Cattolicesimo
11 agosto 2023 L'arcivescovo Carlo Maria Viganò con Aldo Maria Valli dopo le dichiarazioni di Bergoglio al quotidiano spagnolo “Vida Nueva” AMV: Eccellenza, spesso diciamo “motus in fine velocior” – “il movimento è più veloce verso la fine” – sull'atteggiamento di Francesco teso a liquefare quel poco che resta della dottrina cattolica e sposare il pensiero del mondo. Lo confermano le notizie più recenti, compresa l'ennesima sua intervista. Qual è la tua valutazione? Carlo Maria Viganò: La Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata quest'anno a Lisbona, in Portogallo, ha confermato l'accelerazione del piano di Bergoglio per provocare uno scisma: le sue ultime nomine, a dir poco provocatorie; le dichiarazioni dei neo cardinali, che confermano la “rivoluzione bergogliana”; la presenza di James Martin per propagandare l'accettazione dell'ideologia LGBTQ da parte dei giovani; La recente dichiarazione di Bergoglio a una persona transgender: “Dio ci ama così come siamo; avanti” (qui). Mancava solo un'intervista in cui l'argentino si “confessava” a una redazione di giornalisti genuflessi e acclamanti per completare il quadro (Qui). Il tono adorante dell'intervista è al di là dell'imbarazzo: il che, per chi afferma di detestare l'ipocrisia e il servilismo, suonerebbe tragico se non fosse così grottesco. La stucchevole ossequiosità dei giornalisti è arrivata a dire che Bergoglio è «come un prete di campagna abituato a trattare tutti allo stesso modo, o una donna che dall'alba al tramonto si prodiga per mantenere la famiglia». Il lirismo abietto di Vida Nueva ha però l'inconveniente di mettere a nudo la falsa spontaneità delle parole dell'intervistato, che in realtà sono state sganciate con cura come bombe a orologeria in attesa di vederle esplodere. AMV: Dall'intervista risulta che Bergoglio si aspettasse tutto tranne che diventare papa. Ma la storia dice qualcosa di molto diverso... Carlo Maria Viganò: Mi stupiscono le doti letterarie di Bergoglio: la suggestiva rievocazione della sua sorpresa per l'elezione non si concilia con quanto oggi sappiamo accaduto al Conclave del 2013, confidato anche da un cardinale-elettore che non sa rivelare pubblicamente. E presentandosi come speculum totius humilitatis – specchio di ogni umiltà – si definisce “vittima dello Spirito Santo e della Provvidenza”, quasi ad attribuire la sventura di questo “pontificato” a Dio stesso, e non a le manovre sia della chiesa profonda attraverso la mafia di San Gallo sia dello stato profondo attraverso le e-mail di John Podesta e Hillary Clinton. AMV: E veniamo alle bombe a orologeria... Carlo Maria Viganò: La prima bomba a orologeria: “Il Sinodo era il sogno di Paolo VI. Quando finì il Concilio Vaticano II, si rese conto che la Chiesa in Occidente aveva perso la dimensione sinodale». Queste parole sono un modo per confermare il carattere sovversivo della “collegialità” del Vaticano II, come contrappeso al primato petrino solennemente e infallibilmente proclamato al Concilio Vaticano I dal beato Pio IX. Apprendiamo così che la collegialità episcopale teorizzata dai novatori nella Lumen Gentium doveva servirsi del Sinodo dei Vescovi proprio come organo parlamentare sul modello delle forme civili di governo. In sostanza, la “collegialità” era l'applicazione in ambito ecclesiastico del principio massonico diffuso dalla Rivoluzione francese per abbattere le monarchie cattoliche. «Si tratta di andare avanti per recuperare quella dimensione sinodale che la Chiesa d'Oriente ha e noi abbiamo perso», ha detto Bergoglio. Ma questa "dimensione sinodale" è un termine neolingua modernista per non ammettere il loro reale intento di sovvertire deliberatamente il papato come forma monarchica di autorità. Si tratta di un attacco all'istituzione divina della Chiesa, perpetrato da chi invece dovrebbe difenderla dagli eretici. Si assiste all'abbattimento della suprema autorità