Filosofia
08 maggio 2022

Aleksandr Dughin Un altro apostolo del nichilismo postmoderno?

Dugin spesso presentato come il consigliere di Putin dalla stampa occidentale in realtà sembra non esserlo affatto. Lui stesso lo ha sempre smentito.
In questo articolo di Don Curzio Nitoglia scopriamo come questo pensatore sia molto più vicino a quella filosofia del Tramonto dell'occidente contro la quale i russi stanno combattendo.



Dughin e la Postmodernità

Aleksandr Dughin è un pensatore russo, nato a Mosca il 7 gennaio 1962, di marca fortemente esoterica e gnostica1, con tendenze apertamente nichilistiche; cioè, propugnatore della “metafisica del non/essere”, che non ha nulla a che spartire con la metafisica greco/romana e tomistica, ossia, la “metafisica dell’essere” anzi, ne è la negazione diretta e per diametrum.

Purtroppo, alcuni cattolici - in questi tempi di confusione dottrinale e morale - si lasciano abbindolare dalle sirene dell’errore e del vizio, tra cui spicca Dughin, ma non solo.

Non mi sembra, perciò, esatto né corretto ascrivere al “Tradizionalismo” cattolico (vale a dire alla “Tradizione apostolico/patristico/scolastica”2) un legame con la filosofia dughiniana. Anzi, sarebbe più corretto mettere in luce il legame di certo falso Tradizionalismo fideistico di formazione demaistriana con l’esoterismo in genere, e specialmente con quello russo, avendo il conte Joseph de Maistre3 vissuto non poco tempo in Russia.

Certamente è lecito, lodevole e ottimo criticare Dughin, ma non bisognerebbe passare, poi, a infangare ancora una volta Monsignor Carlo Maria Viganò e con lui la reazione antimondialista.

Mi accingo, perciò, a mettere in luce i punti oscuri del pensiero di Dughin, valendomi di alcuni saggi molto ben fatti da padre Paolo Maria Siano (La metafisica del Caos e il Soggetto Radicale di Aleksandr Dughin, 14/19/24/29 luglio 2021, in “CR”).

L’essenza della “metafisica del nulla”, ossia della contro/metafisica di Dughin la si ritrova nel suo libro, tradotto anche in italiano, La Quarta Teoria Politica, Milano, NovaEuropa Edizioni, 2017.

Padre Siano mostra giustamente, con citazioni alla mano, che il Maestro principale di Dughin è Julius Evola4, non senza un pizzico anche di Guénon5.

Un elemento poco approfondito del dughinismo è il suo amore per la cosiddetta “Rivoluzione Conservatrice”, che non è riconducibile all’evolismo, neppure al guénonismo o a pensatori dell’estrema destra europea, ma al neo/conservatorismo statunitense, che tanto ha inquinato pure l’Europa e l’Italia e che ha mietuto tante vittime grazie ai pensatori detti teo/con, i quali cercano di miscelare il liberalismo filosofico conservatore, con il liberismo selvaggio economico e infine con un pizzico di cattolicesimo, per finire d’inquinare l’ambiente cattolico conservatore, moderatamente liberale.

L’esoterismo si suddivide in due scuole principali: quella della “Mano Destra” (religiosa, clericale, confessionale) e quella della “Mano Sinistra” (ateista, aconfessionale, relativista e panteistica).

Occorre dire che la natura di ogni esoterismo è la tendenza di farsi Dio con le proprie forze. Perciò, sia che vi si tenda con la “Mano Destra” (ossia in maniera conservatrice, autoritaria e controrivoluzionaria) sia con la “Mano Sinistra” (ossia in maniera progressista, libertaria e rivoluzionaria) la sostanza e il fine di esso non cambiano: l’auto/divinizzazione luciferina.

Dughin preferisce Evola, ossia il “primato dell’azione cavalleresca e guerriera” a Guénon, cioè il “primato della contemplazione monastica”.

Padre Siano, citando sia Dughin sia molti curatori delle sue opere, asserisce che il dughinismo è impregnato di Tantrismo, di magia sessuale, per affrettare la fine dei tempi; insomma, esso è una “metafisica del Caos”, a uso e consumo del classico “uomo d’ordine, che fa il disordine”.

Per ottenere ciò nulla di meglio del nichilismo metafisico, morale e logico, che vuole l’annichilazione dell’essere creato e Increato, della morale oggettiva e della ragione o della logica aristotelica. In pratica siamo in piena Postmodernità che va da Nietzsche sino a Dughin.

Se apprezzo molto gli articoli di padre Siano mi sento, però, in dovere di sollevare educatamente un’obiezione quanto a una certa sua (?) difesa dell’«Atlantismo» e dello «Stato d’Israele» (prima parte, pagina 4), dell’«Occidente e degli Usa» (terza parte, pagina 2), ma spero di aver capito male.

