha reagito all'esperienza italiana? «Ho percepito gli eventi in modo molto positivo, come una fonte di ispirazione, se vuole. Mi han dato l’occasione di studiare la storia dei relativi sviluppi in Italia e nel mondo del rapporto tra scienza e politica e, in particolare, sulle sfaccettature totalitarie della politica. Ho scritto anche un lavoro, reperibile in internet dalla mia pagina web, che ho presentato in conferenza all’università di Bologna». Ce ne parla in breve? «Ho confrontato le pratiche storiche fasciste con l'attivismo moderno, che di tutta evidenza vìola la Costituzione italiana, il cui articolo 33 dice che l'arte e la scienza sono libere e libero è il loro insegnamento. Ho confrontato il consenso dei professori ai tempi di Mussolini (ottenuto attraverso un giuramento di fedeltà al regime fascista) con il moderno presunto consenso sul clima, ottenuto attraverso metodi più moderni, che includono tuttora le pratiche tradizionali di mettere a tacere o far del tutto sparire ogni parere che è discorde con la narrazione che intende veicolare chi detiene il potere della diffusione dell’informazione. Ho continuato questa ricerca concentrandomi sulla storia dell'agenda del cambiamento climatico e sono riuscito a trovare le sue radici storiche, che ho presentato successivamente ad Atene in una conferenza titolata "L'origine politica dell'agenda del cambiamento climatico". Dai tempi della cancellazione della mia conferenza a Bologna, ho prodotto dieci articoli sul clima». Conserva qualche risentimento nei confronti dell'Italia? «Al contrario! Ammiro la comunità idrologica italiana, che è la più avanzata d'Europa. A livello professionale, ho più amici in Italia che in Grecia. E, naturalmente, amo il cibo e i vini italiani, i migliori al mondo. Se non vivessi in Grecia e potessi scegliere, vivrei in l'Italia. Ma attenzione, sia l'Italia che la Grecia sono state gravemente colpite dalla decadenza intellettuale e morale moderna. Inoltre, non si può certo dire che i nostri Paesi siano sovrani: io li vedo piuttosto come vassalli e intellettualmente egemonizzati da una cultura di basso livello sviluppata altrove. Immagino che anche questo non piacerebbe a Gramsci. Credo che i popoli di entrambi i nostri Paesi abbiano una responsabilità, maggiore degli altri popoli, per resistere alla decadenza e promuovere nuovamente i valori etici e intellettuali classici, che i nostri antenati hanno sviluppato e che sono stati il fondamento della civiltà moderna». Franco Battaglia https://www.mdpi.com/2413-4155/5/3/35 ... |