di
Roberto PECCHIOLI
Il
sole dell’avvenire sorge a Occidente. Strana condizione, opposta
alla realtà. Sulla terra il sole sorge a levante- da qui il nome- e
tramonta a ponente. Ex Oriente lux, dicevano gli antichi,
nell’ accezione naturale, religiosa e culturale. Ex Occidente
lex, completavano, ammirando l’ordine e la chiarezza del
diritto romano.
La
modernità ha visto sorgere a Occidente le teorie politiche che
l’hanno improntata, ma fu l’Oriente a metterle in pratica. Dalla
rivoluzione bolscevica e da quella cinese sino all’infatuazione
hippy per l’India, l’oriente, in varie forme, ha esercitato
un’immensa fascinazione sull’immaginario europeo e occidentale.
La terra del tramonto guardava con entusiasmo a oriente: lì sorgeva
il Sole dell’Avvenire, l’alba della rivoluzione politica e
antropologica.
Da
trent’anni le cose sono cambiate. L’avvenire ha perso molto del
suo fascino, tutto si è concentrato sul presente e la luce
dell’Oriente si è spenta. Nulla di sorprendente: la civilizzazione
che nega se stessa sino a contestare i fondamenti naturali non poteva
che rovesciare i dati della fisica e del senso comune.
Il
sole dell’avvenire collettivista sorto a Est tramonta, sfuma
nell’Occidente nichilista inventore di un’antropologia
rovesciata, che rende paradossalmente normale, addirittura vero, che
il sole sorga a occidente, se così vuole l’uomo-Dio, per
capriccio, sfida, hybris, o semplicemente per convenienza.
Il
sole dell’avvenire lo ha inventato il capitalismo, non il suo
antagonista e figlio degenere, il comunismo. Come spiega Jean Paul
Michéa, intellettuale francese socialista che rifiuta l’etichetta
di sinistra, “è dalla filosofia dell’illuminismo che l’ideologia
liberale ha sempre mutuato la totalità delle idee, Individuo,
Ragione, Progresso, Libertà, necessarie alla sua affermazione.” Lo
sapeva Karl Marx, il cui panegirico del ruolo rivoluzionario della
borghesia -la classe mercantile nel cui seno sorgeva l’avvenire
capitalista- capace di travolgere ogni vestigia del passato e di
tutto ciò che è altro da sé, è al centro del Manifesto Comunista.
Nessuna
concezione della vita e dell’uomo è più integralmente
rivoluzionaria e materialista di quella liberalcapitalista. Per Adam
Smith- i cui inizi furono da pensatore “morale” – lo scopo
dell’esistenza è lo scambio di beni in un ambiente quasi
esoterico, il Mercato, al fine di realizzare l’utile individuale,
la cui somma sarebbe il benessere di tutti. Nasceva allora il
progetto della modernità i cui contorni antiumani sono diventati
evidenti negli ultimi decenni. Ha vinto per la prima volta, nella
civiltà europea- diventata occidentale per l’irruzione
dell’America e il divorzio dalla cultura slava- la religione di
Mammona.
Non
potete servire Dio e Mammona, ammonisce Gesù. Mammona personifica il
profitto e la ricchezza materiale, valori indegni della complessità
della natura umana. Chi proclama diritti e non doveri, progresso e
uguaglianza, promettendo di rendere realtà sogni, desideri e
capricci è destinato a vincere nell’animo di generazioni alle
quali è stato estirpato il senso comunitario, ogni forma di
spiritualità e a cui viene assicurato che la felicità è un diritto
e corrisponde al possesso e al consumo di beni, nonché alla
possibilità/ obbligo di vivere qualunque tipo di esperienza. Il
capitalismo promette più di tutti e realizza per alcuni fortunati- i
ricchi - ciò che proclama, quindi non può che vincere sul suo
omologo collettivista, che aveva tuttavia un’intenzione morale
estranea all’immaginario liberale, liberista e libertario.
Il
sole dell’avvenire smette di sorgere a Est, diventando- contro
natura- simbolo dell’Ovest. Non più un punto cardinale ma il suo
contrario: il simbolo di chi non conosce limite e frontiera. Tutti
possono essere occidentali: basta volerlo, basta aderire alle parole
d’ordine del progresso, del consumo, dei diritti,
dell’individualismo. Facili, comode, suadenti, perfino
entusiasmanti. Fino a un certo punto, però. Da alcuni decenni- con
moto accelerato negli ultimi anni – il sole dell’avvenire sta
tramontando: il naturale destino d’Occidente.
