Nel
nostro paese la sanità è sempre più allo sfascio ma si trovano i
soldi per i “centri regionali per il cambio del sesso”.
In
Veneto, maggioranza leghista, il centro regionale è stato approvato
all’unanimità!!! Zaia, presidente della regione, lo definisce “Una
scelta di civiltà”!!!, come riferisce Il Gazzettino.
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Luca
Zaia: «Il centro regionale per il cambio del sesso? Una scelta di
civiltà»
Per
la delibera, manca solo la pubblicazione sul Bollettino
ufficiale della Regione.
Ma il suo contenuto, “approvato
con voti unanimi e palesi”,
è già molto chiaro: “Così come previsto dalla normativa
nazionale e regionale, è
stato
proposto
martedì scorso,
di concentrare nell’Azienda Ospedale-Università di Padova la presa
in carico degli assistiti con disturbi
di identità di genere,
in quanto costituisce attualmente la sede professionalmente più
adeguata per il Centro di riferimento regionale”.
All’indomani
del via libera al provvedimento atteso dal 1993, il presidente Luca
Zaia ne
rivendica le motivazioni: «È un fatto di civiltà, oltre che di
legge e di Lea».
Ci
sono voluti trent’anni: sarà la volta buona, dopo che i precedenti
tentativi (nel 2014 sempre a Padova e nel 2017 ad Abano Terme) sono
rimasti di fatto sulla carta?
Per
la delibera, manca solo la pubblicazione sul Bollettino
ufficiale della Regione.
Ma il suo contenuto, “approvato
con voti unanimi e palesi”,
è già molto chiaro: “Così come previsto dalla normativa
nazionale e regionale, si propone di concentrare nell’Azienda
Ospedale-Università di Padova la presa in carico degli assistiti con
disturbi
di identità di genere,
in quanto costituisce attualmente la sede professionalmente più
adeguata per il Centro di riferimento regionale”.
«Avevamo
già provato, in tempi non sospetti, a individuare questa struttura,
ma per tutta una serie di dinamiche, tra cui il Covid,
non siamo riusciti a farla decollare. Debbo dire che l’assessore
Manuela Lanzarin ha fatto un bel lavoro: io le avevo dato questo
mandato e lei ha portato avanti questa partita. Onestamente la
delibera era pronta da mesi, ma ho voluto fortemente che non fosse
inficiata da periodi elettorali e da discussioni nazionali. Ho
preferito aspettare un momento di pace, perché non ci fosse
strumentalizzazione politica, dato che è una bella cosa. Per me è
un segno di civiltà, un percorso che faccio assieme a tutti i
veneti, anche sulla base delle apprensioni che ho raccolto».
In
che senso?
«Conosco
due persone che hanno intrapreso questo percorso e le ho viste in
difficoltà già nella fase dell’orientamento. Non è un caso che a
questo tema abbia anche dedicato un capitolo del mio libro “I
pessimisti non fanno fortuna”. Abbiamo voluto recuperare il tempo
perso: si pensi solo che la legge statale che regolamenta il cambio
di sesso all’anagrafe, anche senza intervento chirurgico, è
addirittura del 1982».
Cinque
anni fa però i tempi non sembravano ancora maturi nel centrodestra
regionale, ricordando le feroci polemiche dell’epoca. È cambiato
qualcosa da allora?
«Bisogna
uscire, per chi ancora lo avesse, da quel tabù. Ormai il Veneto
guarda alla modernità, all’inclusività, al rispetto umano.
Occorre capire che non stiamo parlando di cose fantascientifiche o di
comportamenti contro la natura. Si tratta fondamentalmente di pochi
casi, che in un anno si contano sulle dita di una mano in Veneto,
relativi a persone che non si riconoscono nel loro genere. Come si
dice, sono nate nel corpo sbagliato, dopodiché hanno compiuto un
percorso giuridico, fino ad arrivare ad avere in mano una sentenza di
Tribunale. A me spiace che qualcuno in passato abbia fatto certi
commenti: “Si fanno operare per andare a prostituirsi”.
Ma come si può dire una cosa del genere?».
Eppure
è stato detto.
«Qui
stiamo parlando di una difficoltà ad accettare il genere che la
natura ha dato. Basterebbe conoscere l’embriogenesi che, io ho
studiato all’Università, per capire come si determina il carattere
sessuale nell’embrione e quando in alcuni casi il carattere non è
così determinato o determinante. Ecco perché dico che per me è un
fatto di civiltà».
È anche un fatto di Lea, una prestazione
che il Servizio sanitario regionale ha l’obbligo di garantire.
«Per
me prima viene il fatto di civiltà. Ma poi giustamente è vero anche
quello: forse qualcuno non ha capito che siamo davanti a un Livello
essenziale di assistenza, non a un vezzo».
Era stato Nicola
Finco, al tempo capogruppo della Lega,
a parlare di «perversioni» e «vizi personali che non possono
essere pagati con soldi pubblici».
Sicuro
che questa volta non saranno nuovamente presentate mozioni di
contrarietà anche dal suo partito?
«Rispetto
le idee di tutti, al punto tale che faccio una delibera come questa,
che non mi riguarda personalmente. L’amministratore non può avere
una visione egoistica e personalistica. È un po’ come quando si
parla di fine vita. Non si può dire: finché ci sono io, questi temi
non verranno toccati. O come quando si discute di aborto: approvare
la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, non significa
essere a favore di quella pratica, ma assicurare l’esercizio di un
diritto, che è un’altra roba. Come ho scritto nel mio libro, chi
fa politica deve garantire le libertà, non limitarle».
Come
valuta il ripensamento sul tema da parte dell’assessore Elena
Donazzan?
«L’assessore
ha fatto il suo dovere, punto. Quello che deve fare un amministratore
corretto, davanti a una delibera come questa, è solo una cosa:
votarla».
Perché
avete scelto l’Università di Padova e quindi l’Azienda
ospedaliera?
«L’accademia
ci dà totale tranquillità, perché il progetto sarà validato
scientificamente. Una volta autorizzati dopo una lunga trafila,
questi interventi chirurgici sono molto complessi, in quanto
prevedono professionalità ad altissimo livello. Non è facile averle
poiché ci vuole casistica, quindi immagino che ci sarà un’osmosi
con professionisti a livello nazionale e internazionale».
È
un segno politico il fatto di aver spostato il centro dal
privato-accreditato al pubblico?
«Non
è uno smacco verso i privati. Abbiamo scelto di mettere in piedi una
struttura molto articolata che, mi rendo conto, un privato ha
difficoltà a gestire. Grazie all’Università avremo una squadra di
professionisti che potranno occuparsi anche di altri interventi
importanti nell’area genitale».