*** *** ***
Risalgono
ad appena una decina di giorni fa i tre
provvidenti gemelli emessi dal Tar del Lazio che avevano imposto il
reintegro dello stipendio ad altrettanti appartenenti alle forze
dell’ordine
nonostante le mancate vaccinazioni, chiamando in causa il principio
costituzionale del diritto alla retribuzione. Arrivano
ora due nuove importanti pronunce
che impallinano gli obblighi vaccinali come requisito per svolgere
l’attività lavorativa. Si tratta di un decreto del
Tar lazio
che riammette al lavoro 26 militari sospesi e dell’ordinanza di un
giudice
militare di Napoli
che interviene su un caso piuttosto complesso e rimette il tutto alla
Corte Costituzionale.
Ma andiamo con ordine: il
dispositivo del TAR è piuttosto scarno, ma interviene su ben 26
ricorrenti, tutti militari, dispondendo il reintegro sul posto di
lavoro,
così recita il decreto: il tribunale “accoglie e per l’effetto
sospende medio tempore l’efficacia dei provvedimenti sospensivi
impugnati. Fissa per la trattazione collegiale la camera di consiglio
del 16 marzo 2022”. Non si tratta di una decisione definitiva,
dunque, tuttavia sembra testimoniare un cambio di rotta dei giudici
amministrativi.
L’altra ordinanza è stata emessa da un
giudice
militare di Napoli
e riguarda un ufficiale
dell’Aereonautica Militare,
rimandando il caso al giudizio della Corte Costituzionale. In questo
caso il magistrato articola dettagliatamente i propri dubbi
sulla costituzionalità degli obblighi vaccinali.
La questione è giuridicamente complessa perchè riguarda un
ufficiale che lo scorso settembre avrebbe dovuto partecipare a una
missione
all’estero
ma per farlo doveva sottoporsi alla vaccinazione. Per essersi
rifiutato il militare era stato denunciato per “disobbedienza
aggravata all’ordine impartito”.
Il
caso aveva quindi anticipato l’obbligo di vaccinazione per il
personale militare introdotto lo scorso 15 dicembre.
Nel decreto vengono sottolineati i profili di incostituzionalità
che, secondo i principi espressi dal giudice militare, potrebbero
essere chiamati in causa in tema di obblighi di vaccinazione
anti-covid.
Il primo riguarda l’incompatibilità
tra l’obbligo di vaccinazione e il consenso che è chiamato a
firmare chi vi si sottopone,
laddove, come recita l’ordinanza, il
consenso “costituisce l’espressione della consapevole adesione al
trattamento”
nel rispetto degli articoli 2, 13 e 32 Cost. (sentenza n. 438/2008),
a fronte di una “inconciliabile
antitesi con un obbligo inteso quale comportamento imposto sotto la
comminazione di legge”.
L’ordinanza
interviene poi su un altro tema ovvero il bilanciamento
tra la tutela della salute pubblica e quella individuale.
In merito a questo, il giudice si rifà a due sentenze della corte
costituzionale, la 5 del 2018 e la 307 del 1990, e scrive: “la
legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con
l’articolo 32 della Costituzione se (….) esso non incida
negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo
che per quelle sole conseguenze che appaiono normali e, pertanto,
tollerabili”
L’ordinanza
prosegue sollevando il dubbio che i limiti del rispetto della persona
umana sanciti dall’articolo 32 possano “considerarsi violati
anche nel caso di vaccini obbligatori che non siano stati approvati
in via definitiva dalle
competenti autorità nazionali (AIFA) e straniere (EMA), per essere
vaccini ancora in fase sperimentale oppure vaccini con autorizzazione
all’immissione in commercio condizionata”. Il caso viene dunque
rimandato alla valutazione della Corte
Costituzionale.
Abbiamo
chiesto un commento su questo argomento all’avvocato Angelo Di
Lorenzo: “Poteva
essere una segnale ma ora è quasi una certezza che c’è il dubbio
nella magistratura che questa normativa sulla vaccinazione
obbligatoria sollevi profili di incostituzionalità. Con le ultime
pronunce abbiamo una panoramica sotto quasi i profili: civilistici,
amministrativi”.