magisteriale e governativa del Romano Pontefice, che è il vincolo dell'unità cattolica, da parte di colui che siede sulla Sorella di Pietro e che agisce ed è obbedito in forza dell'autorità riconosciuta al Romano Pontefice Pontefice. È come guardare il capo dei vigili del fuoco che ordina ai suoi subordinati di versare benzina nella boscaglia e di darle fuoco, dopo aver svuotato i serbatoi e prosciugato le riserve d'acqua. AMV: Si parla anche del Sinodo del 2001… Carlo Maria Viganò: Sì, nella preoccupante sequela di “rielaborazioni della realtà” bergogliane compare anche un ricordo del Sinodo del 2001, quando Bergoglio rievoca questo episodio: «Poi venne il cardinale incaricato del coordinamento, esaminò le carte e cominciò a dire: ' Questo non si vota... né questo'. Io risposi: 'Eminenza, questo è uscito dai gruppi...'” E l'ingenuo ascoltatore pensa: “Guarda come è bravo Bergoglio; vuole la base per dire ai Vescovi quali sono i veri problemi dei fedeli, ecc. farsa al “Sinodo sulla famiglia” del 2015, i cui documenti erano stati preventivamente preparati dalla cerchia di Bergoglio e da lui preventivamente approvati; e ora ancora più evidentemente con il “Sinodo sulla sinodalità”, per il quale il questionario inviato alle diocesi, alle parrocchie e ai gruppi è stato formulato in modo da escludere alcune domande e orientare le risposte nella direzione voluta. Quando Bergoglio ci rassicura: «Ma le cose sono state “purificate”; abbiamo fatto passi avanti, e oggi tutto è votato e ascoltato”, dobbiamo capire che gli ostacoli prima rappresentati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede da altre Congregazioni ora sono stati eliminati o attraverso la nomina di eretici perfettamente allineati o attraverso l'espulsione della Curia Romana da ogni ruolo di coordinamento per ossequio alle “chiese nazionali” o alle Conferenze Episcopali, tutte occupate da eretici e corrotti asserviti a Santa Marta. Abbiamo anche l'esempio del Sinodo sulla famiglia. Dall'esterno, la Comunione ai divorziati ci è stata imposta come un grande tema. In questo caso era la psicologia dell'onda, che cercava di espandersi. Ma, fortunatamente, il risultato è andato molto oltre... molto oltre. Tanto oltre, direi, da suscitare la formale protesta di alcuni cardinali e di numerosi prelati, sacerdoti, religiosi e teologi, di fronte all'allontanamento dalla dottrina tradizionale in materia di adulterio, di concubinato pubblico e di famiglia. Non dimentichiamo l'operazione fraudolenta con cui alcuni scagnozzi di Bergoglio hanno rubato dalle cassette postali dei Padri sinodali il libro sugli errori di Amoris Lætitia che denunciava l'ingerenza dei progressisti nello svolgimento del Sinodo. Anche nelle zone dove è maggiore il dissenso di fedeli e pastori contro l'attuale regime vaticano, come l'Africa, ruoli chiave di autorità sono stati affidati a persone che godono del sostegno di Bergoglio, anche se del tutto inadeguate a ricoprire alcuni incarichi di grande responsabilità . Sembra dunque che l'affermazione: «Nel Sinodo il protagonista è lo Spirito Santo», serva a rivestire di un alone di autorità le decisioni prese da Jorge Mario, che non hanno assolutamente nulla di divino, anzi si rivelano intrinsecamente opposte a il magistero cattolico. AMV: Nel corso dell'intervista si evoca un Concilio Vaticano III… Carlo Maria Viganò: Sì, chiede provocatoriamente un giornalista di Vida Nueva: «Questo Sinodo sulla sinodalità sembra coprire tutto: dalle proposte di rinnovamento liturgico alla necessità di comunità più evangelizzatrici, passando per una vera opzione preferenziale per i poveri, un vero impegno in termini di integrazione integrale l'ecologia e l'accettazione dei collettivi LGBTQ. Si è mai pensato di dargli la forma del Concilio Vaticano III?». Dovrebbe inorridire anche solo sentire l'ipotesi che un Sinodo possa affrontare temi così delicati – la riforma liturgica e