Ambientalismo
02 agosto 2023 IL RISCALDAMENTO DIPENDE DAL SOLE MA L'IPCC IGNORA GLI STUDI CHE LO DIMOSTRANO INTERVISTA AD ANDY MAY
Bisogna distinguere tra meteo e clima. Il meteo attiene a periodi di tempo dell’ordine della settimana e la competenza principe di riferimento è la fisica dell’atmosfera e degli oceani. Il clima attiene a tempi che possono anche essere geologici, richiede competenze multidisciplinari, e la competenza principe è la geologia. E Andy May (all’anagrafe John Andrew) è, appunto, un geologo o, più precisamente, un petrofisico, con esperienze professionali condotte in tutti gli angoli del pianeta, dalle Americhe alla Russia, allo Yemen, al Mar del Nord, all’Indonesia, alla Cina, fino all’Africa occidentale. Dal 2016 è in pensione e, da membro della Fondazione Clintel, assieme a Marcel Crok ha curato la stesura di un Rapporto critico al Rapporto AR6, l’ultimo dell’Ipcc (il Comitato dell’Onu sui cambiamenti climatici). Perdona l’ignoranza, Andy: cosa fa un petrofisico? «Ho lavorato come petrofisico per 42 anni, soprattutto nell'industria del petrolio e del gas. I petrofisici creano modelli delle proprietà fisiche delle rocce, utilizzando sia misure di campioni di roccia che dispositivi di telerilevamento per modellare la porosità, il tipo di roccia e il contenuto di fluidi delle rocce. Le tecniche e l'esperienza che ho con i modelli petrofisici mi aiutano a valutare i modelli climatici, perché gli algoritmi di modellazione statistica, chimica e fisica che ho usato per modellare le rocce sono concettualmente simili a quelli usati per modellare il meteo e il clima». Come è nato il Rapporto Clintel «The Frozen Views of the Ipcc: An Analysis of AR6»? «Vi abbiamo lavorato in 13, da 7 Paesi diversi; c’è anche un italiano, il professor Nicola Scafetta, che insegna Climatologia all'Università Federico II di Napoli. Alcuni del gruppo avevano già esaminato le bozze dell'AR6 e avevano segnalato agli autori dell'Ipcc errori e omissioni. Quando era diventato ben chiaro che le segnalazioni, presentate attraverso i canali appropriati, venivano completamente ignorate, allora abbiamo pensato di scrivere tutte le critiche in un documento separato, visto che non sembrava possibile aver soddisfazione dall’Ipcc». In italiano il titolo potrebbe tradursi in «Le idee fisse dell’Ipcc sul clima». Perché questo titolo? «Il primo rapporto Ipcc sui cambiamenti climatici, solitamente chiamato "Far", fu pubblicato nel 1990. Era un ottimo rapporto, appena 400 pagine, un buon compendio dello stato dell’arte della scienza del clima. L’Ipcc era nato per esplorare la possibile influenza umana sul clima, e il Far concludeva che l'aumento di CO2 potrebbe, sì, influenzare il clima (il condizionale è fondamentale), ma sulla base di modelli climatici non era in grado di dire se il riscaldamento fino a quel momento fosse maggiore di quello che si sarebbe verificato naturalmente, cioè se l'uomo non fosse stato presente sulla Terra. Senonché, come mostriamo nel nostro capitolo 6, una quantità considerevole di ricerche condotte dopo il 1990 dimostra che la prevalenza della variabilità climatica è naturale. Le oscillazioni naturali delle correnti oceaniche, scoperte dopo il 1990, sono ben correlate con l’attività solare, il che suggerisce che è il Sole il principale motore dei cambiamenti climatici. Orbene, tutte queste ricerche sono state ignorate dall’Ipcc, e di esse non v’è traccia nell’AR6. Questo usa le stesse ipotesi e gli stessi metodi di 33 anni fa, ma sorprendentemente, quasi fosse, appunto, un’idea fissa, conclude che il riscaldamento è dovuto quasi al 100% all'uomo». In cosa Clintel non concorda con l'Ipcc? «I punti di disaccordo sono molti. Ho già detto del Sole e della variabilità degli oceani. Un altro punto riguarda i modelli climatici. Poiché sono deboli le prove dirette che sia la CO2 antropica a controllare il clima, l’Ipcc si affida a modelli climatici di varia complessità per calcolare l'impatto della CO2 sulla temperatura media globale. Alla fine conclude che al raddoppio della CO2 la temperatura globale aumenta di almeno 3°C. Invece noi, utilizzando la stessa ipotesi che sia la CO2 a controllare il clima, dimostriamo che la sensibilità climatica è inferiore a 2 gradi (si veda il nostro capitolo 7)». E questo sempreché il clima sia controllato al 100% dalla CO2 antropica… «Già. Tutti i modelli prevedono che la media troposfera equatoriale dovrebbe riscaldarsi molto se fosse la CO2 a guidare il clima, ma le osservazioni mostrano in questa regione un riscaldamento molto meno accentuato del previsto. In effetti, ogni singolo modello climatico mostra un riscaldamento maggiore di quello osservato, il che suggerisce che si tratta non solo di modelli difettosi, ma di un difetto nelle ipotesi utilizzate per programmare i modelli. Inoltre, l’Ipcc usa scenari per fare proiezioni sulla temperatura futura, scenari di emissione e scenari economici, ma anche gli scenari di emissione sono sbagliati (come mostriamo nel Capitolo 9), cosicché una errata sensibilità climatica e