Siccome
in altri articoli si
è
parlato, magari solo accennato, dei neo conservatori
che provengono dalla sinistra trozkista, per
fare un minimo di chiarezza
riprendiamo
questo articolo del 2002 (venti anni fa) dal Blog
di Christian Rocca dal titolo
I
NEOCON, RIVOLUZIONARI NATI DALLA SINISTRA NEWYORCHESE
che
spiega chi
sono e come è avvenuta la metamorfosi.
***
New
York. Scrive il New
Yorker
che uno degli effetti collaterali della guerra in Iraq sia stato lo
sdoganamento della parola "neoconservative", espressione
coniata dall’intellettuale newyorchese Irving Kristol un bel po’
di anni fa. Con il suo consueto snobismo radical chic, il New
Yorker
ha colto nel segno anche perché "neoconservative" non pare
la definizione migliore per il piccolo, piccolissimo, gruppo di
intellettuali, giornalisti e politici più chiacchierato del momento.
Quella Spectre di falchi repubblicani che in Italia viene descritta
né più né meno come una setta di fanatici piduisti, secondo
l’Economist
sarebbe meglio chiamarla "neo radicale", perché i teorici
delle azioni preventive e dell’esportazione della libertà in Medio
Oriente vogliono cambiare il mondo, pensano sia possibile farlo e non
si rassegnano allo status quo. Sono idealisti e rivoluzionari, come
ha riconosciuto Daniel Cohn Bendit in un forum con Richard Perle
(membro dell’amministrazione
Bush)
pubblicato da Foreign
Police
(qui
è
Foreign
Policy
del CFR ma Foreign Police fa
venire in mente
Polizia per l’Estero. Quello
che poi sono stati gli USA sotto il controllo di costoro, Poliziotti
del Mondo. ndr)
e dal Foglio.
Il
New
York Observer,
settimanale della sinistra che spesso si distanzia dai radical chic,
ha raccontato una cosa poco nota: i neoconservative non sono una
cricca di washingtoniani con le mani in pasta nei palazzi del potere
federale. È
vero che il loro think tank di riferimento è l’American
Enterprise
di Washington, l’istituto di studi dal quale l’Amministrazione
Bush ha preso una ventina di persone. Ma il nucleo fondatore e i
finanziatori del movimento sono newyorchesi. I
neocon sono nati nella culla della sinistra americana, a Manhattan
risiedono i principali sponsor editoriali ed economici.
Il
movimento si è consolidato sulle ceneri delle idee visionarie di
Barry Goldwater, il leggendario e discusso padre nobile della
rivoluzione repubblicana poi attuata da Ronald Reagan. Ma le origini
intellettuali sono degli anni Trenta/Quaranta. Quelli che sarebbero
poi diventati i neoconservative hanno studiato al City College di New
York, ha scritto Gary Dorrien nel suo libro "The
Neoconservative Mind: Politics, Culture, and the War of Ideology".
I
neoconservatori nascono dalla vecchia sinistra newyorchese e da uno
strano miscuglio di ex trotzkisti,
sindacalisti e ala destra dei Democratici che negli anni Sessanta si
opponeva ai movimenti antagonisti e alle gloriose e progressive sorti
del socialismo. Detestavano lo snobismo dell’elite radical chic di
New York e i sentimenti antiamericani della sinistra. I neocon della
prima ora criticavano la "nuova classe non produttiva" che
si andava affermando in città, quella che in Italia ora si chiama
burocraticamente "ceto medio riflessivo" oppure "faccio
cose, vedo gente". In altre parole, i neocon avevano sul gozzo
la crema della New York liberal, quella eterna terrazza di Manhattan
cui partecipavano intellettuali, burocrati, psicologi, giornalisti,
consulenti e avvocati.
I
neocon non hanno mai costituito un blocco di potere. Come dice John
Podhoretz, figlio dei fondatori di Commentary, ex capo delle pagine
editoriali del Wall
Street Journal
e oggi opinionista del New
York Post,
"Bush è arrivato a queste idee da solo, non ha avuto bisogno
dei libri e delle riviste che abbiamo pubblicato. Forse la nostra
influenza è una specie di illusione". I neoconservatori hanno
soltanto preparato una cultura di cui il presidente si è servito al
momento delle decisioni post 11 settembre.
Oltre
ai due genitori di Podhoretz, l’altro padre nobile è Irving
Kristol, padre del William Kristol che fu capo dello staff di Dan
Quayle e oggi direttore di Weekly
Standard,
il giornale di idee neoconservative che sta a Bush junior così come
Commentary
stava a Reagan. Kristol padre ha scritto parecchi libri
sull’argomento, tra cui "Neo-Conservatism:
The Autobiography of an Idea",
e una serie di dieci audio cassette dal titolo "Reflections
of a Neoconservative".
Con questi saggi e con il libro di Mark Gerson "The
Essential Neoconservative Reader",
una raccolta di articoli definita "il meglio del pensiero
neoconservative", si può tracciare il profilo del perfetto
neocon: è un ex militante di sinistra, anticomunista, ferocemente
capitalista, contrario all’invadenza dello Stato, che crede
nell’uso del potere e della forza per promuovere gli ideali
americani di democrazia e libertà in giro per il mondo. Un’altra
caratteristica è: ebreo. Gli avversari puntano molto su questo
particolare, con toni che si credevano dimenticati nel mondo
occidentale. Ma i neocon, da buoni ebrei, sembrano divertirsi e ormai
le battute non si contano più. La più famosa è questa: l’unica
differenza tra un conservatore e un neoconservatore è la
circoncisione. Quando ad Ann Coulter, la cattivissima e biondissima
autrice di destra che dopo l’11 settembre aveva chiesto a Bush di
invadere i paesi musulmani, uccidere i loro leader e convertire i
loro popoli, le hanno chiesto se lei fosse una neoconservative ha
risposto: "No,
io sono una gentile".