Un altro aspetto messo bene in luce da parte di padre Siano quanto al pensiero dughiniano è il ritorno alla “coincidentia oppositorum” di Baruch Spinoza, con la quale si arriva a giustificare l’unione di ciò che agli occhi del volgo dei profani sembrerebbe opposto: Morte/Vita; Caos/Logos; Destra/Sinistra; insomma la negazione del principio evidente e per sé noto d’identità e non-contraddizione e della sinderesi su cui si fonda la metafisica aris/tomista.

Ecco teorizzata metafisicamente la “Rivoluzione Conservatrice”, messa in atto dai neo/con dell’Amministrazione Bush, Clinton, Obama e Biden. Non mi sembra da Putin e nemmeno da Trump.

Secondo Dughin sono i Conservatori che devono guidare le Rivoluzioni, ossia i Rivoluzionari/Conservatori devono dirigere le sorti della storia. Forse non è un caso che una Famiglia, la quale ha fatto ogni tipo di Rivoluzione in Europa dal 1744 sino a oggi, è proprio quella - moderatamente conservatrice - dei Rothschild, alla quale attingono non solo speculativamente i teo/con nostrani.

Questa “coincidentia oppositorum” dughiniana è antesignana e parallela al Gender, alla teoria “LGBT”, al “fluido” e all’equivoco.

Non mi dilungo a riportare tutte le citazioni di Dughin e invito il lettore a studiare i quattro saggi di padre Paolo Maria Siano in cui potrà trovali nei minimi dettagli.

Nella terza parte degli articoli di padre Siano, viene citato un altro libro su Dughin, a cura di F. Marotta – A. Scarabelli – L. Siniscalco, Il Sole di Mezzanotte. Aurora del Soggetto Radicale, (Cusano Milanino, AGA Edizioni, 2019), che riassume ed esprime bene il suo pensiero, come è espresso più estesamente nell’opera di A. Dughin, Teoria e Fenomenologia del Soggetto Radicale, (Cusano Milanino, AGA, 2019).

Il libretto riassuntivo ed esplicativo (Il Sole di Mezzanotte) ci spiega che la Mezzanotte è il ritorno di Dioniso, è il sorpasso, anzi il ribaltamento della Modernità (da Cartesio a Hegel) con la Postmodernità (da Nietzsche/Freud a Dughin), poiché nella Modernità non ancora tutto è stato annichilato, mentre nella Postmodernità ci si tuffa nel mare del nulla, dove tutto affonda.

Quando tutto è annichilito e dissoluto, allora appare il Soggetto Radicale, che senza alcun aiuto esterno a lui arriva a indiarsi, insomma è il Superuomo nicciano che ritorna con Evola (“Individuo Assoluto”) e con Dughin (“Soggetto Radicale”).

Purtroppo, ancora una volta, a pagina 3 della terza parte dei quattro saggi di padre Siano, si legge una frase che mi lascia un po’ perplesso poiché sembra (spero di sbagliarmi) prediligere l’Occidente atlantico, filo/americano (e filo/sionista?) a un’eventuale alleanza tra Europa e Russia, che oggi da almeno venti anni, non è più sovietica.

Poi padre Siano, citando Dughin, spiega che secondo il pensatore russo il mondo nell’era tradizionale o medievale era aperto dall’Alto e aperto alla Trascendenza che agiva su di esso. Invece con l’era moderna e illuminista il mondo è chiuso dall’Alto e verso l’Alto, ossia rifiuta la Trascendenza. Fin qui tutto va bene, ma quello che lascia sorpresi, è la definizione del Postmoderno, in cui il mondo è invaso dai demoni e l’uomo è posseduto da una legione di diavoli. Però, tutto ciò non è visto negativamente da Dughin, anzi…

Infatti, il Soggetto Radicale o Superuomo dughiniano è aperto al basso ed è vincitore di Dio e del Nulla. Sembrerebbe che questo Soggetto Radicale somigli molto a Lucifero o almeno a un angelo decaduto.

Infine, tramite la “coincidentia oppositorum”, il Male è assorbito nel Soggetto Radicale ed è anche “redento”, sino al punto di fare di lui un reclutatore di anime elette, che apriranno questo mando alla “Nuova Era” in cui il Cristianesimo oramai non ha più nessun posto.

Ora se si pone mente a ciò che è la filosofia moderna (da Cartesio, † 1650 a Hegel, † 1831) si scorge come la “tradizione” dughiniana sia molto “rivoluzionaria”.

