di
Roberto PECCHIOLI
Prima
ci hanno decerebrato, denaturato, reso inoffensivi, docili animali
umani da salotto incapaci di difendere se stessi, proteggere figli e
famiglie, reagire ai soprusi. Adesso, messo alle strette dalla
geopolitica multipolare, il canuto, sfiancato Occidente, il Grande
Ospizio descritto da Eduard Limonov, sta elaborando un’arma
tecnologica nuova di zecca per conservare una stanca egemonia,
sottomettere i popoli al suo suprematismo, alla sua risibile
democrazia dominata dal denaro, alla sua litania dei diritti. E’ il
cervello umano, sì, proprio il contenuto delle nostre teste,
sterilizzate da decenni di propaganda, programmazione
neurolinguistica, esperimenti psico sociali.
L’apparato
militare-industriale (i due termini sono simbiotici) ha fatto un
ulteriore passo sulla strada della manipolazione umana, la via per
trasformare l’antiquato homo sapiens in un cyberuomo
sorvegliato da remoto, addirittura utilizzabile come arma.
Eterogenesi dei fini per il povero omino occidentale, pacifista,
tremebondo, impaurito, pazientemente programmato da generazioni. La
Nato, l’apparato militare che difende quel che resta del dominio
occidentale nel mondo, ha infatti aggiunto ai tradizionali ambiti
della guerra – terra, mare, aria- e ai più moderni spazio e
cyberspazio, un nuovo settore, il campo cognitivo.
Non
si tratta solo di trasmettere determinate idee o comportamenti, come
nella propaganda tradizionale e nelle operazioni psicologiche
(psyop), ma di alterare la cognizione, influenzando il processo
attraverso il quale arriviamo a idee, intuizioni, credenze, scelte e
comportamenti. L'obiettivo non è l’esercito nemico, ma l’uomo
comune, utilizzato come arma nelle battaglie.
“La
guerra cognitiva è uno degli argomenti più discussi all'interno
della NATO”, ha affermato il ricercatore François Du Cluzel. Lo
scienziato militare francese è autore di un articolo di capitale
importanza intitolato " Guerra cognitiva " per il think
tank Nato Innovation Hub. La guerra cognitiva si sovrappone
alla guerra dell'informazione, alla propaganda classica e alle
operazioni psicologiche, penetrando in profondità nel cervello dei
destinatari. In una guerra dell'informazione, si cerca di controllare
il flusso di notizie. Le operazioni psicologiche implicano
l'influenza di percezioni, credenze e comportamenti. L'obiettivo
della guerra cognitiva è “armare tutti” e “l'obiettivo non è
attaccare ciò che pensano gli individui, ma come pensano”. E’
una guerra contro la cognitività, il modo in cui il nostro cervello
elabora le informazioni e le trasforma in conoscenza. Mira
direttamente al cervello: consiste nell'hackerare l'individuo per
programmarne il cervello.
Ovvia
l’inquietudine di leggere – su una rivista di studi strategici
della principale alleanza militare del mondo- concetti e obiettivi di
questo tipo, che negano in radice la libertà individuale e la
democrazia – totem e tabù d’Occidente- e vanno addirittura a
intaccare la natura umana, la struttura antropologica e l’essenza
dell’umano. I dottori Stranamore della Nato, per conseguire
l’obiettivo di fare di ciascuno di noi un’arma, si rivolgono a
tutti i campi di conoscenza più innovativi: psicologia, linguistica,
neurobiologia, logica, sociologia, antropologia, scienze
comportamentali, “e altro”. Questo oscuro “e altro” può
significare qualsiasi esperimento sulla carne viva dell’essere
umano concreto, un immenso potenziale di pericolo per la nostra vita,
la nostra libertà, forse per la sopravvivenza stessa della specie
homo sapiens.
Un’operazione
gigantesca di architettura sociale che “parte sempre dalla
comprensione dell'ambiente e del target; l'obiettivo è
comprendere la psicologia della popolazione target". Target nel
linguaggio commerciale designa i potenziali acquirenti di un prodotto
o i destinatari di un messaggio pubblicitario, ma significa
obiettivo, bersaglio. Ce lo dicono con chiarezza: l’obiettivo siamo
noi, proprio io e te.
La
base rimangono le tecniche tradizionali di propaganda e
disinformazione, migliorate dalla tecnologia attuale e dai progressi
della conoscenza. “Ora il comportamento può essere previsto e
calcolato a tal punto”, continua Du Cluzel, “che l'economia
comportamentale guidata dall'intelligenza artificiale dovrebbe essere
classificata come scienza dura piuttosto che scienza morbida.".
La distinzione non è di poco conto, giacché la differenziazione
riguarda il rigore metodologico, l’esattezza e obiettività delle
conoscenze e delle tecniche. In parole semplici, le scienze naturali
sono considerate "dure", mentre le scienze sociali
(psicologia, sociologia, eccetera) vengono descritte come “morbide”.
