di
Roberto PECCHIOLI
Primum
vivere. E per vivere bisogna mangiare. Per questo l’alimentazione
è sempre stata centrale per i sistemi politici, sociali ed
economici. La produzione dei cereali, che forniscono la farina e
quindi il pane, ha avuto fin dall’antichità un posto speciale
nelle preoccupazioni umane. Il grano e il frumento sono stati in vari
tempi sottratti all’avidità di guadagno privato con l’istituzione
degli ammassi controllati dal governo, sin dall’epoca degli Egizi.
Quasi ogni popolo ha sviluppato una cultura del pane tanto sul piano
pratico che su quello simbolico.
Nel
tempo del mercato misura di tutte le cose, l’approvvigionamento di
cereali è caduto nelle mani di pochi giganti internazionali, le
quattro sorelle del grano che prima erano sei. Lo scenario di guerra
tra Ucraina e Russia sta provocando seri problemi di trasporto,
fornitura, scambio. I due paesi producono circa il trenta per cento
del grano mondiale, e la via marittima, attraverso i porti del Mar
Nero, è la più importante. Ovvia quindi la turbolenza dei mercati,
aggravata dalla confusione sulle sanzioni alla Russia e, nello
scenario bellico, dalle mine disseminate in mare dall’esercito
ucraino. In assenza di forme di controllo pubblico- il sacro,
intoccabile mercato! – spadroneggiano la speculazione,
l’accaparramento e le manovre sui prezzi, di cui cominciano ad
accorgersi i consumatori.
Ulteriore
elemento, per quanto riguarda l’Ucraina, è l’intensa opera di
privatizzazione svolta dopo la fine dell’Unione Sovietica, che ha
beneficiato pochi grandi multinazionali. E’ in corso - guerra nella
guerra- la battaglia del grano. Come per il giudizio sugli eventi
bellici, la verità è la grande assente. La privatizzazione del
mondo non ha risparmiato il settore cerealicolo e i giganti padroni
dei cereali hanno nelle loro mani l’alimentazione di gran parte
delle popolazioni. Padroni del pane, padroni delle nostre vite.
La
prima menzogna da sfatare, nella narrazione di questi mesi, è che
sia la guerra l’unico motivo della carenza di cereali e quindi
dell’aumento dei prezzi. Non è così. Gli osservatori indipendenti
dicono chiaramente che sono in corso forti speculazioni: i mercati
dei futures (la scommessa sul prezzo a data prefissata)
puntano sull’aumento delle materie prime e su lucrose (per loro)
carestie. Le multinazionali hanno in mano pressoché per intero la
produzione ucraina e sono in grado di esercitare pesanti ricatti sui
consumatori e sul governo di Kiev, che dipende finanziariamente dalle
condizioni del Fondo Monetario e della Banca Europea per la
Ricostruzione e lo Sviluppo, promotori della cessione delle terre
agricole ai monopolisti.
Tra
di essi spiccano il fondo più potente del mondo, Black Rock, mentre
altri squali (Monsanto, Archer Daniels Midland e Dupont) controllano
l’allevamento zootecnico, gli stabilimenti di fertilizzanti
agricoli, l’infrastruttura commerciale, i silos granari- a partire
da quello ucraino di Odessa- e la logistica dei trasporti. La Fao,
l’agenzia dell’ONU per l’alimentazione, una fonte
insospettabile di simpatie filo russe, ha affermato poche settimane
fa che le scorte mondiali di cereali sono sostanzialmente stabili. La
Banca Mondiale aggiunge che gli stock sono a livelli record e che tre
quarti dei raccolti russi e ucraini sono già stati consegnati prima
della guerra. Dunque, il grano è usato come arma economica per
realizzare ulteriori profitti, generare paure e indirizzare
l’opinione pubblica rispetto al conflitto.
