di
Roberto Pecchioli
Nel
quartiere del vostro scrivano c’è un circolo progressista da cui è
bello trarre ispirazione. Per fare e pensare, nel dubbio, il
contrario di quanto prescritto dai suoi illuminati dirigenti. Da mesi
uno slogan scritto su un lenzuolo ormai sporco invoca: uno straccio
di pace, il profondo contributo intellettuale di lorcompagni al
dramma ucraino. Ancora più interessante è la bacheca in cui fanno
bella mostra foto di eventi significativi ad uso dei passanti.
Un’immagine
immortala una manifestazione nella quale un paio di militanti,
dall’aspetto simile al leader delle “sardine” (diventato
consigliere comunale di Bologna senza trascurare l’orticello
privato di “erba” da fumo) esibiscono un cartello con la fatidica
consegna: “dalla parte giusta della storia”. La didascalia cita
le battaglie in corso da parte degli intrepidi cavalieri
dell’arcobaleno: ius scholae, libera cannabis, aborto
diritto universale. Tombola, o come dicevano i telecronisti delle
partite di tennis al colpo decisivo del vincitore, gioco, partita,
incontro. Et voilà, il progresso è servito. Più di ieri,
meno di domani, come le medagliette degli innamorati.
Non
interessa qui confutare o accogliere nel merito le opinioni dei
benemeriti progressisti, le autonominate “anime belle” di cui
parlava Friedrich Schiller. “Si
dice anima bella
quando il sentimento morale è riuscito ad assicurarsi tutti i moti
interiori dell'uomo, al punto da poter lasciare senza timore
all'affetto la guida della volontà e da non correre mai il pericolo
di essere in contraddizione con le decisioni di esso.” L’anima
prava di chi scrive è colpita piuttosto dallo slogan, compendio
totale dell’animus
di tanti occidentali contemporanei. La parte giusta della storia…
Vasto, formidabile programma, ritenersi interpreti addirittura della
storia, fiutarne il vento come segugi e porsi nella sua scia, felici
di stare dalla parte del giusto, coincidente con l’odierno, con il
sedicente spirito dei tempi (la volontà capricciosa e strumentale
dei potenti), con l’immancabile segno “più” nella casella del
Bene.
Ma
esiste o no, questo vento della storia, questo spirito ipostatizzato,
quest’intelligenza invisibile che spinge gli eventi e gli uomini in
una direzione precisa, che è oltretutto quella giusta, la misteriosa
saggezza superiore di cui alcuni – loro, i detentori della chiave
universale per distinguere il Bene - sono i portavoce autorizzati,
gli agenti monomandatari? La nostra risposta è no, un no rotondo,
franco, totale. L’illusione storicista è antica e radicata, ma non
per questo meno falsa. Strana credenza, quella di una storia che
procede lungo un sentiero definito, quello del progresso nella
definizione divulgata da una parte della cultura euro occidentale,
materialisti che non accettano alcun altro determinismo, alcuna
provvidenza o mano invisibile.
La
storia sarebbe un destino già scritto, in un’epoca in cui nel
destino non si crede più, porto svanito dei nostri passi incerti,
nascosto da una nebbia improvvisa, forse miraggio nel deserto.
L’ultimo destino conosciuto è quello dei nostri viaggi, delle
vacanze, un nome stampigliato sui voucher
in
attesa di diventare il fondale delle fotografie da mostrare alla
community
virtuale. Il preteso senso della storia (“giusto”, per di più) è
un’illusione, una credenza ingenua.
Inizialmente,
lo storicismo era un indirizzo filosofico del romanticismo tedesco;
fu Novalis il primo a usare il termine historismus,
per definire la
natura storica e progressiva della manifestazione della verità o
della ragione, frutto di un processo di sviluppo. Per Karl Marx, che
resta l’ispiratore degli entusiasti dello “spirito della storia”,
questa è
considerata da un punto di vista immanente come liberazione dell'uomo
attraverso la razionalizzazione progressiva e dialettica del rapporto
con la realtà. Mentre per l’idealismo il punto di partenza è lo
spirito (senza il quale nulla esiste, nemmeno la realtà), per lo
storicismo marxista il punto di partenza è la storia stessa. E’ il
nucleo del materialismo storico, i cui trucioli, gli sfridi di una
cultura affannata, si sono ibridati nel calderone del progressismo e
bruciano incenso a una fede spuria, quella nella “parte giusta”
della storia. Quella sbagliata, sembra di capire, è tale perché
perdente nel gran ballo della modernità.
