Ambientalismo
21 gennaio 2023

Pur di spingerci all'ecocatastrofismo riscrivono anche la storia delle guerre puniche

https://www.youtube.com/shorts/zWHrBvTE25A


ANNIBALE


Mi si segnala un breve video – meno di un minuto – firmato La7-attualità e sponsorizzato da Sorgenia, una rispettabilissima azienda, il cui impegno – spiegano nel loro sito – è duplice: primo, favorire la transizione energetica, cioè favorire gli interessi dell’azienda medesima, che è impegnata nei legittimi affari delle energie rinnovabili, fotovoltaico innanzitutto; secondo, salvare il pianeta, che è la ragione unica per dare un senso alla transizione energetica. Perché se non ci fosse alcun pianeta da salvare, allora transire alle rinnovabili, comunque impossibile, non sarebbe neanche desiderabile. In definitiva, chi fa affari con le rinnovabili è obbligato ad almeno avere un pianeta da salvare. Salvare da cosa? Dalle non rinnovabili, cioè dai combustibili fossili, che producono CO2, che cambierebbe il nostro clima. Rigorosamente in peggio. Chi (come me) afferma che la CO2 che emettiamo non cambia il clima, né in peggio né in meglio, è pertanto nemico della Sorgenia, e da essa è bollato come venditore di bufale climatiche. Ed infatti il video in parola è titolato «Bufale climatiche in pillole: Annibale e gli elefanti africani». 


Il video vorrebbe smontare la seguente presunta bufala: il cosiddetto Periodo caldo romano non è mai esistito. Per smontare la presunta bufala, La7-attualità e Sorgenia si affidano alla voce di una dottoressa in fisica, tale Serena Giacomin. Fatemi riportare le parole precise della dottoressa: «Nel 218 a.C. Annibale attraversò le Alpi con 37 elefanti. Ci riuscì perché faceva più caldo di oggi? L’esercito arrivò sotto i pendii alpini nel mese di ottobre e, come testimoniano gli storici del tempo, questi poveri elefanti dovettero attraversare passaggi innevati e anche pericolose lastre di ghiaccio. Dei 37 elefanti ne sopravvisse solo 1: quindi no, a quel tempo le Alpi non erano più calde di oggi. La storia di Annibale lo racconta, i dati scientifici lo dimostrano. Oggi le nostre Alpi hanno la febbre».


Secondo la curiosa logica della dottoressa, siccome dei 37 elefanti ne sopravvisse solo 1, allora sarebbe dimostrato che il Periodo caldo romano è una bufala. Non sovviene alla dottoressa che, in realtà, dei 37 elefanti non ne è sopravvissuto alcuno (visto che anche gli elefanti muoiono). Ella cita gli storici del tempo, ma temo che non li abbia neanche letti, il che non è bello per una che è stata educata a far la scienziata. Leggiamo insieme Polibio, allora, e fatemi riportare alcuni stralci ove lo storico scrive degli elefanti di Annibale.


«Giunto nelle vicinanze del Rodano, Annibale si accinse subito a tentare di attraversarlo. Il problema che lo metteva maggiormente in difficoltà era come far passare gli elefanti, che erano 37. Il modo in cui fecero passare gli elefanti fu il seguente». 


Mi spiace privarvi dell’affascinante racconto della costruzione del poderoso sistema di zattere che consentì all’esercito intero e ai 37 elefanti di attraversare il Rodano, e procediamo oltre, quando Annibale – secondo le più accreditate ricerche – attraversa, portandosi a quasi 3000 metri di quota, il passo delle Traversette. Ridiamo la parola a Polibio.


«La pianura del Po è separata dalla valle del Rodano dall'alta catena principale di queste montagne, che partendo da Marsiglia si estende fino alla testa dell'Adriatico. È questa catena che Annibale attraversò per entrare in Italia dalla valle del Rodano. Annibale avanzò fino alla sommità del passo. In queste circostanze gli elefanti gli furono di grande aiuto, perché il nemico non osava mai avvicinarsi alla parte della colonna in cui si trovavano questi animali, spaventato dalla stranezza del loro aspetto. Dopo nove giorni di ascesa, Annibale raggiunse la vetta e vi si accampò per due giorni». 