L’assenza
di ogni limite, l’assunzione del profitto e del consumo- anche di
se stessi- come principio; la negazione dei fondamenti naturali e
biologici; l’idea che la vita non sia il valore più alto
(eutanasia; aborto “diritto universale” derubricato a zoologica
salute riproduttiva; ritorno della guerra) ; distruzione della
famiglia; cesura irrevocabile con ogni tradizione ricevuta;
ridicolizzazione di qualunque afflato spirituale e remora morale;
intronizzazione del presente come unico criterio di giudizio: non
costituiscono un eterno meriggio, ma conducono inevitabilmente alla
fine.
Tagliare
i ponti con il passato rende difficile il rapporto con il futuro.
Viviamo nell’odiernità liquida: ciò che è vero stasera,
domattina sarà superato dall’inevitabile progresso e l’asticella
sarà posta più in alto, sempre di più. Inutile credere in
qualsiasi cosa. Nessun avvenire, nessun sole che sorge, solo una
linea retta che avanza, sulla cui punta eternamente mobile è
obbligatorio posizionarsi. Un destino faticoso e privo di senso: la
corsa come obiettivo, il cammino che si fa orma momentanea di se
stesso.
Il
liberalismo è più di un’ideologia, e il capitalismo non è una
formula per organizzare la produzione, lo scambio e la distribuzione
di beni e servizi, bensì una visione totalizzante e articolata
dell'uomo, una precisa antropologia Che il capitalismo sia molto più
di un sistema di organizzazione economica è stato proclamato, quasi
un secolo fa, da Walter Lippman, analista del condizionamento dei
nascenti mass media sui pregiudizi mentali e teorici. Per Lippman le
cosiddette "leggi del mercato” (ex Occidente lex, anche
se falsa) esigono un necessario riadattamento nel genere di vita
delle masse e un cambiamento di consuetudini, leggi, istituzioni e
politiche, fino a trasformare “l'idea dell'uomo, del suo destino
sulla Terra e le sue idee sulla sua anima”.
Oggi
possiamo concludere che la trasformazione è compiuta, cambiando il
volto della vita umana. Il capitalismo ha esacerbato l'individualismo
e l'atomizzazione della società, la disordinata concupiscenza dei
beni materiali con la conseguente pletora di bisogni superflui,
l'indebolimento della vita spirituale e il decadimento di ogni fede e
principio.
Ha
completamente secolarizzato la vita economica, violando la
subordinazione della materia allo spirito. Mammona è diventata la
forza determinante delle società umane, che vedono in essa l'accesso
alla "liberazione" delle pulsioni e dei desideri. Così è
stato sin dalle origini del capitalismo; in questa fase culminante (o
terminale) assistiamo alla combinazione di capitalismo e mistica dei
diritti, che produce uno stato servile globale senza futuro.
Il
capitalismo è un’antropologia che forma l’uomo dai valori
invertiti il cui sole sorge ad occidente. Un individuo solitario
privo di ancoraggi che cerca solo la felicità soggettiva. Milton
Friedman arrivò a definire la società capitalista come "una
collezione di Robinson Crusoe". Altri, come il cattolico
liberale Michael Novak, la descrivono come il passaggio dalla
"comunità organica data" all'"associazione volontaria
costruita sulle scelte dell'individuo", in cui "ogni
persona deve badare a se stessa".
Un
conglomerato di individui sovrani che non sono né dipendenti né
soggetti gli uni agli altri (a meno che non si associno
volontariamente per interesse) è del tutto contraria alla visione
della civiltà europea di una comunità di destino unita per il bene
comune, in cui ogni persona viene al mondo con legami innati in un
determinato ambiente che gli conferisce un’impronta, dei costumi e
anche dei doveri.
Il
capitalismo non sostiene una società di eremiti (ne soffrirebbero il
consumo e il profitto) ma le associazioni che promuove sono sempre
utilitarie. Attraverso il mercato, connette più persone di qualsiasi
altro sistema economico e sociale precedente, ma tali forme di
connessione sono relazioni di individui slegati, atomi che non devono
nulla agli altri né si aspettano nulla dal prossimo. I legami
comunitari e naturali si dissolvono: come osservava Chesterton, il
capitalismo distrugge le famiglia, incoraggia i divorzi, provoca
concorrenza tra i sessi, mette l'una contro l'altra le generazioni,
costringe le persone a lavorare lontano da casa, tratta le virtù
domestiche con disprezzo, “al punto da provocare la morte di tutto
ciò che i nostri padri chiamavano dignità e modestia.”
