Russia
13 marzo 2022 VULIN: “CHI NON CHIEDE LA CONDANNA DEI CRIMINI NATO IN SERBIA, NON HA DIRITTO DI GIUDIZIO PER L’UCRAINA”
di Eliseo Bertolasi
Belgrado.
Il ministro degli Affari interni della Serbia, Aleksandar Vulin, ha
affermato che coloro che non ritengono che il patto NATO sia
responsabile dei crimini di guerra in Serbia, non hanno il diritto di
giudicare nessuno in Ucraina: Commentando la giustificazione dell’ex comandante della NATO in Europa Wesley Clark su “Voce d’America” sull’aggressione della NATO contro la Jugoslavia: “non ci sono paralleli tra l’intervento della NATO nella R.F. di Jugoslavia e l’invasione russa dell’Ucraina”, Vulin ha affermato che “chiunque condanni i combattimenti in Ucraina deve condannare l’aggressione della NATO alla R.F. di Jugoslavia”.
“Chiunque
tenti sul territorio della Serbia di creare il falso stato del
Kosovo, non ha il diritto di parlare dell’integrità territoriale
di qualsiasi altro stato”. Belgrado, 1999, era il 24 marzo quando alle 20.25 scattarono i primi raid aerei dell’Alleanza atlantica contro la Jugoslavia (Serbia-Montenegro). Durarono 78 giorni, per la prima volta senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Oltre a enormi distruzioni (35.450 cluster bombe lanciate, 995 target colpiti, 3.650 strutture pubbliche danneggiate) i bombardamenti, con i jet che partivano principalmente da portaerei in Adriatico e basi NATO in Italia, causarono in Serbia, a seconda delle fonti, fra 1.200 e 2.500 morti, oltre a 12 mila feriti. Nell’anniversario dei 20 anni di questi raid aerei su Belgrado il presidente Aleksandar Vučić davanti a 30mila persone radunatesi a Nis, città meridionale serba, tra quelle più colpite dai bombardamenti della primavera 1999 non esitò a dichiarare: “La popolazione civile come bersaglio delle bombe, 2.500 morti, di cui 79 bambini, un Paese devastato, danni per 100 miliardi dollari: resterà per sempre un crimine”. Anche l’Italia che partecipò ai bombardamenti, col passare del tempo iniziò a contare le sue vittime dovute a questa azione di guerra: se ne è discusso a Roma il 4 aprile 2019, nel convegno “Uranio: un anno dalla IV Commissione. Presente e futuro”, organizzato dall’Associazione italiana vittime dell’uranio impoverito e dall’Osservatorio militare del Ministero della Difesa italiano.
I
relatori al convegno hanno parlato del terribile stato di salute dei
soldati italiani che parteciparono alle missioni di “mantenimento
della pace” in aree precedentemente attaccate dalla NATO con
testate all’uranio impoverito.
Inviato
dalla Serbia, alla conferenza di Roma ha preso parte Darko
Laketić,
che guida la Commissione parlamentare d’inchiesta serba istituita
per indagare sugli effetti dei bombardamenti della NATO sulla salute
dei cittadini serbi. Non va dimenticato che i raid aerei partirono, in gran parte, dalle basi italiane, con l’ok dell’allora governo D’Alema, ancor prima di discuterne con il Parlamento. Ma quelle erano bombe di “pace”, nessuno si stracciò le vesti per tale aggressione, perché se a sganciare bombe e lanciare missili sono USA e NATO, per l’opinione pubblica, i media occidentali, la cosiddetta “società civile” benpensante, si tratta sempre di bombe “di pace”, come pure i civili morti diventano semplicemente “effetti collaterali” da immolare sull’altare della “democrazia” dei “diritti umani” del “mondo libero e civile”.
Fonti:
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