Il salto è compiuto: gli scienziati al servizio della tecnostruttura
di potere ritengono di essere pervenuti a certezze, all’elaborazione
di metodologie indiscutibili dai risultati certi, prevedibili,
ripetibili su vasta scala. In corpore vili, il nostro.
Il
ragionamento non fa una grinza: poiché quasi tutti sono attivi su
Internet e sulle reti sociali, gli individui non sono più
destinatari passivi della propaganda; con la tecnologia odierna,
partecipano attivamente alla sua creazione e diffusione. La
conoscenza su come manipolare questi processi "è facilmente
armabile". L’ esempio è il caso Cambridge Analytica. Grazie
ai dati forniti volontariamente a Facebook, vennero stilati precisi
profili psicologici individuali, riguardanti una vasta popolazione di
elettori. Normalmente, le informazioni sono utilizzate per veicolare
annunci pubblicitari personalizzati, ma possono essere utilizzate per
altri scopi, come manipolare le elezioni e determinarne l’esito. La
guerra cognitiva "sfrutta le debolezze del cervello umano",
riconoscendo l'importanza delle emozioni nel guidare la cognizione.
La cyberpsicologia, che studia l'interazione tra esseri umani,
macchine e intelligenza artificiale rivestirà un ruolo sempre più
importante.
Altre
tecnologie sono le neuroscienze e le tecnologie NeuroS/T (Emerging
Neurosciences and Technology,
tecnologie e neuroscienze emergenti) oltreché le NBIC
(nanotecnologie, biotecnologie, tecnologie dell'informazione, scienze
cognitive), compresi gli sviluppi nell'ingegneria genetica. I
NeuroS/T possono essere agenti farmacologici, accoppiamenti
cervello-macchina, ma anche informazioni psicologicamente
disturbanti. Influenzando il sistema nervoso attraverso la conoscenza
o la tecnologia, si possono causare modifiche nella memoria, nella
capacità di apprendimento, nei cicli del sonno, nell'autocontrollo,
nell'umore, nell'auto-percezione, nella capacità di afferrare il
processo decisionale, nella fiducia e nell'empatia, nella forma
fisica e nel vigore. Du Cluzel scrive: "Il potenziale di
NeuroS/T di creare insight
e la capacità di influenzare la cognizione, le emozioni e il
comportamento degli individui è di particolare interesse per i
servizi di sicurezza e di intelligence,
e per le iniziative militari e di guerra. “L’insight è la
capacità di
vedere dentro una situazione, o dentro sé stessi: la percezione
chiara, l’intuizione di
fatti esterni o interni.
La
guerra centrata sui processi cognitivi individuali rappresenta un
allontanamento radicale dalle forme tradizionali di guerra, che,
almeno in linea di principio, cercavano di tenere fuori i civili.
Nella guerra cognitiva, il cittadino è l'obiettivo (target) e il suo
cervello il campo di battaglia. Cambia la natura della guerra, gli
attori, la durata e il modo in cui la guerra viene combattuta.
Secondo
Du Cluzel, " la guerra cognitiva ha una portata universale,
dall'individuo agli stati e alle multinazionali". Non si vince
più occupando il territorio o regolando i confini su una mappa,
perché "l'esperienza ci insegna che mentre la guerra nel regno
fisico può indebolire un esercito nemico, non raggiunge tutti gli
obiettivi”. Con la guerra cognitiva, l'obiettivo finale cambia:
"Qualunque sia la natura e lo scopo della guerra, alla fine si
riduce a uno scontro tra gruppi che vogliono qualcosa di diverso, e
la vittoria significa quindi la capacità di imporre il comportamento
desiderato a un pubblico prescelto". Si tratta dunque, di fatto,
di operare una conversione ideologica e comportamentale nella
popolazione target.
Il
nemico non sono solo i civili nei territori occupati, ma anche gli
stessi cittadini, che secondo la NATO sono facili bersagli per le
operazioni cognitive nemiche. “L' essere umano è l'anello debole.
Questo deve essere riconosciuto per proteggere il capitale umano
della NATO”. Poi giunge la franca confessione: “l’obiettivo
della guerra cognitiva non è solo quello di danneggiare i soldati,
ma anche le società. Questo modo di fare la guerra assomiglia a una
guerra ombra e richiede il coinvolgimento di tutto il governo per
combatterla”. La guerra può quindi essere combattuta con o senza i
militari, ed è potenzialmente infinita, “perché per questo tipo
di conflitto non si può concludere un trattato di pace, né firmare
una resa”.
E’
evidente che dietro la guerra cognitiva è condotta una battaglia per
il controllo del nostro cervello, ovvero delle idee, delle emozioni e
dei sentimenti, architrave delle credenze e delle scelte concrete.