errati scenari di emissione comportano proiezioni economiche irrealistiche». Infatti, l’Ipcc prevede conseguenze disastrose se continuiamo a usare combustibili fossili… «Di questo trattiamo nel Capitolo 12 del nostro Rapporto. Il fatto è che i disastri meteorologici e climatici non stanno peggiorando, anzi i costi di questi disastri, i morti e i feriti e il loro numero stanno in realtà diminuendo, contrariamente alle previsioni dei modelli. Fondamentalmente, l'AR6 non sta facendo alcun servizio alla scienza del clima ma, di tutta evidenza, sta spingendo perché si attui un'agenda politica: la scelta dei documenti da utilizzare nel Rapporto AR6 è parziale e non rappresentativa. L’AR6 è un documento pubblicitario per promuovere un prodotto, non è un documento scientifico». Tra l’altro è curioso che il cambiamento climatico sia solo in peggio… «Questo è un altro punto interessante. Oltre a ribadire e rafforzare le cattive notizie, probabilmente false, contenute nei rapporti precedenti, l'analisi di Clintel ha anche rilevato che l'Ipcc ha minimizzato o omesso di riportare le buone notizie. Nel Capitolo 13 esaminiamo la dichiarazione del Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres: "Siamo su un'autostrada verso l'inferno climatico". Senonché dai dati disponibili dimostriamo che il rischio di morire a causa del clima e delle condizioni atmosferiche è diminuito del 99% dal 1920, passando da una probabilità di morire dell'1,7% nel 1920 a una probabilità dello 0,018% oggi». Oltre ad errori, vi sono anche contraddizioni interne nell'AR6? «C’è anche questo. Per esempio, il Rapporto dell’Ipcc afferma che le emissioni antropiche abbiano contribuito poco alle inondazioni, ma la Sintesi per i responsabili politici afferma il contrario. Un altro esempio è che nella Sintesi si afferma che il caldo attuale non ha precedenti negli ultimi 100.000 anni, ma questo non è quel che sta scritto nel corpo dell’AR6. Nel nostro capitolo 11 elenchiamo tutte le contraddizioni interne all’AR6». Hai anche affermato che l’AR6 è il peggiore di tutti i rapporti Ipcc. Perché dici questo? «Dopo il primo rapporto Ipcc, che era di buona qualità, i rapporti successivi sono diventati sempre più politicizzati e non scientifici. Già il secondo Rapporto (chiamato “Sar”) era stato bollato "il grande inganno sul riscaldamento globale” dall'allora presidente dell'Accademia Nazionale delle Scienze degli Usa, Frederick Seitz. E il Quarto rapporto (AR4) fu nel 2010 oggetto di un’indagine del Consiglio inter-accademico dell’Onu: il Consiglio addebitava all’Ipcc numerosi errori, pregiudizi e procedure poco trasparenti nella scelta della letteratura scientifica. L'AR6 è peggiore dell'AR4 da questo punto di vista. Non solo hanno escluso alcuni dei migliori scienziati dal processo dell'Ipcc, ma si sono anche rifiutati di riconoscere anche la sola esistenza del loro lavoro, ignorandolo in toto senza neanche discuterlo. Cito per esempio i lavori di Roger Pielke Jr., Richard Lindzen, Bjorn Lomborg. Noi abbiamo scoperto che i lavori esclusi sono solo quelli che contraddicono la narrazione del cambiamento climatico causato dall'uomo che l'Ipcc sta vendendo». Avete avuto contrasti tra di voi durante la stesura del vostro libro? «Otto autori e cinque revisori indipendenti hanno impiegato 2 anni per completarlo. Sparsi in 7 Paesi diversi e ciascuno impegnati col proprio lavoro, quasi tutte le comunicazioni sono avvenute via e-mail, con occasionali riunioni da remoto. Abbiamo avuto molte discussioni, a volte anche accese, che hanno migliorato tutti noi e la qualità del prodotto finale e dell’analisi. Questa cosa dovrebbe essere una lezione per l'Ipcc: se si vuole un prodotto di alta qualità, è necessario che tutti i punti di vista e le opinioni ragionevoli siano rappresentati dalle migliori competenze che si possono trovare. Credo che noi abbiamo raggiunto questo obiettivo, l'Ipcc no. Un esempio specifico che ritengo istruttivo. Il nostro team era in disaccordo sul capitolo 7. Alcuni pensavano che la CO2 fosse la causa principale del riscaldamento dal 1850, in accordo con l'Ipcc. Altri di noi pensavano che il riscaldamento fosse naturale. La soluzione concordata è stata di far scrivere il capitolo principale ai primi. I secondi, invece, hanno scritto un'appendice al capitolo 7, sostenendo che la variabilità naturale potrebbe aver contribuito al recente riscaldamento, il che significa che la stima di Clintel della sensibilità del clima alla CO2 è una stima massima. Se l’AR6 avesse avuto autori da entrambe le parti sui punti critici affrontati, esso avrebbe potuto includere i vari punti di vista di questo dibattito scientifico. Il fatto che non l'abbiano fatto ci dice quanto l’Ipcc sia di parte». Un ultimo commento? «Vorrei precisare che è stato Marcel Crok a iniziare questo lavoro e a reclutare la maggior parte degli scienziati che hanno partecipato alla stesura e alla revisione del libro. Questo Rapporto non sarebbe mai iniziato senza Marcel, che è stato il membro essenziale del team». Franco Battaglia ... |