Ecco
dunque che ogni novità gradita al preteso “senso della storia”
non può essere contrastata in quanto rappresenta l’avanzamento
della civiltà, anzi la civiltà stessa, la luce che sconfigge le
tenebre. Nessuno vuol vivere al buio, quindi se il pensiero dominante
– tale in quanto pensiero dei dominanti, ma questa lezione marxiana
lorcompagni l’hanno scordata- afferma che è un’ottima cosa
liberalizzare certe sostanza stupefacenti, questa è la direzione
“giusta” della storia. Se il mainstream
afferma che è un matrimonio l’unione di due persone del medesimo
sesso chi siamo noi per contestare il vento della storia?
Se
è ritenuto opportuno conferire uguali o maggiori diritti agli
stranieri rispetto ai connazionali, anche questo è il soffio della
storia. Ugualmente, se le oligarchie pensano che la specie umana sia
troppo numerosa sulla terra (eccetto loro, ça
va sans dire)
allora viva l’aborto diritto universale, intangibile, viva la
denatalità, evviva la morte procurata per togliere di mezzo in
fretta un po’ degli ospiti indesiderati del pianeta.
Si
ride amaro, amarissimo, leggendo su un giornalone (per fama
immeritata, non per autorevolezza o copie vendute) un’intemerata
preoccupata, un epicedio sulla natalità che diminuisce. Un problema,
che fare? Ma allora la storia non va a senso unico, ogni tanto prende
una sbornia e procede a zig zag. Senza giovani, senza figli, finisce
la società e un modo di vivere. Qualche fugace dubbio deve essere
sorto anche nelle menti dei devoti della Storia. Ma no, siamo tutti
uguali, perché preferire “noi” agli altri, se alla fine siamo
equivalenti, se tutti i gatti sono grigi? Egalité
e fraternité,
per la liberté
vedremo, prima sentiamo il parere dei Superiori, quelli che ci
controllano, ci sorvegliano, ci profilano, ci dicono se possiamo o
meno uscire di casa, se siamo positivi o negativi al tampone.
Il
farmacista come giudice supremo, il codice a barre come
lasciapassare, la rinuncia alla privatezza e all’intimità come
prezzo per vivere nella Storia che incede, simile alla Libertà che
guida il popolo del quadro di Delacroix. E’ il senso della Storia
con la maiuscola, anche se nessuno sa dire chi ha lo ha proclamato e
chi l’ha innalzato sul trono. Crediamoci.
A
rigore e per conseguenza dobbiamo credere che la libidine neo
autoritaria che pervade le oligarchie di potere (green
pass,
digitalizzazione dell’uomo, sorveglianza da remoto, “credito
sociale” alla cinese, scampoli di libertà concessa a punti, il
certificato postmoderno di buona condotta) siano la parte giusta
della storia. I diritti “giusti”, quelli da pretendere,
rivendicare, esigere con ogni forza non sono più quelli sociali:
diritto al lavoro, alla salute, ad avere una casa, un avvenire
sicuro, uno stipendio dignitoso, un orario e condizioni di lavoro
decenti, un livello di istruzione che consenta di capire il mondo e
distinguere il senso delle cose dalle idee dominanti e dalle
manipolazioni, i bisogni dai capricci.
I
diritti della parte giusta della storia, le battaglie e le leggi “di
civiltà” riguardano la sfera soggettiva, intima, pulsionale. Meno
libertà concreta, più diritti astratti. Non avrai nulla, non sei
nulla, ma puoi accoppiarti con chi vuoi, farti chiamare Cinzia,
Salvatore o XX31Z - i codici sono un altro dei venti soffocanti della
storia- puoi farla finita a spese dello Stato se non ce la fai più –
capita sempre più spesso, nel mondo disumano in linea con la Storia-
se non reggi più le dipendenze a cui ti hanno convinto, se non vuoi
più vivere in competizione con il tuo prossimo, se ti convinci di
essere tu il colpevole del tuo fallimento e non il clima folle
dell’ostilità, della divisione, dell’individualismo spinto, del
cinismo, dell’indifferenza.
