19 agosto 2023

Il caso Vannacci, la libertà e la rana bollita


di Roberto PECCHIOLI 

Ci tocca ripeterci , ma  repetita iuvant. Ribadire ciò che è vero giova soprattutto in tempi di menzogna universale. Il caso Vannacci dimostra un’evidenza spesso dimenticata: comandano coloro di cui non si può dire male. Roberto Vannacci è un generale italiano che ha comandato le nostre truppe in svariate missioni internazionali, tra cui Afghanistan e Ruanda. È stato comandante del reggimento Col Moschin e della Folgore, due reparti d’élite del nostro sgangherato esercito di aiutanti di campo della Nato. Ha tre lauree e parla varie lingue, è colto e preparato: forse per questo era già messo da parte, a dirigere l’istituto geografico militare. 

Il problema è che l’ufficiale si è permesso di scrivere – stampandolo in proprio- un libro dal titolo insidioso, Il mondo al contrario. Ha osato dire – senza oltraggiare alcuno, semplicemente prendendo atto dei fatti- che viviamo sotto una dittatura strana, la  dittatura di una serie di minoranze; alcuni gruppi sociali minoritari- rancorosi, vittimisti, vendicativi- hanno preso in ostaggio le nostre libertà. Di loro è vietato dire male; bisogna omaggiarli, esprimere simpatia e ammirazione, definirsi loro sfegatati sostenitori Sono soprattutto gli attivisti omosessuali, transessuali, LGBT  – non la categoria in sé- e gli immigrati. Anche qui, chiassosi, violenti, rumorosi sono soprattutto i loro interessati paladini, non chi è qui per costruirsi un avvenire. 

Impossibile discutere nel merito: razzisti e omofobi sono gli orchi dell’Occidente in agonia. Non meritano di essere ammessi a dibattito, possono solo essere bollati con le parole più spregevoli. A nulla vale far presente che le definizioni usate come clave sono errate e talvolta ridicole. Razzista è chi ritiene se stesso superiore per motivi biologici, non chi difende la propria gente e l’eredità culturale di cui è portatore. Quanto all’omofobia, in un tempo normale farebbe solo ridere: paura dell’uguale, letteralmente. Che c’azzeccano i gay?  

E naturalmente il carico pesante: fobia, ossia malattia, disturbo psichiatrico. Vannacci si è macchiato , nel suo libro, un impensabile best seller, dei peggiori reati del presente, imprescrittibili, imperdonabili, per i quali giudice, accusatore e plotone d’esecuzione sono le medesime persone. In più l’orribile mostro in divisa- che la pellaccia per questa patria indegna l’ha rischiata davvero- si è permesso di esprimere altre considerazioni impolitiche e scorrette. 

Sentite un po’: non gli piace che si spenda di più per gli immigrati clandestini ( non li chiameremo invasori per evitare la gogna) che per sovvenire alle necessità di tanti connazionali in difficoltà. Poi – orrore- è di pistola facile: infatti sostiene il diritto di autodifesa contro ladri, rapinatori, assassini, contestando il fatto che sul banco degli imputati – con vita rovinata e portafogli svuotato- finisca la vittima che ha protetto vita e proprietà sua e dei familiari. Uno che si crede nel vecchio West, è il ritornello stucchevole dell’Armata Arcobaleno dei colti, dei riflessivi, i cui argomenti sono tuttavia scarsi e mediocri. Strano che non condannino mai la violenza degli aggressori, multietnici e non. 

Vannacci, poi, è un fanatico difensore dei ricchi, in quanto nemico delle occupazioni abusive di case, terreni e proprietà altrui. Intollerabile. Secondo il quotidiano Repubblica - che rimpianto per la Monarchia!- è razzista poiché ha constatato che la cittadina italiana Paola Egonu, campionessa di pallavolo dai tratti africani, splendida ragazza, non è esattamente il modello di italiana tramandato dall’arte, dalla storia e dal secolare senso comune . Ha forse proposto di cacciarla o di toglierle la cittadinanza? Ovviamente no, ma la confusione alimentata ad arte tra cittadinanza e nazionalità è uno dei capisaldi del pensiero unico.  Chi tocca i fili, muore. 

