23 settembre 2023

AMENDOLA E NAPOLITANO

Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2016 dalla rivista Sodalitium.
Lo riprendiamo perché davvero interressante.

Amendola e Napolitano

Di Padre Torquemada

Interessanti genealogie, dal Risorgimento fino ai nostri giorni, attraverso le colonne dei Templi massonici. Non è passato inosservato il libro di Alfredo Capone su Giovanni Amendola (1882-1926) (Salerno editrice), non fosse altro perché la presentazione è dovuta all’illustre penna dell’allora presidente della repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Napolitano è legato ad Amendola non solo dal fatto che Giorgio Amendola (1907-1980), figlio di Giovanni, sia stato, nelle fila del Partito Comunista, il suo maestro, ma anche dal fatto che anche Napolitano, come Giorgio Amendola, ebbe un padre liberale iniziato alla Massoneria. Ecco quanto scrivono al proposito Luigi Pruneti e Aldo Alessandro Mola, nella pagina internet del Pruneti: «”Fu massone il padre di Giorgio Napolitano?” È l’interrogativo sollevato a margine del recente libro di Ferruccio Pinotti e Stefano Santachiara, “I panni sporchi della sinistra” (Chiarelettere), che ha riattizzato le chiacchiere sulla presunta iniziazione massonica del presidente della Repubblica. Qualcuno aggiunge che, se Giorgio Napolitano non risulta “fratello” da alcun documento, di sicuro lo fu suo padre, Giovanni, ma non precisa come e quando. Il prof. Luigi Pruneti, Gran maestro della Gran Loggia d’Italia, ne ha parlato con il prof. Aldo A. Mola, direttore del Centro per la storia della massoneria. Dal loro colloquio emerge quanto segue». “Il padre di Giorgio Napolitano, Giovanni, nato il 17 febbraio 1883, fu iniziato massone nella loggia “Giovanni Bovio” di Napoli il 20 giugno 1911, all’obbedienza del Grande Oriente d’Italia (matricola 36.019). “Oltre che avvocato, Giovanni Napolitano (1883-1955) fu poeta di fama e saggista apprezzato. La cosa non deve stupire affatto. Anche il padre di Giorgio Amendola, Giovanni, fu massone attivo e quotizzante, sia pure a fasi alterne: con maggiore assiduità nei momenti della persecuzione totalitaria”. “Va aggiunto che nell’Appendice a Malaparte, Vite e leggende di Maurizio Serra (Ed. Marsilio, Premio Acqui Storia 2013), Giorgio Napolitano ricorda i suoi incontri giovanili a Capri con Curzio Malaparte, “un comunista quasi dichiarato”. Subito dopo lo sbarco a Napoli (27 marzo 1944) – ricorda Napolitano – Palmiro Togliatti “si precipitò a trovarlo”. Pochi sanno che anche Kurt Suckert (“Malaparte”, appunto) fu iniziato alla Gran Loggia d’Italia dopo la vittoria del Listone fascista nelle elezioni del 6 aprile 1924 e pochi giorni prima dell’assassinio di Giacomo Matteotti. Entrò il 28 maggio 1924 nella loggia “Nazionale”, direttamente all’obbedienza del gran maestro Raoul Palermi (speculare all’altrettanto famosa “Propaganda massonica”). “La documentazione – concludono Pruneti e Mola – dimostra che tanta parte della nostra storia è fluita anche tra le colonne dei templi, ove tanti italiani di valore si sono formati ai principi della libertà e della tolleranza”. Roma, 21 novembre 2013.

Mi perdonerà il lettore la lunga ma documentata citazione; e noti, il lettore, che sia Napolitano che Amendola (i figli, non i padri) appartennero, nel PCI, a quella corrente, detta “migliorista”, che più si avvicinava alla tradizione laica liberale o socialdemocratica (malgrado la responsabilità di Amendola nell’attentato di via Rasella) e che portò alla fine del PCI.

Tornando a Giovanni Amendola, anche lui napoletano come i Napolitano, era figlio di Pietro Amendola, con trascorsi garibaldini, e di Adelaide Aglietta, di famiglia mazziniana: degno erede, quindi, della tradizione risorgimentale. A soli quindici anni aderì al socialismo, e poi il direttore del quotidiano radicale La Capitale, Edoardo Arbib (1840-1906, garibaldino, senatore, israelita e massone), “vecchio commilitone e amico del padre” (Michele Magno, Il Foglio, 21 dicembre 2013, p. IV) lo iniziò alla Società Teosofica, fondata nel 1875 da Helena Petrovna Blavatsky (che fu a Mentana con Garibaldi). Nella Loggia romana della Società Teosofica, Amendola frequentò esoteristi, induisti, spiritisti, sotto la guida di Isabel Cooper Oakley, succeduta alla teosofa femminista Annie Besant; tra le amiche la Baronessa Emmelina Sonnino De Renzis, sorella di Sidney Sonnino e discepola di Rudolf Steiner. Amendola frequentò la Società Teosofica capitolina dal 1900 al 1905, ma la sua rottura coi Teosofi non comportò la rottura col mondo esoterico, poiché lo stesso anno fu iniziato alla Massoneria di Palazzo Giustiniani all’Oriente di Roma (Loggia Giandomenico Romagnosi). Intanto, negli ambienti teosofici aveva conosciuto la toltstoiana vegetariana Eva Kuhn, che sposò con rito Valdese nel 1906. Protestantesimo, Massoneria, Occultismo, Socialismo: “tout se tient”. E, a confermare le pulsioni religiose ma eterodosse di Amendola, ecco la sua adesione al modernismo, con la collaborazione al Rinnovamento di Alessandro Casati. Per Amendola, il modernismo rappresentava “la democrazia religiosa (…). La formula riassuntiva, Dio e popolo (di Mazzini) contiene in sostanza la dottrina cattolica del modernismo”. L’esperienza massonica di Amendola ebbe termine nel 1908 con il suo “assonnamento”. Secondo Vittorio Vanni, Amendola probabilmente proseguì però i suoi interessi esoterici nel Rito Filosofico Italiano di Arturo Reghini (1878-1946), già sodale e poi avversario di Julius Evola. Napolitano amendola
La successiva carriera parlamentare di Amendola, in quota liberale, il suo antifascismo, e la sua morte in seguito a una aggressione squadristica, è a tutti nota. Alla sua morte, lo assistevano il figlio Giorgio, la Pavlova, e Ruini: ovvero Meuccio Ruini, noto esponente politico (socialista, radicale, poi nell’Unione Nazionale di Amendola, presidente del Senato nel 1953) e membro insigne della Massoneria italiana (Loggia Rienzi di Roma, 5 maggio 1901).

https://www.sodalitium.biz/notizie-dal-grandoriente-e-dintorni/








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