Energia
02 ottobre 2022 ANZICHÉ PUNTARE AL TAGLIO DEI CONSUMI INVESTIAMO SUL NUCLEARE E SUL CARBONE POLITICA ENERGETICA PER L’UOMO DELLA STRADA Se mi è concesso vorrei dedicare questo articolo a Giorgia Meloni. La brava leader ha dimostrato qualche insicurezza sulla politica energetica, cosa comprensibile perché non si può sapere tutto. Se sarà presidente del Consiglio, come tutti noi ci auguriamo, presumibilmente, anzi necessariamente, si affiderà a consulenti, i quali dovranno restare entro i confini delle linee politiche generali del nuovo premier. Tanto per dire: lavoro e non decrescita felice. I consulenti, sempre tutti bravissimi, hanno di solito alcuni handicap: sono affetti dalla sindrome del re nudo, cioè per compiacere il loro committente non dicono tutta la verità, o la dicono a metà il che è peggio; a volte sono invischiati in interessi personali anche all’insaputa del proprio committente; infine, come tutti, tengono famiglia. Qui non siamo consulenti di nessuno e ci prendiamo la libertà di parlare a ruota libera. Energia. Una cosa dovrebbe essere ben chiara: quanta più energia usiamo (ho scritto usiamo, non sprechiamo) tanto più elevato è il nostro benessere. Chiunque si proponga di ridurre i nostri consumi energetici si propone, di fatto, di farci vivere peggio e più poveri. Qualunque lavoro si faccia, comporta l’uso di energia e lo stesso qualunque prodotto si produca. L’Italia non ha oro, diamanti, petrolio, carbone o gas, ed è per questo che la nostra repubblica è fondata sul lavoro. E il lavoro richiede l’uso di energia. Più lavoro c’è, più energia serve. Un buon presidente del consiglio mai chiederà al proprio popolo di risparmiare energia. Ammesso che la cosa significhi qualcosa – ma non significa molto, come ora vediamo. Risparmio energetico. Non significa non sprecare energia (cioè consumarla quando non serve): risparmiare energia significa non servirsene quando invece, per una ragione o per un’altra, si desidera usarla. Quindi il risparmio energetico è un male. In realtà, risparmiare energia non è il termine corretto da usare, perché il termine corretto sarebbe risparmiarne la fonte. In realtà neanche questo è il termine corretto: risparmiare energia significa risparmiare denaro. Se risparmiamo energia è perché siamo più poveri del desiderato. Chiariamo meglio questo punto con due esempi. Se avessimo la tecnologia per trasformare la materia in energia, basterebbero meno di 10 metri cubi d’acqua per soddisfare il fabbisogno energetico annuo dell’umanità. Naturalmente non abbiamo questa tecnologia, ma si dovrebbe già comprendere che risparmio energetico non significa risparmio d’energia. Per farlo capire, sperabilmente, meglio, considerate l’ipotetico impianto elettrico di casa vostra alimentata da pannelli fotovoltaici: potreste lasciare le luci di casa accese H24, no? Quindi il punto non è risparmiare energia in quanto tale. I due esempi si riferiscono a situazioni in cui la disponibilità d’energia è infinita – o virtualmente tale – e non v’è ragione di risparmiare un bene infinito. Allora, risparmio energetico sembrerebbe, piuttosto, risparmio della fonte energetica finita, come lo sono le fonti di cui oggi si alimenta l’umanità: petrolio, gas, carbone. Ma anche così non stiamo cogliendo il punto: perché mai dovremmo risparmiare un bene finito? Per farlo durare di più? Mmh... Se il carbone finisce fra 500 anni, risparmiarne il 10% lo farà finire fra 550 anni: non sembra un gran traguardo. Allora risparmio energetico significa non risparmio d’energia in sé, e neanche risparmio della fonte d’energia: significa solo risparmio di denaro, perché l’energia non è disponibile in Natura nella forma che ci serve, ma va trasformata e la trasformazione costa denaro, come costa denaro la fonte di partenza. Meno energia usiamo, meno beni produciamo o meno servizi forniamo, e inferiore sarà il nostro benessere materiale. Efficienza energetica. È un’ottima cosa da perseguire, però bisogna essere consapevoli che cozza coi propositi di risparmio: quando un bene è disponibile con maggiore efficienza, allora aumenta il suo uso. Tutto torna, quindi: efficienza energetica e risparmio energetico sono antitetici e, infatti, il primo non va perseguito ma la seconda sì. Un bravo politico mai si riproporrà promotore sia dell’efficienza e sia del risparmio energetico, ma solo della prima. Mix energetico. Allora, il criterio per una politica energetica sana è necessariamente economico. Ma non basta: non possono trascurarsi alcuni aspetti tecnici che van ben compresi. Anzi, il mondo occidentale è un po’ nei guai in politica energetica proprio da quando essa è stata tolta ai tecnici e messa nelle mani degli economisti. Siccome v’è la tendenza a voler elettrificare il più possibile – perfino, e inspiegabilmente, anche l’autotrasporto – vediamo allora quale dovrebbe essere il mix elettrico ideale, ove i papabili nel mix sono: nucleare, carbone, gas, idroelettrico (che tutte insieme chiameremo tecnologie tradizionali), eolico e fotovoltaico (che chiameremo tecnologie non-tradizionali). Per determinare codesto mix bisogna tener