In ogni caso, è vano sintetizzare le idee del libro: il merito non conta nulla, l’esercito dei Buoni e dei Giusti non ama prendersi il disturbo di leggere le opinioni altrui. Preferisce vietarle, cancellarle, chiamarle “discorso di odio”, screditarle come malattie sociali, le varie “fobie” da cui solo loro sono immuni per vaccinazione universale. Non ci interessa difendere il pensiero del generale. Dovremmo scendere al livello del gazzettiere che ha asserito “ che si crede Giulio Cesare”.  Vannacci ha scritto che, da italiano, ha la presunzione di credere che nelle sue  vene scorra una goccia del sangue dei grandi del passato. Ci dichiariamo complici e sollecitiamo la chiamata di correo: il vostro scrivano  si considera discendente – per prossimità territoriale- di Andrea Doria e di un altro Doria , Gianandrea, che comandava la flotta cristiana a Lepanto. Restiamo in attesa dello psichiatra per il TSO ( trattamento sanitario obbligatorio) terapia che verrà inflitta a chi non pensa come lorsignori.

Il punto decisivo della vicenda del generale, infatti – un classico temporale estivo cavalcato in assenza d’altro- non sono le sue idee, sulle quali ognuno può pensarla come vuole, ma il fatto che è ormai proibito discostarsi dal pensiero unico dominante. Su alcuni temi , immigrazione, omosessualità, morale familiare, aborto, difesa delle identità culturali ed etniche, emergenza climatica, medicalizzazione della vita, sistema della sorveglianza, abolizione del denaro contante,  è impossibile manifestare pensieri e parole non in linea. 

La libertà non si perde tutta assieme. La rana gettata nell’acqua bollente avverte il pericolo e cerca di fuggire; immersa nell’acqua tiepida si accorge troppo tardi di essere bollita a fuoco lento.  Rosa Luxemburg- non una bieca reazionaria- diceva che la libertà è sempre libertà di dissentire. Si riempiono la bocca di parole magiche come dialogo, ma il dialogo è per definizione tra diversi. Altrimenti si chiama monologo; non è permesso suonare altra musica che quella voluta da chi paga l’orchestra. Sono tollerate poche variazioni su un unico spartito. La chiamano libertà e perfino democrazia. Osano tessere le lodi della “costituzione più bella del mondo” dopo averla massacrata, disapplicata sin dai principi fondamentali. L’articolo 21 recita: tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Tutti, anche il generale e persino chi scrive queste note . 

Ecco il nocciolo della questione: il caso Vannacci dimostra che le libertà sono sotto attacco in Italia e nel liberissimo Occidente. Alcuni usano citare con la mano sul petto un apocrifo attribuito a Voltaire: non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita affinché tu possa dirlo. Balle: non vogliono affatto che si eserciti la libertà di parola, pensiero ed espressione. Abbiamo letto un attacco a un conduttore sgradito al mainstream in cui si diceva che non si può invocare la libertà quando si è dalla parte del torto e si esprimono tesi, concetti, “palesemente “ sbagliati. Chi lo decide, però? Le convinzioni altrui dovrebbero avere, se si crede davvero negli “immortali principi”, altrettanto valore che le proprie. Non è così, oggi più di ieri. Qualcuno ha stabilito la “verità” – quella del mondo al contrario- e nessuno può contestarla per manifesta follia. 