l'evangelizzazione delle comunità – e altri del tutto estranei alle finalità della Chiesa, come «una vera opzione preferenziale per i poveri, un vero impegno in termini di ecologia integrale e accettazione dei collettivi LGBTQ”. Eppure sono questi i temi affrontati in questi giorni alla Gmg 2023, con l'indottrinamento criminale di migliaia di giovani sul tema dell'“emergenza ecologica” e l'ideologia del risveglio. E sono i temi – ripetuti ossessivamente dai media, nelle scuole, nei luoghi di lavoro e in politica – dell'Agenda 2030 e del Great Reset, entrambi ontologicamente incompatibili con la religione cattolica perché intrinsecamente anticristici e anti- Cristiano. La risposta di Bergoglio è inquietante: “Le cose non sono mature per un Concilio Vaticano III. E non è nemmeno necessario in questo momento, poiché il Vaticano II non ha ancora cominciato a realizzarsi. Questo era molto rischioso e doveva essere preso in considerazione. Ma c'è sempre quella paura che dilaga tra noi per mano dei “vecchi cattolici”, che già al Vaticano I si definivano “depositari della vera fede”. AMV: Qual è l'obiettivo finale? Carlo Maria Viganò: Abbiamo capito che lo scopo principale di Bergoglio è seminare divisione e distruggere. Il suo modus operandi è sempre lo stesso. Innanzi tutto, provoca artificialmente un “dibattito” su questioni che non possono essere oggetto di controversia nella Chiesa, poiché già definite dal Magistero: contrappone gli “ultraprogressisti” ai “conservatori”. I cattolici tradizionali, come ho spiegato prima, non hanno seguito queste delusioni della neo-chiesa per molto tempo, e questo è un bene. Poi fa in modo che ciò che vuole ottenere – un cambiamento dottrinale, morale, disciplinare e liturgico – sia proposto da un mediatore apparentemente neutrale, che si presenta come un tentativo di trovare un compromesso, mentre in realtà asseconda il lato progressista. A questo punto Bergoglio, dall'alto e come scoprendo solo allora che c'è una questione da chiarire su cui occorre un pronunciamento autorevole, impone un cambiamento che sembra meno grave di quanto avevano chiesto gli ultraprogressisti, ma che resta inammissibile per chi è cattolico, che a quel punto è costretto a disobbedire. E questa disobbedienza viene immediatamente denunciata come eresia o scisma, semplicemente ricordando gli errori degli antichi cattolici, che rifiutarono il Vaticano I. Ma qui sta l'inganno più infido: le deviazioni dottrinali dei veterocattolici sono semplicisticamente liquidate da Bergoglio per aver preteso di essere “depositarie della vera fede” – cosa che ogni eresiarca ha sempre affermato di fare – mentre i veterocattolici hanno dimostrato di che condividono con la Chiesa bergogliana molte più eresie di quante ne abbiano in comune con i tradizionalisti, a cominciare dal sacerdozio femminile. Ed è sorprendente che Bergoglio non ricordi che le istanze dottrinali dei veterocattolici iniziarono ben prima del Concilio Vaticano I, con questioni riguardanti le nomine papali dei vescovi in Olanda, ma ben presto mostrarono la loro vicinanza ai modernisti sia aderendo alla movimento ecumenico protestante – fermamente condannato dalla Chiesa cattolica – e teorizzando un ritorno alla “fede della Chiesa indivisa del primo millennio”, tema tanto caro ai sostenitori del Vaticano II. Abbiamo dunque compreso che l’identificazione di un nemico – in questo caso “i rigidi”, ossia i Cattolici fedeli al Magistero immutabile – è il corollario della deificazione della Rivoluzione nella Chiesa: il Sinodo è opera dello Spirito Santo e Bergoglio è vittima della Provvidenza. Quindi o accettiamo l’apostasia come voluta da Dio – il che è assurdo, oltre che blasfemo – o finiamo ipso facto nel girone dei nemici di Bergoglio, meritando per ciò stesso la condanna riservata agli eretici e agli scismatici. Strano modo di intendere la parresia e l’inclusività della chiesa della misericordia.
