di
Roberto PECCHIOLI
Si
parla spesso- specie da quando è iniziata la guerra in Ucraina- di
valori dell’occidente. Ascoltiamo severi signori e garrule signore
parlare, mano sul cuore e ciglia bagnate, elevando peana ai valori.
Strano contrappasso: sono gli stessi che hanno applaudito lo
smantellamento di ogni principio in questo angusto angolo di mondo.
Talvolta inalberano cartelli come quello della signora Cirinnà,
madrina del matrimonio omossessuale, pardon, ugualitario. “Dio,
patria, famiglia, che vita de merda”. Sgrammaticata volgarità. Un
altro valore dell’occidente, la terra del tramonto. Nell’ora del
crepuscolo, cambiano i nomi: l’Europa, la civiltà greco-romana e
poi cristiana (Cristianità ovvero Europa, poteva scrivere Novalis)
diventa occidente dopo una sottrazione e qualche addizione.
Lungi
dal rappresentare la geografia, occidente è oggi un concetto
politico: è l’Europa dimezzata senza la sua metà orientale, di
stirpe e cultura slava- più Israele che è in Medio Oriente, alcune
ex colonie britanniche e naturalmente gli Stati Uniti, i capoclasse.
Resta il dato astronomico: il luogo dove il sole tramonta. Il nome
come presagio.
I
valori dell’occidente si compendiano nel denaro e nell’accumulo:
senza limiti. E’ diventato perciò materialista, tecnocratico,
relativista, nemico della vita. Come ogni civilizzazione morente –
al di là della forza economica e militare- il carattere più
impressionante dei suoi valori riguarda l’ipersessualizzazione e
una volontà tenace di appropriazione generalizzata sino ai
fondamenti della vita, dal corpo fisico al controllo tecnologico
della coscienza.
Il
tutto è attraversato (l’occidente è “trans”) dalla smania di
non avere limite alcuno, di abolire ogni confine- materiale, morale,
economico- nonché dalla convinzione che l’esistenza non abbia uno
scopo e una direzione diversa dalla volontà soggettiva. Ciò conduce
a una disperazione sottile, a un malessere diffuso mascherato
dall’ansia di soddisfare desideri e capricci che rende schiavi di
molte dipendenze. Dai farmaci per placare l’ansia e la paura, alle
sostanze che consentono la “prestazione”, un obiettivo figlio
dell’insicurezza; da uno stato di continua tensione verso l’oltre
e il più – detto progresso- al bisogno compulsivo di beni
materiali e di seguire mode e condotte suggerite da un formidabile
apparato di comunicazione ed indottrinamento che- caso forse unico-
non viene percepito come tale dalla maggioranza.
Il
filo comune è estraneo alle altre civiltà, un incredibile odio di
sé che Roger Scruton chiamava oicofobia- il disprezzo per ciò che
si è- e agisce come tabula rasa, il vero nome della cultura
della cancellazione (un ossimoro, peraltro). Lo stupore massimo degli
storici futuri sarà scoprire come e qualmente la distruzione di ogni
radice, costume e cultura nostra fosse chiamata, nello stravagante
Occidente del XXI secolo, woke, risveglio. Concluderanno che i
suoi strambi abitatori vivevano a testa in giù.
Li
aiuterà- se non verrà bruciato nei falò postmoderni- la lettura di
George Orwell. Neolingua, bispensiero, Ministero della Verità e i
tre slogan scolpiti sul palazzo del potere: la
guerra è pace,
la
libertà è schiavitù,
l'ignoranza
è forza.
Ma
il vero valore dell’Occidente contemporaneo è il non pensare, nel
non voler pensare. L'ortodossia conformista è inconsapevolezza:
ancora Orwell. Sconvolge l’amore per le proprie catene, scambiate
per libertà. Come in un’aria famosa dell’operetta: oh Cincillà,
le tue catene son fatte di fior.
No,
le catene della terra del tramonto non sono fatte di fior. Si tratta
piuttosto di un impazzimento collettivo, inspiegabile con le
categorie della sociologia e dell’antropologia. L’unico paragone
è con il comportamento di quei cetacei che cercano la morte in massa
spiaggiandosi, trascinandosi sulla terraferma, l’elemento in cui
non possono vivere.
Su
questo riflettevamo leggendo di tre fatti che il circo della
comunicazione di massa ha celato o nascosto nelle “brevi”, le
notizie di poca importanza riunite in una colonnina giusto per
riempire il giornale.