La pena è l’esclusione sociale, la denuncia penale per “discorso di odio” che eleva un sentimento- supposto !- a titolo di reato e chiama ogni giudizio di merito discriminazione. Nel caso di specie, il generale è stato fulmineamente rimosso dall’incarico e posto “ a disposizione”. Avrà un bell’ufficio, un attendente e resterà sfaccendato sino alla pensione. Se le sue idee fossero diverse, potrebbe ritenersi oggetto di mobbing, ma poiché è un cattivo soggetto, il lupo cattivo delle favole del Terzo Millenio spacciate per comandamenti, dovrà abbozzare per evitare guai peggiori. 

Che la perdita di libertà sia il punto dirimente è dimostrato dalle parole del ministro della Difesa, Guido Crosetto, per il quale gli scritti di Vannacci sono “farneticazioni”. Premesso che il deputato cuneese è stato dirigente e presidente dell’AIAD (Federazione aziende italiane per l'aerospazio, la difesa e la sicurezza) talché è lecito qualche dubbio sul conflitto di interesse - colpiscono due elementi. Il primo riguarda la catena di comando: Crosetto non ha difeso e nemmeno ascoltato il suo subalterno, un altissimo ufficiale che ha ricoperto incarichi fiduciari di massimo livello, scaricandolo senza alcuna remora. Un comportamento molto italiano. 

L’altra questione riguarda il merito: per Crosetto certe idee sono “farneticazioni”. È in ballo la salute mentale di chi le ha pronunciate e – ohibò- di chi le condivide. Si dà il caso che si tratti di sentimenti e convinzioni assai diffusi proprio tra gli italiani che hanno eletto lui e portato al governo i sedicenti “sovranisti”. Ne prenderà atto chi ha votato per Crosetto & Fratelli in nome della lotta all’immigrazione clandestina, dell’adesione alla legge morale naturale, della difesa contro i delinquenti, eccetera. Leggeremo il libro di Vannacci e sicuramente non saremo d’accordo su alcuni temi o  toni, ma poiché ci battiamo sinceramente per la libertà, pensiamo che le idee si combattano con idee migliori, non con divieti, demonizzazioni o dichiarandole “farneticazioni”. 

Farnetica forse il governo a difendere una concittadina di Crosetto, il ministro Daniela Garnero divorziata Santanchè, indagata per bancarotta fraudolenta? Ha diritto di difendersi nel e dal processo, protetta dalla legittima presunzione d’innocenza; non sono  farneticazioni né le accuse che le vengono mosse né gli argomenti della sua difesa. Intanto, prendiamo atto che la battaglia per la libera espressione conosce una defezione importante, quella degli schieramenti che avevano, sino a ieri, fatto la voce grossa contro il politicamente corretto, il pensiero unico, le verità di cartone imposte dai ceti dominanti, in nome della verità, del buon senso, della libertà. 

Da oggi, siamo tutti più soli, indipendentemente da Vannacci: anche chi credevamo amico sta dall’altra parte. È triste, ma fa chiarezza. Una vocina romana ipotizza che il generale stesse preparando lo sbarco in politica in un partito di governo e che il libro doveva essere una tappa. Lo capiremo nel tempo. Per ora sappiamo che fa novanta la paura, anzi la fifa- (che non si addice a un ministro della Difesa) di ricevere attacchi dai padroni della narrazione, dai poliziotti del pensiero, di diventare  sgraditi al potere vero, quello esercitato senza elezioni. 

Nessuna opinione in buona fede è “farneticazione”, per quanto opposta alla nostra. Nemmeno quella di un politico di lungo corso, nato a destra e transitato per molte strade diverse, secondo cui le parole di Vannacci sono  “minchiate reazionarie” . Sarà così; se sono anche  vietate ce lo dicano, ce ne faremo una ragione. Nel frattempo, aspettiamo da Crosetto e dalla Confraternita dei Giusti un prontuario, un tutorial ministeriale per distinguere le farneticazioni dalle opinioni corrette, ammesse, decenti, quelle che si possono esibire in società, gli abiti giusti nel “mondo al contrario”. 








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