presente la curva di carico elettrico che, per l’Italia, è mostrata in figura per il giorno più importante della storia dell’umanità, il 15/12/2021 (giorno del mio compleanno). Figura. Tipica domanda elettrica dell’Italia nell’arco delle 24 ore (Fonte: Terna) Come si vede, il minimo di assorbimento elettrico – intorno alle 3 del mattino – ammonta a circa 28 GW (gigawatt): detto diversamente, il nostro Paese assorbe H24 almeno 28 GW, che è il carico di base. Può essere soddisfatto dal fotovoltaico? No, perché tra le 4 del pomeriggio e le 9 del mattino il fotovoltaico conta zero. Dall’eolico? No, perché non abbiamo alcuna garanzia che il vento soffi come desiderato e produca quei 28 GW; anzi, l’esperienza ci dice che vi sono giorni in cui il nostro parco eolico di oltre 10 GW, produce meno di 1 GW. Per farla breve, dobbiamo avere installati 30 GW tradizionali che producano H24. La tecnologia più adatta a operare in modo continuo è il nucleare: si carica il combustibile e l’impianto, se non viene fermato apposta, produce senza sosta. Inoltre, gli impianti nucleari hanno costi fissi elevati e costi di combustibile molto bassi, cosicché, operando in continuo ammortizzano i costi in modo ottimale. Il carico superiore a quello di base, diciamo compreso fra i 25 e 45 GW che il Paese richiede fra le 6 del mattino e mezzanotte va benissimo soddisfatto dal carbone. Anche questi impianti hanno costi fissi elevati (non elevati come quelli nucleari) e costi di combustibile bassi (non bassi come il combustibile nucleare). Il carbone è reperibile da varie parti del mondo ed è facilmente trasportabile. Il carbone dovrebbe soddisfare anche la domanda che abbiamo assegnato al nucleare in assenza di quest’ultimo. Infine, v’è la necessità di disporre d’impianti che siano attivi solo per soddisfare la domanda di picco, che raggiunge fino a 55 GW intorno alle 10 del mattino e intorno alle 7 della sera. Gli impianti ideali a questo scopo dovrebbero essere quelli che costano di meno e il cui combustibile costa di più, e questi sono gli impianti a gas, che si spengono e si riavviano velocemente. L’Italia, poi, che non ha combustibili di sorta e deve importarlo, farebbe meglio a usare quello che costa di meno (uranio e carbone), visto che trattasi di denaro a vantaggio estero. Si noti che il picco alle 7 della sera quando il fotovoltaico conta zero (e quando non è detto che il vento soffi come desiderato) comporta che di impianti tradizionali devono essercene tanti quanti necessari a soddisfare tutta la domanda elettrica: detto diversamente, gli impianti fotovoltaici ed eolici sono i-nu-ti-li, anche se fossero gratis – ma costano un occhio della testa; quanto agli accumulatori, essi virtualmente non esistono. Riassumendo, tolto un 15% di idroelettrico, il mix elettrico ideale sarebbe: 35-40% da nucleare, 35-40% da carbone, non oltre 10% da gas. Questo mix è compatibile con ciò che fa il resto del mondo, ove il carbone è la prima fonte elettrica e, nei Paesi a tecnologia avanzata, il nucleare è la prima o la seconda fonte. Nel resto del mondo, il gas si attesta al 20%: un po’ troppo, ma tant’è – non viviamo in un mondo perfetto. Ma l’Italia trae la propria elettricità al 50% dal gas: una evidente distorsione. Quindi, Putin o non Putin, l’Italia avrebbe il dovere di ridurre la propria dipendenza dal gas. Rigassificatori. Per quanto appena detto, l’Italia non ha bisogno di rigassificatori. Questi impianti usano il combustibile più caro in assoluto: gas naturale trasportato via nave a 160 gradi sotto zero. Per ogni rigassificatore che qualcuno suggerisce si installi in Italia, un governo responsabile installerebbe un paio di impianti a carbone. Gas. Nel programma di chi a breve governerà l’Italia sta scritto: «l’Italia innanzi tutto». Non l’Ucraina, non la Russia, ma l’Italia. E l’Italia ha bisogno del gas russo a basso costo. Dichiararsi neutrali e tirarsi fuori dal conflitto non significa tradire la Nato: la Turchia è nella Nato e, in ogni caso, non lo sono né l’Ucraina né la Russia. E non significa tradire la Ue: l’Ungheria è nella Ue. E, se proprio si insiste a volerla aiutare, l’Ucraina può essere aiutata lo stesso senza spedire armi e senza sanzionare la Russia. Nucleare. Ogni azione su esso non avrebbe effetti immediati, ma se si comincia oggi, fra 10 anni raccoglieremo i frutti. Se non avessimo interrotto il nostro nucleare nel 1987, oggi avremmo il mix ideale. E se non l’avessimo interrotto nel 2011, oggi staremmo molto meglio. Bollette. Per abbassarle nell’immediato, oltre che procedere col sostituire il gas col carbone, tagliare gli incentivi a fotovoltaico e ad eolico, e ricomporre i rapporti col nostro privilegiato fornitore di gas, andrebbero smorzate le speculazioni, non con un improbabile tetto Ue al prezzo del gas, ma imponendo agli importatori di gas il vincolo di venderlo a non oltre un tot percentuale (25-50%) del prezzo di acquisto – un provvedimento, questo, che il governo potrebbe adottare anche sùbito. Franco Battaglia Nota: Mi raccomando, scrivete GW e non Gw. Articolo pubblicato sul quotidiano LA VERITÀ il 2 ottobre 2022 ... |