Abbiamo
assistito a un incidente stradale: la persona ferita era sdraiata in
mezzo alla via, assistita da un soccorritore pietoso, ma il coro
strombazzante degli automobilisti esigeva strada, spazio. Togliete
quell’ingombro, abbiamo altro da fare, dobbiamo correre, chissà
dove, chissà a che scopo. Abbiamo dimenticato il senso della dignità
dell’uomo, conquista di questo pezzetto di umanità. Lo scopo è
l’affare, l’azione che porta denaro, piacere, arricchimento. E’
decadenza mascherata da ricerca della felicità. Strano senso della
storia che – per usare le sue stesse categorie - corre al
contrario.
Nell’Unione
Europea i finti padri costituenti hanno reciso la morale e l’etica
della civiltà cristiana, che non è confessionale, piuttosto un
umanesimo aperto al trascendente.
Il silenzio degli intellettuali non sorprende: funzionari a
tassametro che “tirano quattro paghe per il lesso”, come i
manzoniani odiati da Giosuè Carducci. Ma esistono, poi, al tempo
della parte giusta della storia, gli intellettuali, sostituiti dagli
influencer,
fatui personaggi il cui compito è attirare l’attenzione,
manipolare la gente al livello più basso, ricavando denaro in base
ai “mi piace”, il criterio veritativo della Storia in cammino,
l’ultima ordalia rimasta, il giudizio divino postmoderno?
Intanto,
i burattinai spiegano che le procedure della santa democrazia non
sono poi così intangibili; c’è l’emergenza e riaffiora il
vecchio Schmitt: sovrano è chi decide nello stato di emergenza. Non
il popolo, comunque, la cui sovranità è rinviata a data da
destinarsi, quando la Storia cambierà direzione. Basta con le
stanche procedure della rappresentanza, non per avere maggiore
partecipazione, ma affinché lorsignori abbiano le mani libere e
decidano per tutti. Loro sì che conoscono il senso della Storia.
La
democrazia è la partecipazione di un popolo al suo destino. Abolito
il popolo, rimosso il destino, che serve la partecipazione? Qualcuno
“sa” e tanto basti. In Italia abbiamo al governo i funzionari di
concetto dell’oligarchia al comando di un dirigente di grado più
elevato, Mario Draghi. Chi sono , se non plenipotenziari del potere ,
ovvero della parte giusta della storia perché vincente, i ministri
Colao – quello dell’ identità digitale- Cingolani, che ha
fissato in tre miliardi il numero massimo di esseri umani a spasso
per il pianeta, Speranza – il triste commissario all’epidemia-
Lamorgese, la signora che apre le frontiere, lascia entrare quattro
provocatori nella sede centrale del maggiore sindacato italiano,
flessibile con criminali di ogni colore, ma inflessibile con il
popolo manifestante e con chi difende ciò che è suo, vita, lavoro,
famiglia.
Ecco
la “parte giusta della storia”, ecco le sue oche giulive, i
progressisti e il popolo ubriaco perché se le beve tutte. Ecco
l’uomo denaturato e privato della sua parte più nobile, animale
senza innocenza che vuole tutto e subito nonostante la civiltà-
l’umanità stessa- sia la capacità, guidata dalla volontà, di
procrastinare, rinviare e qualche volta rinunciare. Ecco l’uomo che
non riesce più a credere ai suoi occhi: vede che tutto congiura
contro di lui ma non trae le conseguenze. Ecco l’uomo sterile,
adepto di una strana religione che esalta la lussuria e proibisce la
fecondità.
Pasolini
la chiamava acculturazione capitalista, la soppressione della
“prossimità più carnale degli uomini alla terra”, falsa
tolleranza concessa in cambio della soddisfazione di desideri che
neppure sospettava di avere. Herbert Marcuse la chiamò
desublimazione repressiva, una delle più orribili forme di
alienazione imposta, riprodotta nell’ uomo a una dimensione.
Contrordine,
compagni. Si trattava solo del senso della storia, della battaglia di
civiltà, del progresso che avanza. Chiediamoci, chiedetevi almeno
una volta al giorno, voi innamorati della storia, se il movimento di
cui siamo spettatori va davvero verso l’alto e “avanti”, o non
è un moto verso
il basso, il buio caotico, un ritorno igienico e sanificato allo
stato barbarico. Dite di essere intelligenti, tolleranti, pensosi,
riflessivi. Provate a riflettere, dunque, senza paura di quel che
vedrete una volta tolte le lenti rosa. Indignatevi, e non sarete più
spettatori plaudenti, la curva ultrà delle magnifiche sorti e
progressive.