Ambientalismo
14 settembre 2022 L'EMERGENZA È L'ENERGIA NON IL CLIMA. QUESTO ERRORE PUÒ CAUSARE DISASTRI INTERVISTA A LÁSZLÓ SZARKA È un grande onore per me intervistare László Szarka, professore di Geofisica all'Università di Sopron, membro dell'Accademia delle scienze ungherese (Asu) ed ex direttore del Centro di ricerca per l'astronomia e le scienze della terra. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, l’ultimo dei quali è la «Croce di cavaliere al merito», assegnatogli dal Presidente della Repubblica d'Ungheria. Professor Szarka, lei è un geofisico con eccezionale reputazione internazionale, la persona giusta cui porre domande sull'attuale politica climatica. Qual è il suo particolare campo di ricerca? «Ho iniziato nel campo della geofisica della terra solida. Ma ormai da oltre vent’anni sono coinvolto nella ricerca in scienze ambientali, che è un campo che necessita di una forte componente geofisica. Delle cose di cui vuol parlare, le dico sùbito che raggiungere il 100% di energia dalle rinnovabili, è impossibile, non foss’altro per il fatto che nessun impianto rinnovabile è stato o sarà mai realizzato dall'energia eolica e solare. Per costruire quegli impianti serve energia ad alta intensità e affidabile, che proviene solo da carbone, petrolio, gas naturale e nucleare, oltre che dall'energia idroelettrica, l'unica rinnovabile degna di nota». Quando è cominciato il suo scetticismo sull’emergenza climatica? «Diversi anni prima dell'11ma Assemblea dell’Associazione internazionale di geomagnetismo e aeronomia (Aiga), tenutasi a Sopron, in Ungheria, nel 2009, in qualità di Presidente del Comitato organizzatore locale ho incontrato molte persone, tra cui il Presidente dell’Aiga, il professor Eigil Friis-Christensen, che illustrava la sua scoperta della correlazione tra cambiamento climatico, attività solare e raggi cosmici, cosa che coincideva con le conclusioni che traevo io dai miei studi. Poi, in una disputa, a San Francisco, il noto fisico solare Willie Soon poneva una semplice domanda senza ottenere risposta: se i fatti ci dicono che le variazioni della CO2 atmosferica seguono (e non precedono!) le variazioni di temperatura, com’è possibile che la CO2 sia considerata la causa e la temperatura la conseguenza? Infine, quando nel Comitato ungherese dell'Anno internazionale del Pianeta Terra ci interessavamo alla classificazione delle sfide che l'umanità deve affrontare, trovavo che l'ordine di priorità stabilito dallo statunitense Richard Smalley, premio Nobel per la Chimica, era logico e perfetto: 1) energia, 2) acqua potabile, 3) cibo, 4) ambiente, 5) problemi sociali (popolazione, salute, istruzione, cultura, etc.). Ogni elemento della lista è un prerequisito per risolvere gli elementi successivi. Quest’ordine di priorità è in netto contrasto con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Oss) dell’Onu, oggi noti come Agenda 2030, che sono obiettivi confusi e fuorvianti: è intrinsecamente impossibile subordinare la politica energetica al clima, che è solo una piccola parte delle questioni ambientali». Conto d’intervistare il grande Willie Soon. Come vede lei la scienza ambientale? «Essendo la scienza del rapporto tra Natura e Uomo, a causa della componente “uomo”, essa è inevitabilmente anche una scienza sociale. L’ambiente è una selezione arbitraria del mondo naturale e i problemi ambientali non sono indipendenti dagli interessi umani. Ed è un dato di fatto che la scienza ambientale, con l'intera storia del cambiamento climatico al centro, è stata formata sin dalla sua nascita da precisi gruppi di interessi». A chi pensa? «Dalla fine degli anni Sessanta ritroviamo lo stesso nome in ogni tappa documentata. Si tratta di Maurice Strong, petroliere, diplomatico e faccendiere canadese che, pur privo di istruzione (abbandonò la scuola a 14 anni) divenne cionondimeno amministratore delegato di diverse compagnie, oltre che direttore dell’Università della pace, fondata dall’Onu. Principale organizzatore della prima Conferenza Onu sull'ambiente, Strong fu il padre dell'Ipcc, che a sua volta fu il motore della