In
California, Eldorado di ogni novità e tecnologia, Mecca del
progresso e vetrina dei valori d’occidente, è legge la possibilità
di trasformare i corpi dei defunti in concime, per contrastare i
cambiamenti climatici. L’esito del compostaggio può essere
consegnato ai superstiti affinché lo usino come meglio credono. Il
corpo umano morto è equiparato al letame: è questo il valore della
dignità umana nel dannato Occidente. Se le civiltà che ci hanno
preceduto si fossero comportate allo stesso modo, sarebbe
difficilissimo ricostruire il passato dell’Homo Sapiens futuro
concime. Inutile rammentare Antigone che muore per dare degna
sepoltura al fratello sconfitto. Anticaglie: il nuovo è un valore
d’Occidente.
In
Olanda- altro avamposto della civiltà mercantile, del progresso e
dei nuovi valori- è in vendita un gioco di costruzione il cui nome è
Crocifiggi tu stesso Gesù Cristo, con il punto esclamativo finale.
Vari pezzi staccati compongono la croce e il corpo del nazzareno, e
la confezione comprende un martello. Un invito agli inventori: fate
lo stesso con Maometto per vedere se valgono i valori dell’Occidente,
un altro dei quali è la blasfemia irridente, satanica.
In
Spagna, nel dibattito parlamentare su una legge – detta ley
trans- che permetterà cambio di sesso e aborto senza consenso
dei genitori ( 1,2, 3, enne) dall’età di dodici anni, la ministra-
si deve dire così- dell’uguaglianza Irene Montero, dopo aver
affermato che l’educazione sessuale è un diritto “dei bambini e
delle bambine” ha pronunciato la seguente frase: “ i bambini, le
bambine e “les nines” devono sapere che hanno diritto ad amare e
ad avere relazioni sessuali con chi vogliono, sempreché
consenzienti”.
Non
sappiamo come tradurre “les nines” espressione della neolingua
inclusiva, inesistente in spagnolo: bambini, bambine e poi un’entità
e un articolo ulteriori (les nines) per comprendere,
conformemente ai valori dell’Occidente, tutti i sessi (tre,
tredici, o trentatré) diversi dai due dell’oscuro passato in cui
uomini e donne non erano ancora trans né potenziale concime. Non
commentiamo il presunto consenso del bambini: basta il brivido che
proviamo al pensiero.
Sgomenta
la normalizzazione della pederastia e della pedofilia, con l’astuta
inversione: sarebbe un “diritto” dei bambini, non degli adulti
pedofili, un valore nuovo fiammante. Si resta stupefatti sapendo che
la Montero è madre (o genitore 1) di tre bambini (nines?). Il
suo sinistrissimo partito si chiama Unidas Podemos, Unite Possiamo,
l’unico movimento politico con il nome al femminile. Il fondatore e
capo storico è tuttavia un uomo, Pablo Iglesias, compagno della
Montero e genitore 2 dei “nines”, destinatari del diritto al
sesso infantile. L’espressione usata è relazioni sessuali “con
quien les da la gana”, con chi gli pare, con chi hanno
voglia.
Non
si hanno più parole, eppure tutto ciò va avanti: pederastia,
sessualizzazione dei bambini, inversione come orgoglio e medaglia al
merito, il corpo morto ridotto a letame, umiliazione di un simbolo
millenario diventato, come ogni altra cosa, oggetto di consumo nella
forma ripugnante di gioco della crocifissione. Davvero, gli “spiriti
animali” del capitalismo ultimo, frutto d’occidente.
Silenzio,
tutt’al più sguardi perplessi, ma nessuno prende posizione contro
queste derive. Amiamo le nostre catene, precipitati così in basso da
non accorgercene più. Il Grand Hotel Abisso è talmente giù che
fuggirne diventa impresa da speleologi. In Occidente non ci si può
più neppure esiliare; resta il mare aperto e il destino degli
scampati al naufragio della nave di Enea dopo la tempesta scatenata
da Giunone: rari nantes in gurgite vasto, pochi nuotatori
nell’immenso gorgo.
C’è
un’espressione: furia del dileguare, ossia ansia di distruggere,
usata da Hegel per criticare Rousseau (il capostipite dell’Occidente
odierno): l’obiettivo ultimo della società “naturale e virtuosa”
del cattivo maestro ginevrino sbocca in un vuoto dagli esiti
catastrofici. E’ l’infezione dell’Occidente malato di arroganza
e di accumulazione, il cieco caterpillar che schiaccia tutto
per trasformarlo in merce, compravendita, scambio. Il capitalismo
globalizzato invera con altri mezzi e altri fini la rivoluzione
permanente, una sorta di trotzkismo capovolto. Del resto, molti
esponenti della cultura e della politica americana – motore
dell’impero d’Occidente- hanno un passato trotzkista.