Anche
il cibo, dunque, è in mano a un pugno di giganti privati, in grado
di affamare pezzi di mondo semplicemente fermando le navi o bloccando
i silos secondo tornaconto. Fino a pochi anni fa il commercio
cerealicolo era in mano a cinque aziende, dette le cinque sorelle,
sul modello delle sette sorelle degli idrocarburi. Per un breve
periodo ve ne è stata una sesta, la ravennate Ferruzzi al tempo di
Raul Gardini, poi suicida (o suicidato) misteriosamente al tempo di
Mani Pulite. Delle cinque, l’americana Continental Grain, in capo
alla famiglia ebraica Fribourg, si è fusa con il supercolosso
Cargill. Le concentrazioni di mega corporations non
risparmiano alcun settore, in barba al mantra della concorrenza e del
libero mercato. Quattro soggetti dominano il mercato dei cereali con
una quota complessiva del novanta per cento: un trust in piena
regola. Sono la Amber Daniels Midland (Usa), Bunge (Usa, Bermuda),
Cargill (Usa) e Louis Dreyfus Commodities (Paesi Bassi).
Gli
stessi controllano il settanta per cento di tutte le materie prime
agricole
(riso, olio di palma, zucchero, eccetera). Sono i signori del cibo
che decidono se e quanto aprire o chiudere i rubinetti della
fornitura commerciale, nell’impotenza della politica, ossia dei
popoli. Le quattro sorelle, tra giugno 2020 e 2021, hanno dichiarato
ricavi per 350 miliardi di dollari. Difficile calcolare i profitti,
giacché si tratta di soggetti opachi, non quotati in borsa,
posseduti e controllati a livello familiare.
Sono
costoro a decidere chi mangia e chi digiuna, chi vive e chi muore e
che cosa, dove e come viene coltivato. La stessa Fao lamenta che le
quattro sorelle siano responsabili di buona parte della
deforestazione del pianeta e del tracollo della biodiversità ( -75
per cento in dieci anni). A monte, c’è il fiorente mercato delle
sementi, un oligopolio ai cui vertici vi sono Chem China – in
Italia azionista forte di Pirelli- Bayer-Monsanto, Corteva e Lima
Grain, più Badai (fitofarmaci). Altre centinaia di miliardi di
ricavi annui; i padroni dei contadini di tutto il mondo e delle
tavole delle nostre case. Aggiungiamo il potere dei colossi della
distribuzione alimentare, Walmart già di Warren Buffet, Schwartz
Group, Carrefour, Nestlé e presto Amazon e ci accorgiamo che
l’intera filiera del cibo è in mano a non più di dieci giganti.
Sopra di loro, i fondi di investimento più potenti del mondo, i
soliti nomi, purtroppo non ancora abbastanza noti al grande pubblico:
oltre a Black
Rock, Capital Group, Vanguard Group, Sun Life Financial, State
Street.
Cargill,
con sede nel Minnesota, Usa, è di proprietà della famiglia Mc
Millan, di origine scozzese, che possiede navi cerealicole, silos e
terminal ed è anche tra i più importanti attori nel mercato della
carni. La lobby familiare delle sorelle del grano non pubblica
bilanci, è assai aggressiva e determinata verso potenziali rischi e
concorrenti, spregiudicata e rapace nei rapporti con i contraenti,
produttori ed acquirenti. Le operazioni delle “sorelle” sono
così estese- considerata l’importanza del grano nella dieta umana-
da formare il nucleo centrale del sistema alimentare globale.
La
portata delle loro operazioni è talmente vasta che impiegano da
decenni la tecnologia satellitare per stimare l’offerta globale
quando i cereali stanno ancora crescendo nei campi dei vari
continenti. Hanno sempre avuto un’autonoma politica estera, a
partire delle controverse vendite di grano all’Unione Sovietica in
crisi produttiva nel 1972. Fu solo nel periodo successivo, quello
della grande crisi energetica che fece schizzare in alto il prezzo di
tutte le materie prime e delle cosiddette commodities
alimentari (cioè del cibo che mangiamo) che il loro ruolo cominciò
ad essere conosciuto all’ opinione pubblica.