«Il giorno successivo sciolse il campo e iniziò la discesa. In un solo giorno riuscì a creare un passaggio sufficientemente ampio per il treno da soma e i cavalli; così li portò subito dall'altra parte e, accampandosi, li mandò al pascolo, e poi portò i Numidi in staffetta a lavorare per costruire il sentiero, cosicché con grande difficoltà in tre giorni riuscì a far passare gli elefanti, ma in condizioni miserabili per la fame. L'intera marcia da Cartagine gli era costata cinque mesi, aveva impiegato quindici giorni per attraversare le Alpi e ora, quando scese così audacemente nella pianura del Po, le sue forze superstiti ammontavano a dodicimila piedi africani e ottomila iberici, e a non più di seimila cavalli in tutto, come egli stesso afferma nell'iscrizione sulla colonna di Lacinio relativa al numero delle sue forze». 


«Quando vide che i Romani avevano attraversato il fiume, Annibale si schierò con la fanteria in un'unica linea, mentre divise la cavalleria e la dispose su ogni ala, dividendo anche gli elefanti e mettendoli davanti alle ali, in modo che i fianchi fossero doppiamente protetti. Alla fine, entrambe le ali di Tiberio, pressate sul davanti dagli elefanti e sui fianchi dalle truppe armate leggere, furono respinte sul fiume alle loro spalle. Mentre le retrovie del centro romano subivano pesanti perdite, quelli che erano in avanguardia sfondavano lo schieramento cartaginese. Ma, vedendo che entrambi i loro fianchi erano stati costretti a uscire dal campo, impauriti dalla numerosissima cavalleria e ostacolati dal fiume e dalla forza e dalla pesantezza della pioggia che si abbatteva sulle loro teste, si ritirarono su Piacenza. Degli altri, la maggior parte fu uccisa vicino al fiume dagli elefanti e dalla cavalleria». 


«L'esercito cartaginese, dopo aver inseguito il nemico fino al fiume, non potendo avanzare oltre a causa della tempesta, tornò al proprio campo, soddisfatti del grande successo. Tuttavia, la pioggia e la neve che seguirono li fecero soffrire talmente tanto che tutti gli elefanti morirono, tranne uno, e anche molti uomini e cavalli morirono per il freddo. Annibale stesso, sull'unico elefante rimasto, riuscì ad attraversare con molta difficoltà e sofferenza, a causa di un grave attacco di oftalmia, che alla fine lo portò alla perdita di un occhio, non avendo avuto il tempo di fermarsi per curarlo, poiché le circostanze rendevano la cosa impossibile».


Allora, se è vero che alle altezze raggiunte da Annibale, l’armata incontrò anche neve e ghiaccio – che v’era allora così come, a quelle altezze, v’è anche ora – è anche vero che le circostanze non erano così impervie da impedire un passaggio che ora non sarebbe possibile perché i ghiacciai, ora, non sono sufficientemente ritirati. Gli elefanti passarono, giunsero a valle e furono coinvolti nella battaglia contro Tiberio. Perirono, sì, ma non per la traversata delle Alpi, ma per il severo evento meteorologico – uno dei tanti che c’erano allora come ce ne sono oggi – di una tempesta e nevicata in pianura nel mese di novembre.


Gli uomini che sono di scienza non sono così sprovveduti da sostenere l’esistenza del Periodo caldo romano perché Annibale attraversò le Alpi ma, al contrario, è il Periodo caldo romano – attestato da decine di studi – che fa comprendere come l’impresa fu possibile. Solo gli sprovveduti possono sostenere che il Periodo caldo romano non ci fu perché 36 elefanti su 37 morirono attraversando le Alpi. Cosa peraltro falsa: gli elefanti non morirono durante la traversata, ma dopo. Tutti.


Franco Battaglia



FIGURA. Avanzamento (valli bianche) e ritiro (gobbe nere) dei ghiacciai Alpini durante gli ultimi 12.000 anni, con intervalli di 1000 anni. All’estrema destra del grafico è oggi, all’estrema sinistra 12.000 anni fa. Procedendo da destra verso sinistra sono ben evidenti, la Piccola era glaciale (prima valle bianca da destra) il Periodo caldo medievale (prima piccola gobba nera), il Periodo caldo romano (seconda gobba nera) e la piccola gobba nera (la terza) in corrispondenza degli anni dell’impresa di Annibale. [Fonte: W. Kutschera et al., The Tyrolean Iceman and his glacial environment during the last 12.000 years, Radiocarbon, volume 59, 2017]



https://www.cambridge.org/core/journals/radiocarbon/article/abs/tyrolean-iceman-and-his-glacial-environment-during-the-holocene/B4CBBBF4A23BDBE4EC5B305EA526E46A














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