Tutto ciò ci fa capire quanto il pensiero di Dughin sia incompatibile con la retta ragione eretta a scienza filosofica (la metafisica aris/tomista) e con la divina Rivelazione

MODERNITÀ E POSTMODERNITÀ

La Modernità filosofica (morale, politica, economica, teologica e spirituale) inizia con la fine del primato della metafisica classica6 sublimata dalla prima scolastica e specialmente da quella di S. Tommaso d’Aquino († 1274); fine che coincide con l’avvento dell’Occamismo (XIV secolo), che apre le porte all’Umanesimo e al Rinascimento (XV e XVI secolo), i quali preparano il Cartesianismo (XVII secolo), precursore del Criticismo kantiano (XVIII-XIX secolo) e dell’Idealismo tedesco dell’Ottocento (Schelling, Fichte ed Hegel).

La Modernità è caratterizzata dall’antropocentrismo e dall’individualismo assoluto (Occam7 e Umanesimo rinascimentale8); essa viene sistematizzata da Cartesio9 col primato del pensiero soggettivo sulla realtà oggettiva (“Cogito ergo sum”, è il pensiero che crea la realtà). Kant10 darà la perfetta teorizzazione al soggettivismo relativista cartesiano in teoria (“Critica della Ragion Pura”) e in morale (“Critica della Ragion Pratica”) e sarà poi scavalcato dagli Idealisti tedeschi, i quali con Hegel11 giungeranno alla dottrina esplicita dell’«Io assoluto» (una sorta di panteismo12) e della contraddizione eretta a principio (tesi/antitesi/sintesi).

Il mondo moderno, con il quale il Modernismo vuole dialogare, cercando di coniugare soggettivismo e cristianesimo, tende alla “creazione” di un “Mondo Nuovo”, in cui il vecchio “eone” o “Dio trascendente e personale” sarà rimpiazzato da una realtà immanentistica, panteistica, gnosticheggiante13, utopistica, in breve dal “Paradiso in terra”, che è il sogno del Millenarismo, della Cabala spuria e dell’Umanesimo14.

La secolarizzazione15 o il laicismo sono la volgarizzazione politica di massa dell’immanentismo panteistico esoterico16. Questo è il cuore (esoterico e pubblico) della Modernità, che sfocia nell’Ateismo17 e, peggio ancora, nell’Agnosticismo18. Infatti il grande pericolo per l’umanità è quello della società liberal/tecnocratica, consumistica, libertina e libertaria: “Un totalitarismo di nuova natura, assai più aggiornato e più capace di dominio assoluto di quel che i modelli passati, Stalin e Hitler inclusi, non fossero. […] È il super/partito tecnocratico19.


La causa dell’irreligiosità del mondo attuale è da ricercarsi nel pan/tecnicismo ossia “nell’agnosticismo di matrice empirista britannica20 più che nel materialismo ateo comunista. Infatti, il Comunismo ha prodotto i martiri, mentre il laicismo liberale ha sfornato gli apostati e i degenerati. La società dei consumi e del benessere è ancor più empia (almeno moralmente) del materialismo ateo comunista, che si sforzava di porsi il problema di Dio, per poterlo negare e combattere; mentre l’Agnosticismo edonistico è totalmente a-religioso, a-dogmatico, a-metafisico e a-patico e non vuol neppure porsi il problema di Dio e della verità.


L’uomo della Modernità è l’«Individuo assoluto», “redentore” di se stesso, ma da questo delirio euforico di onnipotenza, la Modernità è sprofondata in un delirio disforico o depressivo di annichilamento, mediante il Nichilismo filosofico di Nietzsche.


Quando si parla di postmoderno si corre il rischio di intenderlo o a) dopo la modernità; oppure b) contro la modernità. Invece, come osserva Gianfranco Morra, «Il postmoderno è ancora interno al moderno, del quale costituisce non già un oltre o un contro, ma solo una variante debole. Il postmoderno non è il superamento del moderno, ma il suo esito nichilistico. È un moderno abbacchiato e sfondato, edonistico e narcisistico, pluralistico e ludico, audiovisivo e istantaneo, consumistico e spudorato» (Gf. Morra, Il quarto uomo. Postmodernità o crisi della modernità? Armando, Roma, 2ª ed., 1992, pagg. 19-20).

Insomma la postmodernità è lo scacco o la dissoluzione suicida della modernità. Siccome, per il postmoderno, l’Essere non è, latita, sfugge, è assente, allora praticamente occorre vivere non più stabilmente ma “fluidamente”, alla giornata (in una sorta di “precariato filosofico” anticipatore di quello economico), tirare a campare, lasciarsi andare, tollerarsi, spegnersi, morire, suicidarsi ed annichilarsi se mai fosse possibile. Ecco spiegato l’enigma Zelensky che corre a rotta di collo (assieme all’Europa) verso l’auto distruzione. Il postmoderno è la prova del nove del fallimento della modernità, ma non ne offre l’antidoto, la via d’uscita, anzi aggrava la malattia intellettuale idealista (errore per eccesso), con l’irrazionalismo volontaristico nichilista (errore per “eccesso di difetto”) e autolesionista.