In
compenso, fornisce un’illusoria libertà di scelta, fondamento dei
“diritti”. Per Friedman, non si tratta solo che il bene comune
non esiste, ma che, se esistesse, dovrebbe essere contrastato perché
distruttivo della libertà. Ma quale libertà? Una libertà negativa
non associata a un oggetto o obiettivo specifico. Non una libertà
con un fine (libertà di), ma una pura pulsione, una pretesa bulimica
e insaziabile (libertà da). Solo questa libertà negativa consente
il funzionamento della mano invisibile del mercato; se fosse
associata al raggiungimento di un bene comune, crollerebbe
l’impalcatura. Scriveva l’arci liberale Von Hayek che la libertà
individuale non può essere conciliata con qualsiasi scopo collettivo
della società.
Il
rifiuto di ogni obiettivo condiviso e di una nozione di bene comune
unificante la società si acuiscono quando il capitalismo afferma -
come Adam Smith - che la forza dominante nella vita è lo sforzo
uniforme, costante e ininterrotto di ogni individuo per migliorare la
propria condizione. L'uomo, secondo l'antropologia capitalista, è
solo un massimizzatore di interessi e di desideri, che non possono e
non devono, pena l’immobilità, essere mai del tutto soddisfatti.
L’uomo ideale del capitalismo deve organizzare l’economia
dell’illimitato per fare fronte a desideri altrettanto illimitati:
non ci può essere vita felice senza la soddisfazione del desiderio.
Per questa antropologia stiamo meglio quanto più consumiamo prodotti
ed esperienze, anche estreme, e la “crescita” è l’unità di
misura del benessere/ben-avere.
Si
è giunti a considerare un diritto soggettivo qualsiasi opinione,
capriccio o bizzarria soggettiva. Se affermassi di sentirmi donna, il
prossimo dovrebbe trattarmi come tale contro logica, evidenza, senso
comune. L’opinione, individuale, momentanea, revocabile, prevale
sulla realtà. La volontà diviene legge e diritto, esautorando la
dimensione pubblica e la logica. L’ispiratore è il famoso brano
dell’Emilio di Jean Jacques Rousseau noto come professione di fede
del Vicario Savoiardo, una sorta di antireligione universale basta
sul soggettivismo più estremo.
“Tutto
ciò che sento essere il bene è il bene, e tutto ciò che sento
essere il male è il male.” L’esaltazione di una falsa coscienza
ipersoggettiva - legge di se stessa- ha la conseguenza di invertire
l’ordine naturale, se così piace all’homo deus, orientato
h.24 dalla comunicazione e dalla psicologia sociale. Non era davvero
questo il sole dell’avvenire. Le masse popolari avevano creduto al
socialismo in nome dell’uguaglianza (e dell’invidia sociale) ma
nella cornice di una dimensione collettiva e comunitaria. L’
internazionalismo – lo rivela la parola stessa- non proponeva la
fine delle identità e delle appartenenze, come il globalismo
liberalcapitalista, ma la volontà di farle convivere senza la smania
di possesso e di potere, ovvero, in definitiva, degli “spiriti
animali” del capitalismo (Schumpeter). Il sole dell’avvenire non
conosceva l’anomia – ossia, per Emile Durkheim - il drammatico
salto tra aspettative e realtà, come nel continuo mutamento delle
società moderne.
L’epoca
in cui è derisa l’esperienza di ieri – residuo dell’oscurità
– e unico Dio è il progresso unito alla volontà soggettiva
(eterodiretta), ha capovolto ogni valore e credenza consolidata per
erigere un edificio in perenne costruzione privo di fondamenta. Di
revoca in revoca, di inversione in inversione, tutto ciò che è
stato sempre vero e ovvio diventa il male da abbattere spietatamente.
Il sole dell’avvenire ha bruciato i suoi banditori sino a
trasformarsi in luce che abbaglia e acceca.
Ex
Occidente lex, ma legge è quello che noi decidiamo sia tale. Se
questo tempo afferma che la neve è nera e il sole sorge ad
occidente, così sia. La natura non cambia le sue regole, come
immutabile è la biologia. Il sole dell’avvenire diventa il buio
dell’arroganza dell’uomo d’occidente, che dà credito a
menzogne mascherate da straordinarie scoperte sfuggite agli uomini di
tutti i tempi e di tutte le civiltà.
Scriveva
il poeta Juan Ramòn Jiménez. “E’ verità, adesso. / Ma è stata
talmente menzogna, / che continua ad essere impossibile, sempre.” Il
sole d’Occidente è il tramonto di una civiltà con un grande
avvenire dietro le spalle.