L’intervista riprende anche il tema dei “rigidi” tanto invisi al papa…
«Francesco non è in alcun modo ignaro della resistenza alla riforma che si appresta a compiere», commenta un giornalista. E cita le parole di un prete «che ha un piede in Curia e l’altro nella sua diocesi»: «Mi preoccupa la rigidità dei giovani preti», chiosa Bergoglio. E ti pareva! Si tranquillizzi il lettore, stupito che Bergoglio non si sia ancora cimentato in uno dei suoi monologhi contro i sacerdoti non dico tradizionali, ma anche solo vagamente conservatori. I rigidi, appunto, nei cui riguardi ha intessuto sin dai primi giorni di “pontificato” una serie inarrivabile di improperi e contumelie. La provocazione del prete “che puzza dell’odore delle pecore” – immagino in jeans e scarpe da tennis – è colta al balzo dall’istrione, il quale prontamente risponde: «Reagiscono così perché hanno paura di un momento di insicurezza che stiamo vivendo e quella paura non li lascia camminare. Dobbiamo rimuovere questa paura e aiutarli». Un approccio psicanalitico che lascia stupiti, in verità, e che tradisce la volontà di riprogrammare il Clero, giustamente preoccupato per un “momento di insicurezza” che va avanti da ormai sessant’anni, in modo da indurlo a cedere alle innovazioni e alle deviazioni del Concilio. Ma le parole di farisaica comprensione si mutano subito in accuse e insinuazioni: «D’altra parte, quel guscio nasconde molto marciume. Ho già dovuto intervenire in alcune diocesi di vari Paesi con parametri simili. Dietro questo tradizionalismo abbiamo scoperto seri problemi morali e vizi, doppie vite. Tutti sappiamo di vescovi che, avendo bisogno di sacerdoti, sono ricorsi a persone che avevano cacciato da altri seminari perché immorali». C’è da rimanere esterrefatti dinanzi alla determinazione di Bergoglio nell’estirpare l’innominabile vizio de’ Greci dai seminari conservatori, ma nel non volerlo vedere nemmeno dinanzi alle denunce delle vittime del predatore seriale McCarrick, molestatore di seminaristi e giovani chierici, assieme alla lavender mafia dei suoi minion, creati cardinali e promossi ai vertici di Dicasteri romani. E non sembra che questo novello Pier Damiani di Santa Marta ritenga meritevole dei suoi strali l’ex gesuita Rupnik, al quale ha revocato la scomunica per i gravissimi delitti e i sacrilegi irriferibili di cui si è macchiato. Se volete vedere Rupnik ai ceppi in una cella di Castel Sant’Angelo, mettetegli in testa il cappello romano. Questa indulgenza di Bergoglio nei riguardi dei suoi protetti – nel cui novero compare una lunga lista di confratelli gesuiti, accomunati dall’eresia sul fronte dottrinale e dalla sodomia su quello morale – non si spiega forse col fatto che quand’era maestro dei novizi l’Argentino si comportava in modo non dissimile da quello dell’ex-Arcivescovo di Washington? Qui legit intelligat. Dimentichiamo dunque le parole di Nostro Signore nel Vangelo: «Vieni, servo buono e fedele, perché sei stato fedele nel poco» (Mt 25, 21), e ascoltiamo la “vittima dello Spirito Santo”: «Non mi piace la rigidità perché è un brutto sintomo di vita interiore. Il pastore non può permettersi di essere rigido. […] Qualcuno mi ha detto di recente che la rigidità dei giovani preti nasce perché sono stanchi del relativismo attuale, ma non sempre è così». E qui troviamo riproposto il cliché tipico degli anticlericali dell’Ottocento: chi si mostra virtuoso, è un fariseo che nasconde vizi immondi, mentre chi sembra vizioso e immorale in realtà è buono e ha solo bisogno di accoglienza. Ecco allora le “beate Imelde” – suppongo si riferisca alla beata Imelda Lambertini, suora domenicana che morì dopo avere miracolosamente ricevuto la Santissima Eucaristia portatale in volo dagli Angeli – ossia i sacerdoti di un irreale quanto irriverente modello di religiosità suoresca ostentata, che fanno “la faccia da santo”, da anteporre ai «seminaristi normali, con i loro problemi, che giochino a calcio, che non vadano nei quartieri a dogmatizzare». Meglio un buon laico di un cattivo sacerdote, sintetizzavano con meno ipocrisia i mangiapreti d’un tempo, ben sapendo che il paradosso doveva servire a stigmatizzare la maggioranza dei buoni e non la minoranza di quelli cattivi. Inquietante il commento della redazione di Vida Nueva: «Una volta ordinati quei sacerdoti identificati come “rigidi”, come vengono accompagnati ad entrare nel Vaticano II? Perché, in fondo, soffrono di non poter accogliere ciò che viene…». In effetti sembra di sentir parlare un membro del Comitato centrale del Partito Comunista Cinese: come riprogrammare questi sacerdoti, per costringerli ad accettare le innovazioni del Concilio? Col ricatto, con l’autoritarismo, con