«La modernità era un’epoca “giovane”, caratterizzata da forti ideali, la post-modernità, invece, è un’epoca vecchia e malata, in cui la sclerosi della decadenza diviene gusto della tolleranza, che non è tanto rispetto quanto indifferenza. Incapace di creatività... Nietzsche non usa ancora la parola “postmoderno”, ma un’altra che meglio definisce la crisi della modernità. Tale parola è “nichilismo”» (Gf. Morra, ibidem, pag. 23 e 25). Quindi, nichilismo e postmodernità si equivalgono, o meglio il nichilismo spiega più dettagliatamente la natura del male che ci avvolge e che rischia di portare l’uomo verso l’abisso del nulla, spalancato dalla guerra russo/ucraina del febbraio 2022.


Padre Gabriele Roschini scriveva con lungimiranza: «L’età moderna, iniziatasi con l’umanesimo, è una marcia verso la conquista dell’io, che il Medio Evo aveva mortificato in omaggio a Dio. Per riconquistare quest’io, mortificato da Dio, l’uomo si mise a percorrere freneticamente le vie dell’emancipazione. Venne Lutero col Protestantesimo, e si ebbe l’emancipazione dell’io dall’autorità religiosa. Venne Cartesio e col suo famoso metodo filosofico segnò l’emancipazione dell’io dalla filosofia tradizionale, ossia dalla filosofia perenne che è l’unica vera; emancipazione filosofica poi agli ultimi termini da Kant, da Hegel, eccetera … . Venne Rousseau e con i suoi principi sociali rivoluzionari segnò l’emancipazione dell’io dall’autorità civile. Questa continua, progressiva emancipazione dell’io ha poi culminato nella divinizzazione dell'io medesimo e nella conseguente umanizzazione, o meglio, distruzione di Dio. Si è avuta così l’uccisione nicciana di Dio in omaggio all’io. Tolto di mezzo Dio, si son tolti di mezzo la luce, l’amore e la letizia; e si è avuto tutto l’opposto, vale a dire: tenebre, odio, tristezza. Si è avuto, così, l’uomo finito, ossia un cadavere ambulante, cui quadra a pennello l’epitaffio che aveva preparato il Papini per se stesso, prima che fosse risollevato dalla fede di Cristo: “L’ascensione metafisica di me stesso è fallita. Sono una cosa e non un uomo. Toccatemi! Sono freddo come una pietra, freddo come un sepolcro. Qui è sotterrato un uomo che non poté diventare Dio”. La conquista si è mutata in disfatta»21.

Assistiamo oggi alla fine comatosa (o postmoderno/nichilistica) della modernità, che prima ha fatto di Dio un uomo e dell’Uomo un “dio”, poi ha “ucciso” Dio per soppiantarlo col Superuomo o la Trans/Umanità, infine è scivolata nella debolezza depressiva nichilistica e autistica, auto/dissolutrice e “gerontica”. Tale è la parabola dal Cogito al Nihil (Cogito ergo nihil sum; ossia, se il pensiero prende il posto e soppianta l’Essere nella scala dei valori, anche esso non è, gli manca un fondamento reale, un substrato sul quale poggiare e, quindi, precipita nel nulla: nel mare del nulla tutto affonda …). Agere sequitur esse et non praecedit illud.

L’esistenzialismo pessimista (Schopenhauer, Sartre) e il nichilismo (Nietzsche, Heidegger) distruttivo dell’essere e dei valori, gettano l’uomo nella sfiducia, gli tolgono ogni scopo di vita e lo spingono sull’abisso del nulla, del suicidio e della perdizione eterna.

I nichilisti filosofici cercano d’imbrogliare le carte e di far passare la pusillanimità per umiltà e l’orgoglio per sana e retta autostima.

Invece, l’orgoglio consiste nel voler esser più grandi di quanto ci compete secondo la nostra natura; ad esempio, nel voler conseguire il proprio fine ultimo da se stessi, nel voler essere autonomi da ogni altro ente, insomma nel Transumanesimo.

L’umiltà (o il sano realismo) non vuole né essere né sembrare di più (né di meno) di quel che consente la realtà; se un uomo pretendesse di essere il creatore di se stesso, peccherebbe di presunzione; se si abbassasse a livello degli animali (come i sensisti) o del puro nulla dal quale non vi è uscita (come i nichilisti), cadrebbe nella sfiducia e nello scoraggiamento. Ecco quindi che l’umiltà non ha nulla di deprimente o avvilente, ma ci mantiene nei giusti limiti, facendoci evitare lo scoglio della presunzione (eccesso) e della disperazione (difetto). La retta e vera conoscenza di sé è il fondamento della vera umiltà, del tutto distinta dalla falsa umiltà, che in un certo senso è simile all’orgoglio, poiché vorrebbe farci apparire diversi da quel che siamo.