Un
libro di Ida Magli, sociologa e femminista scomoda, l’ultimo di una
lunga vita, Figli dell’Uomo, espone verità sgradevoli che tendiamo
a respingere per la loro durezza. I bambini, i figli dell’uomo, non
sono stati affatto amati e protetti, nella storia: uccisi, sfruttati,
venduti, tratti in schiavitù, perfino mangiati, nei tempi di più
dura carestia, fatti oggetto di orribili pratiche sessuali. Mai,
tuttavia, il governo di una nazione civile –la Spagna romana una
volta cattolica, conquistatrice ma anche evangelizzatrice e non
schiavista come altre potenze depositarie dei “valori
dell’Occidente” – ha definito la pedofilia un diritto delle sue
vittime.
Aborto
e cambio di sesso liberi a dodici anni: avanguardie sì, ma del
nulla, come nichilismo puro è ridurre a concime il corpo umano
defunto, legalizzare la “buona morte” anche dei bambini,
sventurati figli dell’uomo (Belgio, Olanda), dei depressi e
addirittura dei poveri (Canada); odiare a tal punto i simboli di ciò
che siamo stati, come la croce, da farne giocattoli o strumenti di
pratiche erotiche, abbattere statue e monumenti. In Francia sarà
rimossa una statua di San Michele poiché non è sul sagrato della
chiesa, ma su suolo pubblico, contro la legge sulla laicità del
1905, ma soprattutto per non “offendere gli atei”.
Una
motivazione altamente simbolica: una civiltà muore piagnucolando di
offese a ogni minoranza vittimista, che si vergogna non di ciò che è
diventata, ma della grandezza passata, tanto conformista da
“decifrare il mondo con i sottotitoli della propaganda ufficiale “.
(J.P. Michèa). Non c’è che da augurare una rapida morte a questo
occidente, collaborando alla sua fine. Non ci vorrà molto, tra
denatalità, eutanasia, pandemie, estenuazione, aborti generalizzati,
inversione sessuale.
Il
punto di non ritorno è stato raggiunto. G.B. Vico indicava tre
caratteristiche, altrettante invarianze di ogni cultura umana. Tutte
hanno instaurato il culto dei morti, celebrato nozze pubbliche e
fastose e hanno avuto qualche forma di religione o spiritualità. Se
il grande napoletano non si equivocava, non siamo più una civiltà,
tutt’al più una civilizzazione, la fase discendente della civiltà.
I
valori dell’occidente sono quelli che vediamo. Meglio contribuire
alla dissoluzione finale, tenendosi in piedi tra le rovine,
mantenendo fermi i principi di sempre; diventare “cristalli di
massa” (E. Canetti), gruppi che resistono con l’obiettivo di
contribuire alla ripresa della civiltà e alla sua trasmissione.
Inutile
lottare contro la furia del dileguare. Occorre abbandonare
l’occidente al suo destino ormai segnato e formare mille fuochi,
oasi di resistenza e persistenza, coscienti di ciò che scrisse
Alasdair Mc Intyre nel brano finale di Dopo la virtù.
“E’
sempre rischioso tracciare paralleli fra un periodo storico e un
altro, e fra i più fuorvianti di tali paralleli vi sono quelli
tracciati fra la nostra epoca in Europa e Nordamerica e l’epoca in
cui l’impero romano declinava verso i secoli oscuri. Tuttavia certi
parallelismi esistono. Un punto di svolta decisivo in quella storia
antica fu quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal
compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare
la continuazione della comunità morale con la conservazione di tale
imperium. Il compito che si prefissero – spesso senza rendersi
conto pienamente di ciò che stavano facendo – fu la costruzione di
nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere
sostenuta, in modo che la civiltà e la morale avessero la
possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie e
oscurità. (…) Da qualche tempo anche noi abbiamo raggiunto tale
punto di svolta. Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di
forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale
e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli
oscuri che incombono su di noi. (…) Non siamo del tutto privi di
fondamenti per la speranza. Questa volta, però, i barbari non
aspettano al di là delle frontiere: ci governano già da parecchio
tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto a costituire
parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando non Godot, ma un
altro San Benedetto, senza dubbio molto diverso. “