Russia
03 giugno 2022

NON CI POTRÀ ESSERE NESSUNA PACE SE KIEV NON ACCETTA CHI PARLA RUSSO
IL PIANO DI PACE ITALIANO: CHE CI SIA OGNUN LO DICE DOVE SIA NESSUN LO SA

Quand’ero piccolo un popolare indovinello tra noi bambini chiedeva di risolvere il problema di un autocarro incastrato sotto un ponte. Tutti guardavamo al punto dell’incastro, ma la risposta era di sgonfiare quanto bastasse le gomme dell’autocarro.


Oggi abbiamo un ben più tragico indovinello: come interrompere il conflitto in Ucraina.


Alcuni giorni fa girava la notizia di un piano di pace proposto dal nostro Ministero degli Esteri. «La pace in 4 tappe: all’Onu arriva il piano italiano» scriveva la Repubblica il 19 Maggio e «Piano dell’Italia» declamavano il 20 Maggio i comunicati delle Agenzie di stampa. Speranzoso e diligente ho digitato le parole-chiave, fiducioso che Google m’avrebbe restituito il pdf del piano: niente. Vado direttamente al mittente, il sito del Ministero di Luigi Di Maio: niente. Non mi dò per vinto e cerco in quello dell’Onu: niente. Questo piano sembra l’araba fenice: che ci sia ognun lo dice, etc.


Il 22 Maggio, nuova notizia: «Il Cremlino boccia il piano», recitano le più quotate agenzie di stampa, che diffondono anche le làstime di Di Maio: «i russi non vogliono la pace». Siccome Google per tanti giorni ha continuato a non fornirmi alcun documento, dopo aver scartato l’ipotesi che fosse secretato, visto che tutti ne parlavano come si fosse al bar, vado al sito del presunto destinatario nonché guerrafondaio, cioè il sito del governo russo. Ma anche lì, in merito, non hanno protocollato alcun documento in arrivo. Anzi, se si cerca la parola «Italia», l’ultima volta che al governo russo l’hanno pronunciata fu il 27 di Marzo, quando un comunicato informava dei riconoscimenti dati a tale Zurab Tsereteli, un pregevole artista che, recita il comunicato, «ha esposto le proprie opere, oltre che in Russia, anche in vari altri Paesi tra cui l’Italia,...». Altra cruciale notizia dalle agenzie è del 24 Maggio: «L’Ucraina boccia il piano di pace italiano». Ed è del 26 Maggio la dichiarazione di Matteo Salvini (il cui partito sta pure al governo): «Del piano di pace italiano non so nulla».


Devo scusarmi se v’ho tediato con queste cose, ma sono, esse, i fatti che dimostrano la confusione generale entro la quale brancola o il governo nostro o la nostra informazione o, più probabilmente, entrambi, in ordine alla questione ucraina. Non v’è dubbio che qualcosa di vero dev’esserci, visto che non si registrano smentite. Dando credito ai pettegolezzi, la prima delle fantomatiche 4 tappe sarebbe: «cessare il fuoco». Ora, io non voglio essere pignolo, ma ditemi voi: ha senso un piano per il cessate il fuoco con al primo punto del medesimo il «cessare il fuoco»? Sfiduciato mi astengo dal commentare le tre tappe successive.


Chi ha partorito quest’araba fenice devono essere gli stessi che si son vantati di aver inviato 20 tonnellate d’aiuti umanitari in Moldavia credendo fosse l’Ucraina. In altre occasioni Di Maio aveva dimostrato d’aver problemi con la geografia (aveva già allocato Matera in Puglia, Pinochet in Venezuela, e le coste russe sul Mediterraneo), ma problemi li ha anche con le unità di misura: 20 tonnellate di corn flakes o di angurie? Di biscotti o di aragoste? Direi che gran parte delle 20 tonnellate d’aiuto umanitario è il piombo delle armi. Temo che non si potrà contare su questa Farnesina per sperare la pace.


Per risolvere il tragico indovinello su come interrompere questa grottesca guerra noto che, come per l’indovinello dell’autocarro incastrato sotto il ponte, oggi si è tutti protesi a guardare altrove: al fuoco che dev’essere cessato, ai territori che devono essere intoccabili, all’appartenenza alla Nato che deve essere una libera scelta, e cose del genere. Mi meraviglia però che a nessuno dei super diplomatici coinvolti sia venuto in mente il fatto che conditio sine qua non affinché ci possa essere sia la pace sia l’intangibilità dei confini dell’Ucraina è che la medesima modifichi l’articolo 10 della propria Costituzione, ove le parole «La lingua di Stato è l’ucraino» siano sostituite con «Le lingue ufficiali dello Stato sono l’ucraino e il russo». Ribadisco sùbito che la condizione è necessaria ma – per come son messe oggi le cose – è lungi dall’essere sufficiente. Ciò che più di tutto mi meraviglia è che i diplomatici e gli addetti ai lavori non si siano accorti della colossale falla già nel 1996, quando la Costituzione ucraina fu promulgata. Perché al tempo (e ancora oggi) la lingua ucraina è parlata nelle case da non più del 50% dei cittadini di quel Paese, e almeno il 35% in realtà parla in casa solo il russo.


L’Ucraina come Paese indipendente nacque sùbito male, come si vede. Basti pensare che nella Costituzione italiana, per esempio, non è prevista alcuna lingua nazionale, sebbene l’italiano sia la lingua di oltre il 99% dei cittadini (la minoranza di lingua tedesca si attesta allo 0.5%). E basti pensare che un Paese multilingue come la Svizzera chiarisce all’articolo 70 della propria Costituzione non solo che le lingue ufficiali sono il tedesco, il francese e l’italiano, parlate dal 65%, 25% e 10% degli svizzeri, ma anche che negli atti e nei rapporti che riguardano i cittadini di lingua romancia (che sono l’1% degli svizzeri) la lingua ufficiale è il romancio.


Senza la detta revisione di quell’articolo 10, con oltre un terzo di cittadini ucraini di lingua-madre russa, nessuna pace che preservi i territori potrà lì esserci. Non dovrebbe essere difficile comprenderlo.


Franco Battaglia - Articolo pubblicato su LA VERITÀ di oggi 3 giugno 2022








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