Molti
neocon sono di religione ebraica, quasi tutti sionisti e sostenitori
di Benjamin Netanyahu. Ora si fidano anche di Ariel Sharon, al punto
che il New
York Sun,
altro piccolo giornale di idee neoconservative, sostiene che il primo
ad aver parlato di democratizzare il Medio Oriente è stato, il 18
ottobre 1991 all’Oxford University, "Woodrow Wilson Sharon"
(dal nome del presidente americano di sinistra che nei primi anni del
secolo scorso voleva esportare gli ideali democratici e liberali nel
mondo).
Uno
degli sponsor dei neocon è Rupert Murdoch, editore di Weekly
Standard,
e soprattutto proprietario di News Corp. la società dei newyorchesi
Fox
News
e New
York Post
(hanno sede sulla Sesta Avenue). Né Fox
né il Post
sono organi neoconservative, ma certamente non hanno avuto un
atteggiamento negativo nei confronti di Paul Wolfowitz, Richard
Perle, Robert Kagan, Douglas Feith, Kristol, Michael Ledeen (tutti
all’interno dell’amministrazione Bush)
e degli altri. Secondo il New
York Observer,
tra gli uomini dello squalo Murdoch ci sono anche dei neocon
dichiarati come Roger Ailes, presidente e amministratore delegato di
Fox
News
Corporation; Bob McManus, capo delle pagine degli editoriali del New
York Post.
Anche il Weekly
Standard,
il giornale più intrinsicamente neoconservative, ha un’origine
manhattanites. Il settimanale di Kristol è stato fondato in un bar
dell’Upper West Side, per la precisione sulla 72esima strada, che
non poteva avere un nome migliore per l’organo dei nuovi
rivoluzionari: "Utopia Coffee Shop".
Le
altre centrali newyorchesi del neoconservatorismo sono le pagine
degli editoriali e dei commenti del Wall
Street Journal,
la rivista Commentary
fondata da Norman Podhoretz e da sua moglie Midge Decter, e il New
York Sun
diretto da Seth Lipsky e finanziato da Bruce Kovner, presidente della
Caxton Corporation, e Roger Hertog, vicepresidente di Alliance
Capital Management. I due partecipano anche al capitale di The
New Republic,
autorevole settimanale della sinistra neo liberal che storicamente
guarda a destra. Il legame tra i neoconservative e The
New Republic,
di proprietà del grande amico di Al Gore, Martin Peretz, è così
forte che il direttore, Lawrence Kaplan, qualche mese fa ha scritto
"The War over Iraq: Saddam’s Tyranny & America’s
Mission", uno dei libri che meglio di altri ha spiegato la nuova
politica estera americana, insieme con William Kristol, direttore del
concorrente Weekly
Standard.
A New York c’è anche un think tank che, al pari dell’American
Enterprise,
diffonde le idee dei neoconservative, il Manhattan
Institute for Policy Research,
nel cui board siedono Kovner, Hertog, William Kristol e Mark Gerson.
Hertog e Kovner sono anche nel board dell’American
Enterprise,
mentre il solo Hertog è uno dei principali finanziatori di Shalem
Center,
una specie di American Enterprise israeliano. Un altro finanziatore
dei neocon è Lord Conrad Black, il magnate canadese dei media,
investitore nel New
York Sun,
e presidente della Hollinger International, nel cui board dei
direttori siede Richard Perle.
Da
qualche tempo anche la rivista National
Review,
(splendido il sito internet curato da Kathryn Jean Lopez), una volta
vetero conservatrice, strizza l’occhio ai neocon sulla politica
estera. Merito di Jonah Goldberg, figlio di Lucianne Goldberg, la
celebre agente letteraria dell’Upper West Side che ha consigliato a
Linda Tripp di registrare quelle conversazioni con Monica Lewinsky
che hanno poi portato all’impeachment di Bill Clinton. Lucianne
Goldberg (secondo il NY
Observer
"la Elaine Stricht del movimento neoconservatore") ha anche
un weblog (Lucianne.com) ed è così tosta che "se per
neoconservative si intende chi ama uccidere la gente e rompere le
cose, eccomi io sono una neoconservative".
Tra
le case editrici vicine ai neoconservative c’è la Doubleday
(Random House), guidata da Adam Bellow, figlio di Saul. Lo stesso si
può dire di Crown House (a giugno esce un libro della Coulter sul
tradimento della sinistra). Ora anche la Penguin si è attrezzata con
una collana che darà spazio alle idee dei nuovi idealisti. Uno dei
quali è Max Boot, ragazzo prodigio dell’ambiente neoconservatore,
33enne, ha già diretto le pagine degli editoriali del Wall
Street Journal.
Eleana Benador è la pr che cura l’immagine di Perle, James
Woolsey, Ledeen, Charles Krauthammer del Washington
Post,
dell’esule iracheno Kanan Makiya, dell’iraniano Amir Taheri e
dello stesso Boot. Quei maligni dell’Observer
hanno messo dentro la galassia anche due liberal doc che
sull’esportazione della libertà, nonostante i mille tentennamenti,
da tempo sostengono idee simili a quelle della Spectre: sono Thomas
Friedman del New
York Times
e Fareed Zakaria di Newsweek.