Ora, la filosofia moderna è impregnata di razionalismo idealista, che fa dell’uomo un assoluto e questo è un eccesso (orgoglio), e la postmodernità, invece, è imbevuta di esistenzialismo scorato e di nichilismo disperato, che fanno dell’uomo un non-essere, una nullità, un aborto (e questo è un difetto), non volendo tener conto dell’aiuto onnipotente di Dio, che “innalza gli umili ed abbassa i superbi”.

Le origini prossime del postmoderno sono quelle della modernità, come si è già visto. Ma, le origini remote sono ben altre. Elettra Stimilli ci spiega che, sin dal 1974, Gershom Scholem ha affrontato il discorso dei rapporti tra cabala22 e nichilismo (G. Scholem, Der Nihilismus als religiöses Phänomen, in «Eranos-Jahrbuch», n. 43, 1974, pp. 1-5).



Il Nichilismo metafisico classico

Il nulla è non-essere, ciò che non esiste, la totale assenza di ogni realtà. S. Tommaso spiega: “Idem est nihil quod nullum ens / il nulla e la mancanza totale di essere sono la stessa cosa” (S. Th., I, q. 45, a. 1).

Attorno al concetto di nulla si sono chinati vari filosofi. Nell’antichità il primo è stato Parmenide, che lo concepisce senza l’intermediazione della potenza e quindi come la negazione totale dell’essere in atto, che è l’unico esistente, sfociando così nel monismo panteistico.

Aristotele introduce il concetto di potenza, che è il passaggio dal nulla all’atto o il fieri. Quindi, la potenza non è ancora, quanto all’essere in atto, ma è qualcosa (capacità di essere), quanto al puro nulla.

S. Tommaso ci avverte, riprendendo il concetto di potenza, di non lasciarci sedurre dalla volontà di potenza di “entificare o reificare” il nulla, facendo di esso un polo negativo, quasi esistesse come ente o “essere al contrario”, una sorta di “ente negativo”, mentre è il contrario o la negazione dell’essere.

Sarebbe la perpetuazione della menzogna di Ulisse che ha ingannato Polifemo e i Ciclopi. “Chi ti ha accecato?”, domandano i Ciclopi a Polifemo accecato da Ulisse, il quale gli aveva prima detto di chiamarsi “Nessuno”. Naturalmente Polifemo, risponde loro: “Nessuno mi ha accecato”. Quindi i Ciclopi, concludono che Polifemo sta scherzando e non lo soccorrono. Se esiste solo il nulla e nessuno, allora è inutile fare alcunché, poiché non avrebbe alcun senso.



Il Nichilismo contemporaneo

Il Nichilismo novecentesco cerca di dare realtà (anche se negativa) al nulla, come il Manicheismo la voleva dare al male, facendo di esso un assoluto, mentre è solo privazione di bene, come il nulla è privazione totale di essere. Il Manicheismo è un antesignano del Nichilismo morale.

L’odio del nulla e quindi la sua tentata “entificazione” e deificazione, proviene secondo l’Angelico, dal fatto che la ragione dell’imperfezione del creato viene dalla sua origine: il nulla, dal quale Dio ha creato l’essere “in quantum creatura est ex nihilo” (De Potentia, q. 3, a. 1, ad 14). Ora, l’orgoglio non può tollerare la deficienza del creato (v. lo Gnosticismo antico) e quindi non vuol ammettere la totale vacuità del nulla e cerca di dargli una certa entità, negativa ma pur sempre “reale”; accontentandosi anche di discendere dalla scimmia, che a sua volta scende dagli alberi.

La modernità ha ripreso il concetto degli gnostici del II secolo di disprezzo per il limite umano e ne ha concluso: 1°) l’idea di Dio, che coincide panteisticamente con l’uomo (dacché Dio non esiste), la quale nasce dalla non accettazione da parte dell’uomo dei propri limiti. Quindi, per essere pienamente se stessi, gli uomini debbono farsi Dio (Feuerbach); 2°) l’idea di Dio è un prodotto del capitalismo per intontire, come un oppiaceo, il proletariato e poterlo continuare a sfruttare. Dunque, per liberarsi dall’oppressione capitalistica occorre distruggere l’idea di Dio (Marx); 3°) tuttavia, l’insicurezza psicologica umana ha bisogno dell’idea di Dio (Kant), come di una sorta di orsacchiotto di peluche per rassicurarsi e sormontare la propria angoscia e i propri complessi. Perciò per guarire da essa bisogna annichilare la coscienza di Dio (Freud).

Come si vede la natura del Nichilismo filosofico è l’odio contro l’«essere per partecipazione» (la creatura), ma soprattutto per l’«Essere per essenza» (Dio) e il tentativo di eliminare il concetto di creazione dal nulla dando al nulla, una certa realtà anti-reale.

