Cambiamenti Climatici
28 giugno 2022

LA SICCITÀ ERA PREVISTA E L'UOMO NON C'ENTRA

L’INTERVISTA A NICOLA SCAFETTA

Laureato in Fisica a Pisa e poi volato negli Stati Uniti dove ha conseguito il dottorato di ricerca e dove vi ha lavorato per oltre 16 anni, Nicola Scafetta è uno dei cervelli che ha fatto rientro in Italia: ora è professore di Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia alla Federico II di Napoli. Ho «scoperto» il professore nel 2009, ma naturalmente non aveva bisogno di me per essere scoperto: nel suo campo – la fisica solare, i sistemi complessi in generale e la climatologia in particolare – Scafetta è considerato un luminare a livello internazionale. La mia «scoperta» nasceva dal fatto che allora ero personalmente ben consapevole che le emissioni antropiche avessero poco o nulla a che fare col clima: la congettura della responsabilità umana fa acqua da tutte le parti. La consapevolezza era evidente da anni, a me come a chiunque minimamente istruito, senza bisogno neanche che si fosse scienziati. Però i cambiamenti climatici ci sono – ci sono sempre stati, in realtà – anche se io non ne conoscevo le ragioni, oltre quel che avevo imparato a scuola nei corsi di scienze.


Quando nel 2009 m’imbattei in un lavoro di Scafetta, mi si aprì un mondo: eseguendo un’analisi (tecnicamente si chiama analisi di Fourier) di una moltitudine di fenomeni periodici astrali, coinvolgenti il moto dei pianeti e alcune dinamiche solari, il professore aveva correlato la sinfonia di quelle periodicità con quelle del clima globale. Era un’analisi semi-empirica – né poteva essere diversamente, data la complessità del sistema (e quello climatico è forse il sistema più complesso che c’è) – ma, perbacco, il professore sembrava averci azzeccato. A questo qui, mi son detto, daranno il premio Nobel se la sua previsione sarà confermata. Eravamo nel 2009 e il clima del pianeta nei 13 anni successivi ha seguito la curva predetta dal modello di Scafetta e non quella predetta dall’Ipcc (che è l’organismo Onu che vorrebbe avanzare simili previsioni). Però il Nobel non glie l’hanno dato. Lo hanno dato invece all’Ipcc e ad Al Gore, ma per la Pace. Boh. Ad ogni modo, cosa fatta capo ha. E, comunque, Scafetta deve mettersi in fila, perché c’è Greta Thunberg prima di lui.


Nel frattempo, però, apprendo che Scafetta aveva già dal 2018 previsto la siccità di quest’anno. Nella tesi di laurea magistrale «La siccità in Campania nel 2017», che il professore ha assegnato alla sua studentessa Tatiana Rotondi, si può leggere: «nei prossimi 20 anni le piogge in media dovrebbero aumentare, ma nel 2022 dovrebbe esserci un’altra crisi idrica».


Professore, me ne vuol parlare?


Il 2017 fu considerato uno degli anni peggiori per la siccità in Italia, e così assegnavo quella tesi. Analizzammo le dinamiche delle serie di temperatura e piovosità in Campania dal 1900 al 2017. Il risultato più importante che trovammo fu che la variazione climatica non è stata lineare ma ciclica: un forte ciclo di circa 60 anni, con forti oscillazioni nella piovosità di circa 5 anni e altre. Seguendo questi cicli – che nulla hanno a che vedere con le emissioni antropiche che invece sono sempre aumentate in modo continuo e senza sosta – avanzammo la previsione che il 2022 (cioè 5 anni dopo il 2017) sarebbe stato un altro anno siccitoso per l’Italia con una probabilità dell’80%, una predizione che oggi sembra si stia verificando. Vedremo poi quello che succederà nell’autunno.



Figura. Cicli di piovosità 1970-2040: valori sperimentali in blu e previsioni del modello-Scafetta in rosso. (Fonte: Nicola Scafetta).


Lei è giustamente cauto. Visto che ci siamo, mi accenna anche al suo modello di previsione climatica?