conferenza di Rio del 1992, ove nacque la Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici, che stabilì già allora di attribuire all’uomo ogni responsabilità». Strong moriva proprio nell’anno degli accordi di Parigi sul clima... Già. Gli Accordi di Parigi hanno messo in forma giuridicamente vincolante il 13mo Oss dell’Onu – azione per il clima. I governi si sono legati mani e piedi alla questione climatica, che è la base pseudoscientifica, e ora anche legale, della decarbonizzazione. Questa, però, è una grande idiozia, perché nelle profondità della Terra ci sono condriti carbonacee e non è possibile impedire il degasaggio di CO2 dall'interno della Terra nell'atmosfera. Il passo successivo è stato il Vertice dell’Onu sul clima del settembre 2019... «Sì, alla presenza di Greta Thunberg, che per quell’occasione attraversò in barca a vela l'Oceano. In quel Vertice dichiararono che avrebbero «cambiato il mondo attraverso il proposito di controllarne il clima». Non molte persone si rendevano conto che questa volta la parola "cambiare" doveva essere presa sul serio: si iniziò una nuova fase verso l'attuazione della governance globale, prendendo a pretesto la presunta emergenza climatica. Rammento con precisione gli sviluppi, poiché a quel tempo nel mio discorso inaugurale di membro dell'Accademia delle scienze ungherese, titolato «Terra e uomo», denunciavo le ossessioni irrealizzabili e le visioni antiumane che si prospettava d’imporre all’umanità».
Ma la cosa non finiva lì: seguirono gli incontri di Davos del World Economic Forum (Wef) e il Green new deal europeo, che si proponevano di «trasformare l’Europa nel primo continente climaticamente neutro». Infine, con l’avvento del Covid-19, Klaus Schwab, fondatore del Wef, pubblicava il libro «Covid-19: The great reset». Così, la parola "trasformare" ha avuto il suo significato definitivo e nudo: resettare il mondo intero, un programma globale accolto con favore da molti importanti politici, tra cui il Presidente della Commissione Eu. C'è una totale coerenza, persino armonia, tra le espressioni dei documenti dell’Onu, della Ue, del Wef e dell'Ipcc.
Infine, nel 2021 ci sono stati grandi sforzi per mettere il clima nell'agenda del Consiglio di sicurezza dell'Onu, ma Russia e India hanno votato contro, e la Cina si è astenuta.
Dai media è quasi impossibile raccogliere tali informazioni. «Il senso della realtà aiuta molto a capire le cose». Che tipo di politica ambientale ha in mente? «Penso che il patriottismo debba essere la vera base della politica ambientale. Il grande filosofo e accademico inglese Roger Scruton [scomparso nel 2020, ndr] ha introdotto il concetto di oikofilia (amore per la casa). La persona di tipo oikofilo si identifica con la famiglia, il luogo di residenza, la nazione, ed è fortemente radicato nel mondo reale, pur imperfetto. Tuttavia, c’è anche chi preferisce vivere nel sogno di una società immaginata di persone che la pensano tutte allo stesso modo, e in casi estremi si può parlare di oikofobia, che è il rifiuto ideologico di amare la casa, sentimento presente nei movimenti Verdi. Costoro sono solo "utili idioti" dell'élite globale, stanno lavorando insieme al programma Great Reset, ove la decarbonizzazione non è altro che il loro strumento più efficace. Se non riconosciamo queste cose da sùbito, la Ue crollerà». Qual è, in proposito, la posizione dei decisori politici in Ungheria? «Alla Conferenza di “Azione politica conservatrice”, tenutasi a Budapest nel maggio 2022, il Primo ministro Viktor Orbán disse una cosa molto importante: «Dobbiamo rendere a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio, e alla scienza quel che è della scienza». Allora il nostro dovere di scienziati è semplice: allertare i responsabili politici che il "consenso scientifico" è un concetto anti-scientifico, di origine tutta politica. Per fortuna la realtà fisica è dalla nostra parte, e i castelli di carta basati sull'ideologia prima o poi crolleranno». Franco Battaglia Attenzione: scrivete CO2 o CO2 ma non Co2. Articolo pubblicato sul quotidiano La VERITÀ il 14 settembre 2022 ... |