l’intimidazione e soprattutto facendo loro vedere cosa succede a chi non si piega. Facendo sì che si “ammorbidiscano”: «Ci sono persone che vivono intrappolate in un manuale di teologia, incapaci di mettersi nei guai e far andare avanti la teologia». Per “mettersi nei guai”, come afferma Bergoglio, non si deve essere eretici o corrotti, ma fedeli al Magistero, “intrappolati in un manuale di teologia”. E conclude con una delle sue perle di saggezza: «La teologia stagnante mi ricorda che l’acqua stagnante è la prima ad essere corrotta, e la teologia stagnante crea corruzione». Verrebbe da osservare che questa “stagnazione” della teologia è una prerogativa dei novatori, fermi da ormai mezzo secolo alle istanze ereticali dei Protestanti d’inizio Novecento, alle rivendicazioni sociali della “opzione preferenziale per i poveri” degli anni Settanta, incapaci di comprendere che la vitalità della Rivelazione Cattolica è ben altra cosa rispetto alla rivoluzione permanente imposta con il Vaticano II. La soluzione proposta da Bergoglio va nella direzione di una secolarizzazione degli istituti di formazione clericale: «Dobbiamo sottolineare una formazione umanistica. Apriamoci a un orizzonte culturale universale che li umanizzi. I seminari non possono essere cucine ideologiche. I seminari devono formare pastori, non ideologi. Il problema dei seminari è grave». Andrebbe ricordato che le discipline “umanistiche” sono le humanæ res et litteræ, e che non c’entra nulla la “umanizzazione” di una formazione secolare e universale. Senza dire che se un seminario non dà una formazione intellettuale e dottrinale – definita sbrigativamente “cucina ideologica” – i nuovi sacerdoti non avranno nulla di nuovo da insegnare al mondo, rendendosi perciò inutili e superflui. Bergoglio dimostra ancora una volta di denunciare come riprovevoli i comportamenti altrui, nel momento stesso in cui li adotta egli stesso. A proposito della necessità di privilegiare il rapporto del Vescovo con il suo gregge, non si accorge che le sue parole suonano come irridenti quando afferma: «Già vedete che nelle nuove nomine dei vescovi – non solo in Spagna, ma in tutto il mondo – applico un criterio generale: una volta che un vescovo è residenziale e assegnato, è già sposato con quella diocesi. Se guardi un altro [se speri in un trasferimento], è “adulterio episcopale”. Chi cerca una promozione commette “adulterio episcopale”». Eppure i Vescovi che sono amati dai loro fedeli – come Mons. Joseph Strickland in Texas – vengono fatti oggetto di intimidazioni e visite apostoliche, allo scopo di rimuoverli, costringendoli alle dimissioni. Con il paradosso che l’artefice dell’“adulterio episcopale” è Bergoglio stesso, nella sua ossessione di omologare l’Episcopato ai suoi piani eversivi, promuovendo nelle principali sedi personaggi corrotti: vedi l’interminabile lista dei Cupich, Gregory, Tobin, McElroy, Tagle, Hollerich, Grech, Zuppi… L’intervista di gruppo tocca anche il tema della svolta green… Sì, immancabile. «Per novembre, prima che si tenga a Dubai il Summit sul clima delle Nazioni Unite, stiamo organizzando un incontro di pace con i leader religiosi ad Abu Dhabi. Il cardinale Pietro Parolin sta coordinando questa iniziativa, che si svolgerà fuori dal Vaticano, in un territorio neutrale che invita tutti all’incontro». Perché – l’abbiamo capito – l’importante è incontrarsi, camminare insieme, “in un luogo neutrale” anche se la strada intrapresa porta verso il baratro. E sappiamo bene che “neutrale” significa ostentatamente non cattolico, in cui non c’è spazio per Nostro Signore: basterebbe questa smania di Bergoglio di comparire in tutti gli eventi dichiaratamente ostili a Cristo per comprendere quanto egli sia del tutto alieno, estraneo, incompatibile e eterogeneo rispetto al ruolo che ricopre. Gli unici verso cui non conosce pietà sono i Cattolici, e massimamente i sacerdoti, perché essi hanno il potere di offrire il Santo Sacrificio alla Maestà divina e di riversare infinite grazie sulla Chiesa, che ostacolano i piani degli operatori di iniquità. Che cosa prevede per l’immediato futuro? Prepariamoci a un crescendo di provocazioni inaudite: bombe a orologeria pronte a esplodere per seminare disorientamento, confusione, divisione. Ma prepariamoci anche al risveglio delle coscienze, anzitutto dei fedeli e del Clero, ma – volesse il Cielo – anche di qualche Vescovo, dinanzi a tali enormità, in difesa della Chiesa di Cristo. Molto presto potremmo avere al nostro fianco persone coraggiose oneste e buone che non possono assecondare ulteriormente i farneticamenti di una setta di eretici senza fede, senza speranza e senza carità.
>>>articolo originale online>>> ... |