Il mio modello riguarda l’evoluzione della temperatura globale. Analizzandola su lunghi periodi è più facile determinare se esistono influenze astronomiche sul clima. Infatti, i più importanti forzanti astronomici associati ai cambiamenti dell’attività solare, agli influssi mareali del sole e della luna sul clima terrestre e possibili altre cause legate alle variazioni dei flussi di particelle e pulviscolo interplanetario, sono fortemente caratterizzati dalle oscillazioni gravitazionali ed elettromagnetiche che avvengono nel sistema solare. Così ho voluto approfondire l’ipotesi che l’evoluzione climatica osservata sulla Terra durante gli ultimi 10000 anni potesse essere caratterizzata da oscillazioni ritrovabili nei dati astronomici.


Era il 2009 quando scoprivo che tutte le oscillazioni climatiche più importanti con periodi dai 5 anni in su, fino al grande ciclo millenario e a quello di circa 2300 anni di Bray-Hallstatt, sono coerenti con importanti cicli astronomici legati per l’appunto alle variazioni solari, a quelle mareali su lunga scala temporale e, in genere, alle più importanti risonanze gravitazionali del sistema solare. Tra questi cicli, i più importanti per il clima sono un ciclo di circa 9 anni (associato alle maree), i cicli di 11 anni (associati al ciclo delle macchie solari), e altri di 20, 60, 115 e circa 1000 anni. Il mio modello climatico usa questi cicli astronomici ed è in grado di riprodurre il cambiamento climatico naturale da oggi fino, andando indietro nel tempo, al periodo Romano.


Il sistema planetario appare altamente sincronizzato, come in una mirabile sinfonia celeste. E la variabilità dell’attività solare, ho potuto dimostrare, è sincronizzata dalle risonanze astronomiche orbitali su tutte le scale temporali, da quelle mensili a quelle multi-millenarie. Trovo la cosa affascinante.


Anche io. Quindi l’uomo c’entra poco col clima. Ha un commento sui programmi di riduzione delle emissioni di CO2?


Le politiche climatiche attuali si fondano su modelli climatici sbagliati, che non riproducono le oscillazioni climatiche. Ad esempio, il riscaldamento di circa 1 grado osservato dal 1850 ad oggi non è dovuto al 100% all’uomo come i modelli dell’Ipcc suggeriscono, ma è incorporato nella fase crescente del ciclo millenario ove sono incorporati anche il Periodo caldo romano, il Periodo caldo medioevale e la Piccola era glaciale col minimo termico nel 1690. Invece, il forte riscaldamento osservato dal 1910 al 1940 e poi dal 1970 al 2000, interrotto da un periodo di raffreddamento dal 1940 al 1970, è stato dovuto ai già detti cicli di 60 e 20 anni.


L’uomo potrebbe avere dato un suo contribuito ai cambiamenti climatici dal 1900 ad oggi, ma non v’è dubbio che tale contributo è notevolmente sovrastimato dai modelli computerizzati. Anche il riscaldamento riportato nelle sequenze climatiche globali è esagerato perché in parte dovuto a cause non-climatiche come all’aumento delle isole di calore dovuto all’urbanizzazione, circostanza che altera le rilevazioni strumentali.


Avranno un qualche effetto sul clima le riduzioni delle emissioni?

Quasi certamente no: i programmi di mitigazione climatica promossi dalla Ue e finalizzati a una riduzione drastica delle emissioni di CO2 (cioè la rinuncia dei combustibili fossili) saranno poco efficienti perché (1) i cambiamenti climatici dipendono in modo minoritario dalle emissioni antropiche e (2) perché nei prossimi decenni la maggior parte delle nazioni aumenteranno notevolmente le proprie emissioni di gas serra vanificando i sacrifici europei. Ad esempio, in questo momento i paesi asiatici stanno costruendo parecchie centinaia di centrali a carbone per assicurarsi grandi quantità di energia a basso costo.


Grazie, è stato illuminante. Auguri di buon lavoro.


Franco Battaglia


Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano LA VERITÀ il 28 giugno 2022








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