Ambientalismo
22 maggio 2023 UN CERTO AMBIENTALISMO È PEGGIO DEL TERRORISMO Le conseguenze delle follie green Intervista al prof. Franco Battaglia Il professor Franco Battaglia ha una laurea in Chimica in Italia e un PhD negli Stati Uniti (che corrisponde, grossomodo, al nostro dottorato di ricerca) in Chimica fisica. Ha insegnato per tanti anni nelle università della Basilicata, di Roma Tre e di Modena. Eppure è considerato da molti un “negazionista” del cambiamento climatico. È anche uno, Battaglia, che non si fa remore a dire quello che pensa, specie se è in controtendenza. «Il cambiamento climatico è connaturato alla natura del clima», sottolinea subito, infatti: «Il clima cambia sempre. Guai se non lo facesse. Allarmarsi per il cambiamento climatico è come allarmarsi perché sul far della sera il sole tramonta». Professor Battaglia, vado immediatamente al punto. Il suo libro Non esiste alcuna emergenza climatica (edito da 21/mo secolo) dice già tutto nel titolo. Ma come? Qui come ti giri c’è qualcuno che invece grida al riscaldamento globale. «Il mio libro ha lo stesso titolo ed espone le stesse ragioni scientifiche della World Climate Declaration, una petizione internazionale sottoscritta da oltre 1.500 scienziati. Per lo più, ma non solo, climatologi, geologi, geofisici, fisici, astrofisici, chimici. Tra l’altro il primo firmatario è il premio Nobel per la Fisica Ivar Giaever». Insomma, lei non è il solo… «Nessuno di noi nega che stiamo vivendo in un periodo più caldo rispetto a 400 anni fa, quando il pianeta era al minimo della cosiddetta Piccola era glaciale. Solo che la responsabilità del riscaldamento non è dell’uomo». E di chi è allora? «Della Natura. D’altra parte, il riscaldamento cominciò nel 1690 e per oltre 2 secoli l’uomo non può avervi contribuito. Non v’è, oggi, niente che sia diverso, dai mutamenti climatici occorsi negli ultimi diecimila anni. Chi dice il contrario mente o ignora la storia del clima». A proposito di inquinamento: auto elettrica. Sì, no, boh, forse? «Il primo problema dell’auto elettrica è che non sappiamo come fare “il pieno” in tempi che siano competitivi con quelli dell’auto tradizionale. Né si vede modo, a oggi, di risolvere questo handicap». Una questione pratica non da poco. La domanda da un milione di dollari: quali sono i problemi che dobbiamo affrontare? «È una domanda impegnativa, ha ragione. Direi, nel contesto di questa intervista, la sicurezza dell’approvvigionamento sia energetico che alimentare». Alzo ancora di più il livello di difficoltà: come si risolvono? «Aprendo al nucleare e all’agricoltura con Ogm, cioè con organismi geneticamente migliorati». Ecco, il nucleare. Lei da sempre ne è un accanito sostenitore. Quali vantaggi ci porterebbe? «Guardi, io non mi accanisco su niente. Osservo, però, che il nucleare è la prima fonte d’energia elettrica in Europa. Dopo Chernobyl, solo noi l’abbiamo abbandonato. Ma non vi abbiamo rinunciato, dato ne abbiamo fatto un bene d’importazione: lo sa da dove viene il 15% della nostra elettricità?». Dalla Francia? «Già, dal nucleare d’Oltralpe. Il mondo è stato ingannato su Chernobyl e Fukushima: tra l’altro, dopo quei disastri, l’Ucraina installò nove nuovi reattori nucleari e il Giappone sta riavviando adesso i propri». E il fotovoltaico, l’eolico? «Sono frodi tecnologiche. Da nessuna parte del mondo è mai stato chiuso un impianto nucleare, a carbone o a gas in conseguenza dell’installazione di impianti eolici o fotovoltaici». Capitolo Emilia Romagna. Prima l’allarme siccità, adesso contiamo i cadaveri dell’alluvione. Perché siamo sempre impreparati a questi disastri? «La recente alluvione in Romagna e la siccità di cui ci siamo lamentati pochi giorni prima hanno precisi responsabili morali. È importante essere consapevoli di questo, altrimenti non si appronteranno mai le soluzioni al problema e resteremo sempre impreparati». Cioè? «I responsabili morali sono coloro che negli ultimi vent’anni ci hanno detto che per scongiurare i problemi legati ai mutamenti climatici bisogna ridurre le emissioni di CO2, installare impianti fotovoltaici e parchi eolici, incappottare le case, smettere di produrre auto a combustione. Giusto per non fare nomi, pensi alla signora Ursula von der Layen col suo Green new deal da 300 miliardi l’anno per trent’anni. Denaro delle nostre tasse speso col preciso proposito di cambiare il clima. Denaro, cioè, che è stato stornato dai veri provvedimenti che si sarebbero dovuti prendere». Quali? «Quelli per la realizzazione di invasi montani ove raccogliere l’acqua prima che vada precipitosamente a valle, per esempio. Quell’acqua sarebbe utilizzabile nei periodi siccitosi. In Italia piovono ogni anno oltre 250 chilometri cubi d’acqua, ma il fabbisogno annuo si attesta a meno di 20 chilometri cubi (la metà per l’agricoltura e la metà per le esigenze industriali e civili). Quanti impianti fotovoltaici avremmo dovuto installare per evitare l’alluvione in Romagna o la siccità in Piemonte?». Cito un suo articolo di qualche mese fa: «L’ambientalismo è il grande male dell’umanità». Ci sta sfuggendo di mano? «Già. L’ambientalismo è nelle mani di individui ignoranti e ideologizzati. Pensi a Greta e ai suoi seguaci o a quelli di Ultima Generazione: cosa hanno studiato? Niente. Ripetono a pappagallo cose che leggono senza nemmeno capirle. Citano i Rapporti dell’Ipcc, che è il comitato dell’Onu cui è stato assegnato il compito di studiare il contributo antropico al cambiamento climatico. Ma se fai loro notare alcune inconsistenze, non sono in grado di controbattere. Un’ambientalista ante-litteram fu Rachel Carson. Se la ricorda?». Se mi rinfresca la memoria è meglio. «Fu lei che convinse il mondo a proibire l’uso del Ddt, un efficace rimedio contro la malaria. Il divieto fece aumentare di milioni i casi i decessi per malaria nel mondo. Bel risultato. Nel 1990, di nuovo, gli ambientalisti convinsero il governo del Perù a non clorare le acque: seguirono diecimila morti per colera. Potrei continuare con molti esempi: l’ambientalismo ha causato più morti del terrorismo».
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