Oltre l’odio contro Dio, la realtà e l’essere creato (Nichilismo metafisico), il Nichilismo odia e vorrebbe distruggere 1°) la ragione umana, rimpiazzandola col sentimento e l’istinto animalesco (Nichilismo logico) e 2°) la morale oggettiva, sostituendola con l’amoralismo o la trasgressività (Nichilismo morale).

Quali sono i frutti del Nichilismo: il niente metafisico e il nulla etico. Infatti “ex nihilo nihil fit”. Se si toglie all’uomo la ragione, che è proprio ciò che lo rende uomo e diverso dall’animale, se gli si toglie la libera volontà e la morale oggettiva o la ricerca di un fine o scopo che coincide col Bene, se si cerca di distruggere la realtà (l’essere, la ragione e la libera volontà, lo scopo della vita e le regole che ce lo fanno raggiungere) si sprofonda l’uomo nell’apatia e nella disperazione, che sono i frutti della mancanza di un ideale e di uno scopo.

Ma, come Aristotele aveva obiettato ai sofisti, i quali asserivano: “La verità non esiste, nulla è conoscibile con certezza”; che, se son certo della non esistenza della verità e della non conoscibilità della realtà, almeno questi due principi (non esistenza della verità; non conoscibilità della realtà) per il sofista sono veri, certi e oggettivi; così, si può obiettare al Nichilismo: se nulla esiste, non ha valore e non è vero nulla, almeno questo è certo, è vero ed ha valore ed esiste.

Il maestro del Nichilismo moderno è Nietzsche. Ora egli ha chiaramente enunziato i principi del Nichilismo metafisico, che possono essere riassunti in una sorta di anti-Decalogo: 1°) in tutto ciò che accade non c’è alcun senso; 2°) col divenire non si giunge a nulla; 3°) quindi, non c’è nessun valore e nessuna risposta al perché delle cose e dei fatti; 4°) Dio stesso (o meglio la sua idea) è morto e lo ha assassinato il mondo moderno, avendolo rimpiazzato con il cogito (Cartesio), con il sentimento (Kant) e con l’«Io assoluto» (Hegel/Evola); 5°) l’esistenza di Dio non è un ente reale, ma è il bisogno o la necessità che ha la coscienza dell’uomo di auto/ingannarsi per potere vivere, anche se non vi è nessuno scopo di farlo e sopportare l’insensatezza dell’esistenza; 6°) la menzogna (Dio, l’essere creato, la ragione, il bene, il fine) è necessaria per continuare a vivere, una sorta di fuga di fronte al nonsenso del mondo; 7°) le azioni umane in sé non hanno alcun valore, siamo noi che lo diamo loro a seconda dei nostri gusti; 8°) dunque non esiste una legge morale oggettiva e reale, ma solo soggettiva o della situazione; 9°) perciò non esistono azioni malvagie in sé (aborto, suicidio, eutanasia, pedofilia); 10°) la cosa migliore sarebbe non essere mai nato, essere nulla, cioè lo stesso desiderio dei dannati nell’inferno23.

Come i Dieci Comandamenti possono essere riassunti dall’amore soprannaturale di Dio e del prossimo amato propter Deum; così l’anti-Decalogo nicciano può essere riassunto in due anti-comandamenti principali: 1°) se Dio non esiste, tutto è permesso; 2°) tranne il vero e il bene. È la follia del mondo attuale, in cui tutto è lecito (suicidio, eutanasia, transgender…) tranne ricercare la verità, conformarvisi e agire in maniera moralmente conseguente, ossia moralmente bene.



Conclusione

Dallo studio fatto da padre Paolo Siano su Aleksandr Dughin, si evince che la sua filosofia è in piena sintonia iniziale con la Modernità idealista, ma soprattutto e in maniera ultimativa con il suo rovesciamento, ossia la Postmodernità nichilista.

Ora, la Modernità è un errore di presunzione, che tende all’auto/divinizzazione dell’uomo tramite le sue sole forze naturali. Infatti, il Soggettivismo cartesiano e l’Idealismo kantiano/hegeliano si fondano sulla pretesa autonomia e autosufficienza assoluta della creatura e tendono all’allontanamento dal Trascendente.

Tuttavia, la conclusione logica cui porta la Modernità (XVII secolo / XIX secolo) è il suo rovesciamento; cioè, il Nichilismo filosofico (XX / XXI secolo) 1°) morale o “sui/cidio” (distruzione della morale); 2°) logico o “ratio/cidio” (negazione della retta ragione) e infine 3°) metafisico o “enti/cidio” (annichilazione della realtà).