Ciascuno di noi diventa un’arma, teleguidata da remoto o manipolata
da chi esercita il controllo sulla cultura, la comunicazione,
l’istruzione. Du Cluzel rileva che " il cervello sarà il
campo di battaglia del XXI secolo” e che gli esseri umani sono il
territorio da conquistare. “
Come
accade nelle società cariche di ipocrisia, tenta un’impossibile
giustificazione etica. “L'essere umano è molto spesso la
principale vulnerabilità e questo deve essere riconosciuto per
proteggere il capitale umano della Nato, ma anche per poter sfruttare
le vulnerabilità dei nostri avversari”. Tuttavia, il punto è
l’ammissione esplicita che " l'obiettivo della guerra
cognitiva è danneggiare le società, non solo i militari ". Lo
studio descrive questo fenomeno come l'armamento della scienza del
cervello. Ma sembra ovvio che lo sviluppo della guerra cognitiva
porterà a una militarizzazione della società umana, dalla
psicologia, dalle relazioni sociali più intime alla mente stessa.
Questa
militarizzazione onnicomprensiva si riflette nel tono paranoico del
rapporto, che avverte di " una quinta colonna integrata, dove
tutti, inconsapevolmente, si comportano secondo i piani di uno dei
nostri concorrenti ". Ecco i veri complottisti! In altre parole,
il documento mostra che la NATO vede la propria popolazione come una
minaccia, potenziali cellule dormienti nemiche, quinte colonne che
mettono in discussione la stabilità delle “democrazie liberali
occidentali.”
Lo
sviluppo di nuove forme di guerra ibrida arriva in un momento in cui
le campagne militari prendono di mira le popolazioni nazionali a un
livello senza precedenti. L' Ottawa Times ha riferito che
l’esercito canadese ha approfittato della pandemia per condurre una
guerra dell'informazione contro la popolazione, testando tattiche di
propaganda sui civili. Rapporti interni suggeriscono che questa
notizia sfiora solo la superficie di un'ondata di nuove tecniche di
guerra non convenzionali impiegate dalle forze armate occidentali in
tutto il mondo. " La guerra cognitiva cerca di cambiare non solo
ciò che le persone pensano, ma anche il modo in cui agiscono ",
ha scritto il governo canadese in una dichiarazione ufficiale.
“Gli
attacchi al campo cognitivo implicano l'integrazione di cibernetica,
informazione/disinformazione, psicologia e capacità di ingegneria
sociale. La guerra cognitiva posiziona la mente come uno spazio di
battaglia e un dominio conteso. Il suo scopo è seminare dissonanza,
innescare narrazioni contraddittorie, polarizzare l'opinione e
radicalizzare i gruppi. La guerra cognitiva può indurre le persone
ad agire in modi che possono sconvolgere o frammentare una società
altrimenti coesa.” Sulla coesione delle società occidentali
stendiamo un pietoso velo.
Per
Du Cluzel la guerra cognitiva è l'arte di usare la tecnologia per
alterare la cognizione degli obiettivi umani. Queste tecnologie
“integrano i campi delle NBIC: nanotecnologie, biotecnologie,
tecnologie dell'informazione e scienze cognitive. Il tutto forma una
sorta di cocktail che consente di manipolare ulteriormente il
cervello”. Il nuovo metodo di attacco “va ben oltre” la guerra
dell'informazione o le operazioni psicologiche. " La guerra
cognitiva non è solo una lotta contro ciò che pensiamo, è una
lotta contro il modo in cui pensiamo, e possiamo cambiare il modo in
cui le persone pensano ".
E’
in gioco il controllo su come il nostro cervello elabora le
informazioni e le trasforma in conoscenza. In altre parole, guerra
cognitiva non è solo un altro nome per la guerra dell'informazione.
È una guerra contro il nostro processore individuale, il cervello.
Il ricercatore della NATO sottolinea che “questo è estremamente
importante per noi militari " perché " ha il potenziale,
sviluppando nuove armi e nuovi modi per danneggiare il cervello, per
coinvolgere le neuroscienze e la tecnologia in molti approcci diversi
per influenzare l'ecologia umana, poiché tutti sapete che è molto
facile trasformare la tecnologia civile in tecnologia militare”.
Per
quanto riguarda chi potrebbe essere l'obiettivo della guerra
cognitiva, Du Cluzel conferma che riguarda tutti. “La guerra
cognitiva ha una portata universale, a partire dall'individuo fino
agli Stati e alle organizzazioni multinazionali. Il suo campo
d'azione è globale e mira a prendere il controllo degli esseri
umani”.
Se
crediamo ancora alla favola bella della libertà, dei diritti umani,
della democrazia, alla superiorità etica del modello liberal
liberista occidentale, allora probabilmente la guerra cognitiva ci ha
già raggiunto, manipolato e modificato nel profondo.