Pur
svolgendo un ruolo fondamentale, le sorelle restano quasi sempre
nell’ombra. Ogni attività è avvolta da un alone di riservatezza
spinta sino alla segretezza, favorita dalla struttura proprietaria
delle imprese: una sola famiglia controlla le quote di maggioranza
della casa madre e delle filiali. Anche i massimi dirigenti operativi
sono generalmente membri della famiglia proprietaria o legati da
rapporti di parentela. La concentrazione della proprietà e dell’alta
dirigenza consente loro di operare senza rendere conto all’esterno
delle strategie d’ impresa. Naturalmente l’enorme disponibilità
di capitali le rende protagoniste anche in altri settori economici e
finanziari.
Nonostante
la finanziarizzazione del mondo, le quattro sorelle e i miliardari
padroni della tecnologia informatica, a cominciare da Bill Gates,
Jeff Bezos, George Soros, hanno acquistato nel tempo e in ogni
continente vasti territori ad uso agricolo.
L’enorme
ricchezza dei padroni dei flussi di informazione e delle speculazioni
finanziarie ha i piedi ben piantati per terra e possiede gran parte
dei fondi agricoli e dei pascoli del pianeta. Quindi, non soltanto ci
controllano attraverso la tecnologia diventata biopotere, tengono in
pugno la nostra salute con Big Pharma e l’OMS, determinano ciò che
possiamo o non possiamo sapere possedendo quasi per intero le catene
di informazione e comunicazione, ma sono anche le proprietarie
dell’intera filiera degli alimenti da cui dipende la nostra
sussistenza. Un altro elemento di riflessione…
Nessuno
stupore se le quotazioni dei cereali sono salite nel 2022 di oltre il
quaranta per cento. Una volta di più, il principio cardine della
globalizzazione produttiva- i cui inizi risalgono a David Ricardo-
risulta contrario agli interessi concreti dei popoli. Secondo la
bibbia liberal globalista, ogni paese dovrebbe produrre
esclusivamente ciò in cui ha un vantaggio in termini di prezzo. Il
principio trascura gli interessi geopolitici permanenti di ogni Stato
e soprattutto i bisogni concreti dei popoli: è il Mercato, bellezza.
Inoltre, ha bisogno di un governo mondiale – la marcia è assai
avanzata – con la capacità di imporre scelte in base agli
interessi di chi lo domina, ossia le mega corporazioni private di cui
le Quattro Sorelle del grano sono l’inquietante vertice nella
catena alimentare umana.
Seguace
pedissequa delle teorie globaliste, l’Italia ha perduto, insieme
con tutte le altre, anche la sovranità alimentare, minata da decenni
di Politica Agricola Comune europea a noi sfavorevole. Il risultato è
che importiamo due terzi del fabbisogno per la produzione di pane, il
35 per cento dei cereali per la pasta, base della dieta mediterranea,
e la metà del mais per uso zootecnico. I futures alla Borsa
di Chicago sono in continuo rialzo: finché c’ è guerra c’è
speranza, per lorsignori, mentre il prezzo al consumo è salito del
quaranta per cento da gennaio.
Intanto,
si affaccia l’incubo della siccità e l’acqua, guarda caso, è
anch’essa largamente privatizzata, contro ogni logica politica,
etica, umana e comunitaria. Fino a poco tempo fa, chi chiedeva forme
di autarchia – o almeno di autosufficienza alimentare – era
tacciato di ignoranza e passatismo. Qualcosa è cambiato, se il
presidente di Coldiretti, la maggiore associazione agricola italiana,
afferma che “bisogna invertire la tendenza ed investire per rendere
il Paese il più possibile autosufficiente per le risorse alimentari
facendo
tornare l’agricoltura centrale
negli obiettivi nazionali ed europei.”
Buon
senso comune, ma chi è in grado di contrastare politicamente,
culturalmente, economicamente il potere immenso delle Quattro
Sorelle, dei signori delle sementi e dei fertilizzanti, dei padroni
dell’acqua, delle oligarchie tecno finanziarie? Siamo schiavi di
Cargill, Dreyfus, Bayer-Monsanto, Bunge, Amber Midlands Archer e di
pochi altri. Di loro non conosciamo neppure i nomi e i volti, eppure
hanno potere di vita e di morte su tutti e su ciascuno.