Infatti, la Postmodernità (da Nietzsche/Freud a Dughin, passando per la “Scuola di Francoforte” e per lo “Strutturalismo francese”) è essenzialmente pessimista o distruttivamente sfiduciata, avendo negato ogni valore a) della realtà ontologica; b) della retta ragione e del ragionamento logico e, infine, c) della retta morale naturale e rivelata.

Questo Pessimismo metafisico o Nichilismo radicale tolgono all’uomo ogni scopo di vivere, lo spingono verso l’abisso del nulla, del suicidio fisico e della perdizione eterna.

Insomma, da un eccesso di euforia o dal “delirio d’onnipotenza” (Modernità dell’Otto/Nove cento) si è passati a un difetto di disforia (Postmodernità del XX/XXI secolo).

Il mondo moderno e contemporaneo è un ammalato di ciclotimia, un paziente bipolare che oscilla tra manie di grandezza e di depressione autolesionista, non sapendo trovare il “giusto mezzo, non di mediocrità ma di profondità e di altitudine” tra l’eccesso e il difetto.

Il rimedio esiste ed è unicamente quello di rientrare in contatto con la realtà, mediante “la seconda e la terza navigazione” platonico/aristotelica e soprattutto tomistica24.

Infatti, non si può scendere a patti con il delirio idealista o nichilista ossia con la sindrome euforica o disforica. No! Occorre porvi un rimedio; perciò, o li si supera, oppure “si sprofonda nel mare del nulla, in cui tutto affoga”.

La sana metafisica platonica era arrivata con la “seconda navigazione” a oltrepassare il puro sensibile, il fenomeno, la materia per giungere all’intellegibile, alla sostanza, all’essenza, tramite la logica, la filosofia morale o l’etica e la metafisica.

Tuttavia Platone aveva svalutato e disprezzato il sensibile e la materia, come se fossero intrinsecamente perversi, pur avendo cercato di elevarsi al soprasensibile, alla metafisica. Però, quell’errore iniziale di disprezzo della realtà materiale lo aveva portato fuori strada, per un eccesso di spiritualismo o “angelismo”.

Aristotele lo corresse, senza abbandonare quanto di buono e di geniale vi era nella sua filosofia: ossia lo sforzo di trascendere il sensibile per arrivare alla metafisica (“metà tà fisicà / aldilà della natura fisica e materiale”).

Però, anche lo Stagirita non era giunto sino al termine del cammino filosofico. Infatti, pur senza commettere errori sostanziali, si era arenato all’essenza o natura o sostanza e non era giunto al porto dell’essere, con la “terza navigazione”, che fu intrapresa poi da San Tommaso d’Aquino.

L’Aquinate scoprì la terraferma, buona e ottima oltre il mare procelloso della navigazione dal sensibile al soprasensibile. Egli è giunto a cogliere il traguardo della conoscenza umana: l’essere come atto ultimo, perfezione di ogni sostanza, essenza, natura. Insomma la perfezione di ogni perfezione (cfr. S. Th., I, q. 4, a. 1, ad 3; Ibidem, I, q. 50, a. 2-3; De ente et essentia, cap. 5; De potentia, q. 7, a. 2, ad 9; Ibidem, q. 3, a. 5, ad 2; C. Gent, lib. I, cap. 38, 52-54; De anima, q. 6, a. 2).

Se prendiamo l’Angelico come guida - similmente a Dante con Virgilio e poi Beatrice - potremo giunger «a rivedere il cielo e il Sol che muove il mondo e le altre stelle».

Oltre l’essere vi è il nulla. Perciò, non si può oltrepassare il Tomismo, sotto pena di cadere di nuovo nel Nichilismo. Certamente, il Tomismo può essere approfondito, come ha fatto la seconda e la terza Scolastica.

Il principio d’identità e non-contraddizione ci pone difronte a un’alternativa radicale, che ci mette con le spalle al muro: “Esse aut non esse, tertium non datur”.

Dughin, tornando a Baruch Spinoza25 (non troppo sorprendentemente, poiché l’anima di ogni Esoterismo gnostico è la Cabala e il Talmud26) cerca di evitare questo scoglio con l’escamotage, vecchio quanto la Sofistica - combattuta già nel 300 a. C. da Socrate, Platone e Aristotele - di negare il principio di non-contraddizione, per rifugiarsi nella droga mentale, morale e reale della “coincidentia oppositorum”.

Ancora una volta “nel mare del nulla tutto affonda”, perché viene a mancarci sotto i piedi la terra dell’essere.


Don Curzio Nitoglia


1 Cfr. C. Nitoglia, Esoterismo contemporaneo anticristiano, in www.doncurzionitoglia.com, 2015.

2 Per un’esatta nozione di Tradizione apostolica - ben diversa dal Tradizionalismo gnostico, esoterico o fideistico - cfr. B. Gherardini, Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Id., Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011.

