Russia
20 maggio 2022 Armarsi per garantirsi la pace. Il mantra che non vale per Mosca GUERRA GROTTESCA: MUCH ADO ABOUT NOTHING
È del 27 febbraio il primo articolo che qui scrivevo su questa grottesca guerra, e lo concludevo così: «Forse si potrebbe auspicare che, innanzitutto, la NATO dichiari di rinunciare, una volta per tutte, ad «invitare» l’Ucraina a farvi parte; e poi che in nome del principio dell’autodeterminazione dei popoli, le regioni ucraine oggetto del contendere siano sottoposte a nuovo referendum, il cui corretto svolgimento avvenga sotto il controllo delle parti interessate, con l’impegno che tutti i Paesi ne riconoscano l’esito». Capìte bene ora che, per qualificare questa guerra, la parola detta sopra appare non solo appropriata, ma forse è la più azzeccata: grottesca.
Se, come tutte le cose, guerre comprese, anche questa finirà, la cosa grottesca è che finisca proprio come ci eravamo auguràti il giorno dopo la fatale invasione. Parlo naturalmente del breve termine, perché sul lungo termine è difficile fare previsioni, non foss’altro per il fatto che gli stessi protagonisti non hanno vita eterna. Much ado about nothing, direbbe il poeta. Peccato che il nulla-di-fatto sarà seguito a decine di migliaia di morti, centinaia di migliaia di sfollati e profughi, e una inenarrabile distruzione.
Alla quale un importante contributo l’ha dato il giornalismo, come si dice, mainstream: questo ha rinunciato, e purtroppo da un pezzo, alla sua funzione critica – che non vogliamo per forza arrabbiata (anche perché, come mi piace spesso dire, se c’è rimedio perché t’arrabbi? e se non c’è rimedio, perché t’arrabbi?), ma anche solo garbata, questo sì – delle decisioni dei responsabili politici. Costoro, privi di quel pungolo che, se non spesso almeno a volte, induce alla riflessione, agiscono, come appunto stanno agendo, quasi senza riflettere. O almeno così sembra.
Prendiamo ad esempio il caso dell’ingresso nella Nato dell’Ucraina, prima, e di Finlandia e Svezia ora o, magari, della Moldavia domani. La cosa che viene ripetuta come un mantra e, di tutta evidenza, senza alcuna riflessione, è il fatto che un Paese avrebbe il sacrosanto diritto alla propria sovranità e, in particolare, di allearsi con chi vuole. Questo pensiero semplice semplice – tipico della filmografia western americana (non quella «spaghetti», un po’ più articolata) ove il mondo è diviso in bianco e nero, buoni e cattivi – è, appunto, troppo semplice. E, come sappiamo, il troppo stroppia. Se nella mia vita avessi voluto esercitare tutti i miei diritti, la medesima sarebbe stata un inferno e sarei in guerra col mondo intero. Siccome non sono in guerra con nessuno, la ferrea logica fa concludere che, di tutta evidenza, sono moltissimi i miei «diritti» che ho scelto di non esercitare. Naturalmente direte che di me poco vi cale, e allora lo dico in altro modo: come fa un avvocato a procurarsi clienti? Semplice: fa loro sapere quali sono i loro diritti. Spero che il pensiero sia ora più chiaro.
Tra l’altro, tutti sono impazziti al grido di «Svezia e Finlandia (e perché no? anche Svizzera) nella Nato!», ma nessuno rammenta che vi si entra non per domanda, ma per invito, e col voto unanime di chi dentro c’è già. Ma la Turchia ha già detto che quel voto non lo dà. Anzi, ha detto che chi prova a convincerla farebbe meglio a risparmiarsi il disturbo. Perché i nostri Tg continuano a ubriacarci di una notizia che tale non è?
Un altro mantra che viene ripetuto è che per garantirsi la pace è necessario stare armati. Su questo non è difficile concordare, e l’impegno di una quota di Pil a favore del Ministero della Difesa è quanto mai opportuno, checché ne dica Giuseppe Conte (che però non s’è peritato di uscire dal governo alla prima fionda che questo ha inviato all’Ucraina). Però se quel mantra vale, deve essere riconosciuto a tutti. Anche alla Russia.
Ora, per decine d’anni Finlandia e Svezia hanno vissuto benissimo e in pace. Non sembra – e chi ne sa più di me mi sconfessi – che la loro scelta di aver rinunciato ad esercitare il «diritto» di aderire alla Nato li abbia in qualche modo danneggiati o li abbia resi vittime di minacce da chicchessia. Non vorrebbero finire come l’Ucraina, si dice. Ma l’Ucraina è finita com’è finita perché: 1) nel 2014 ci fu un colpo di Stato che sovvertì, senza alcuna plausibile ragione, un legittimo governo, portando al potere una classe dirigente con sentimenti a dir poco ostili verso i russi, perseguitandoli con azioni documentate di pulizia etnica e mantenendo una guerra civile nel proprio Est fino al 2019; 2) quando nel 2019 Volodymyr Zelensky fu eletto, aveva promesso la fine di quella guerra civile – e fu per questa promessa che fu eletto in modo quasi plebiscitario – ma non mantenne la promessa ed ha continuato ad alimentare la russofobia, contro i russi in Ucraina e contro la Russia medesima.
E torniamo al mantra di prima: ci garantiamo la pace se ci armiamo. Se lo applichiamo alla Russia, questa, circondata da Paesi che – in punto di diritto legittimamente – si alleano contro di essa, non può che armarsi, in nome della pace. Ed è costretta ad armarsi tanto più quanto più l’accerchiamento aumenta. Ma allocare risorse in armi va a detrimento della propria economia. E forse proprio questo è l’obiettivo, anche questo legittimo, di qualcuno. Chissà chi. Gli Stati Uniti devono garantire la vita di benessere ai cittadini americani, e hanno bisogno del controllo delle risorse energetiche, mai abbastanza per loro. La Russia ne ha, e in abbondanza. Insomma, qui ognuno fa i propri, in punto di diritto, legittimi interessi: Russia, America, Cina, India.
Quel che non ho ancora capito è perché la Ue sia così incapace di fare i propri. Non me ne capacito, e visto che nessuno lo spiega nella cornucopia degli interminabili talk show – forse anche perché chi potrebbe fornire spiegazioni ne è tenuto fuori – ci toccherà studiare da soli questo singolare caso.
Franco Battaglia
Articolo de La Verità del 19 maggio ... |