3 Cfr. C. Nitoglia, Joseph de Maistre esoterico? in www.sisinono.org , 2019.

4 Cfr. C. Nitoglia, Si può essere evoliani e cattolici? in www.sisinono.org, 2015; Id., Evola Massone? in www.doncurzionitoglia.com, 2015; Id., Stirner e Evola, in www.doncurzionitoglia.com, 2015.

5 Cfr. C. Nitoglia, Equivoco guénoniano, in www.doncurzionitoglia.com, 2012; Id., Si può essere guénoniani e cattolici? in www.sisinono.org, 2021.

6 Cfr. F. Olgiati, I fondamenti della metafisica classica, Milano, Vita & Pensiero, 1950; B. Mondin, Storia della metafisica, Bologna, ESD, 3 voll., 1998.

7 Cfr. C. Giacon, Guglielmo di Occam. Saggio storico-critico sulla formazione e sulla decadenza della Scolastica, Milano, Vita & Pensiero, 1941, 2 voll.; Id., Occam, Brescia, La Scuola, 1943.

8 Cfr. C. Nitoglia, L’Esoterismo, CLS, Verrua Savoia, 2002.

9 Cfr. F. Olgiati, La filosofia di Descartes, Milano, Vita & Pensiero, 1937.

10 Cfr. G. Mattiussi, Il veleno kantiano, Monza, 1907.

11 Cfr. M. Cordovani, Cattolicismo e Idealismo, Milano, Vita e Pensiero, 1928; G. M. Roschini, L’idealismo. Che cos’è. Come combatterlo, sine data, loco et editore; S. Vanni-Rovighi, Storia della filosofia moderna, Brescia, La Scuola, 2° ed., 1981, I vol., pp. 795-873, K. Rosenkranz, Vita di Hegel, Firenze, Vallecchi, 1966.

12 Cfr. R. Garrigou-Lagrange, La distinction réelle et la réfutation du panthéisme, in “Revue tomiste”, 1938; M. F. Sciacca, voce “Panteismo”, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1952, vol. IX, coll. 686-693.

13 E. Voegelin, La nuova scienza politica, tr. it., Torino, Borla, 1969; Id., Il mito del mondo nuovo, tr. it., Milano, Rusconi, 2a ed., 1976; U. Bianchi, Le origini dello Gnosticismo, Colloquio di Messina (13 - 18 aprile 1966), Leiden, ed. E. Brill, 1967; C. Nitoglia, Gnosi e Gnosticismo, Paganesimo e Giudaismo, Brescia, Cavinato, 2006.

14 Cfr. R. E. Lerner, Refrigerio dei Santi. Gioacchino da Fiore e l’escatologia medievale, Roma, Viella, 1995; H. Grundmann, Gioacchino da Fiore. Vita e opere, Roma, Viella, 1997; H. de Lubac, La posterità spirituale di Gioachino da Fiore, Milano, Jaca Book, 2 voll., 1983.

15 Cfr. A. Del Noce, L’epoca della secolarizzazione, Milano, Giuffré, 1970; Id., Secolarizzazione e crisi della modernità, 1989, Bologna, Il Mulino.

16 Cr. C. Nitoglia, Dal Cristo esoterico al Cristo cosmico, in www.sisinono.org, 2021.

17 Cfr. A. Del Noce, Il problema dell’ateismo, Bologna, Il Mulino, 1964; C. Fabro, Introduzione all’ateismo moderno, Roma, Studium, 1964, 2 volumi.

18 Cfr. C. Fabro, voce “Agnosticismo”, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, vol. I, 1948, coll. 497-488.

19 A. Del Noce, Cristianità e laicità, Milano, Giuffré, 1998, pp. 161-169.

20 A. Del Noce, Il problema dell’ateismo, Bologna, Il Mulino, 1964, pp. 293-333.

21 G. Roschini, La Santa Messa. Breve esposizione dogmatica, II ed., Frigento, CME, 2010, p. 11-13.

22 Cfr. C. Nitoglia, Tradizione cattolica e tradizione cabalistica, in www.doncurzionitoglia.com, 2016.

23 Cfr. Gf. Morra, Il cane di Zarathustra. Tutto Nietzsche per tutti, con antologia, Milano, Ares, 2013.

24 Cfr. M. De Corte, L’intelligenza in pericolo di morte, Roma, Volpe, 1973; Id., Ritorno al reale, Roma, Volpe, 1970.

25 Cfr. Andrea Dalledonne, Il rischio della libertà: San Tommaso – Spinoza, Milano, Marzorati, 1990.

26 Cfr. C. Nitoglia, L’Esoterismo. L’autodivinizzazione dell’uomo e l’unità trascendente delle religioni alla luce della metafisica tradizionale, CLS, Verrua Savoia, 2002; Id., Gnosi e Gnosticismo, Brescia, Cavinato, 2004.








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