I toni del discorso pubblico in materia sanitaria stanno ormai raggiungendo vette sublimi, sia nei toni che nei contenuti. Riporto, a titolo esemplificativo, gli ultimi squarci di luce da Trieste, sintomi molto chiari del piano inclinato preso dalla grande comunicazione, perché non oserei mai alludere a sottostanti “veline” di regime. Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza dichiara: “È un momento molto grave in cui non c’è più rispetto delle regole, ora basta. Chiederò il rispetto delle regole e lo farò anche al limite della legge“. Cosa possa significare il “limite della legge” è oscuro e poco rassicurante. Il prefetto sempre di Trieste, Valerio Valenti, rincara: “Sanzioni più dure per chi non rispetta le norme anti-Covid durante le manifestazioni“. Annunciando il divieto di usare p.zza dell’Unità d’Italia, luogo altamente simbolico, per manifestazione pubbliche fino al 31 dicembre, si scopre costituzionalista: “Nel bilanciamento degli interessi per me prevale il diritto alla salute sul diritto a manifestare. Occorre individuare… forme che non reprimano questo diritto ma lo comprimano alla luce delle evidenze scientifiche. È un’operazione difficile perché deve essere affiancata da un principio di effettività delle misure messe in campo“. Bilanciamento di interessi? In una situazione che vede in gioco diritto primari ed incomprimibili, come il diritto di espressione e manifestazione del pensiero, per non parlare del diritto di lavorare e, ancor prima del sommo diritto di non essere discriminati? Si accorge, il Prefetto, che ha capovolto i principi di civiltà giuridica che animano la Costituzione? Sembra di no, e spostando il registro del discorso su un asse tra il politico ed il moralistico, lancia un nobile appello ai contestatori, sintesi in cui i principi liberali mostrano quanto siano intrisi di responsabilità civile, “Siete liberi di fare quello che volete, di non vaccinarvi, ma lasciate liberi gli altri“.[1]
Potrebbe bastare, ma ci manca il richiamo appassionato all’amor di patria. Il presidente di Confindustria Alto Adriatico, Michelangelo Agrusti dà il suo contributo, spostando il tiro sul piano militare: ” Il peso di questa situazione non è solo dei manifestanti perché … siamo pochi i vaccinati rispetto ad altre regioni”. Facendo un salto logico vertiginoso, continua: “C’è un reato che va perseguito ed è quello di chi diffonde notizie false e tendenziose volte a turbare l’ordine pubblico, quindi vi invito a valutare anche questa ipotesi di intervento“. Quali notizie? Chi le diffonde? Cosa c’entrano con lo sventolato aumento dei contagi? Cosa c’entra con i non vaccinati del Friuli? Non contento, però, aggiunge, citando Gialuz e Benussi, che la pazienza è finita: “Io credo si debba intervenire radicalmente e far passare al governo il messaggio che il peso di un’eventuale restrizione deve gravare su coloro che non sono vaccinati. Se questa è una guerra, questi sono dei disertori. Non dobbiamo fucilare nessuno, ma dobbiamo far pesare la loro diserzione.”[2] Chi ha dichiarato lo stato di guerra? Contro quale nemico? Chi ha inviato le cartoline precetto per l’arruolamento? Non dico la logica, ormai sepolta da tempo, ma la semantica, ha ancora un qualche posto nel discorso? Ossia, chi si appropria di un microfono, si rende ancora conto che deve dire cose sensate? Qualcuno può dare una risposta, appunto, sensata? Oppure, chiunque si ponga domande e vuole, pretende, risposte soddisfacenti, deve semplicemente rendersi conto che è un malato mentale?
Fatta questa premessa, per documentare quanta violenza, quanta sconclusionata arroganza, ormai dominino il discorso pubblico, violenza usata dai giudiziosi e responsabili che si nutrono di evidenze scientifiche, ricoperte da spesse cortine fumogene ed insieme usate come idranti antisommossa, non si può non notare che lo stesso fenomeno che si verifica nella produzione normativa, si replica viralmente nella comunicazione, sia pubblica che privata. La normazione ormai riserva di caccia del monopolio monocratico dell’esecutivo, contro i principi più elementari dell’impianto costituzionale; la comunicazione pubblica pensa di poter ignorare ogni principio, ma anche ogni banale regola della logica, della semantica, della responsabilità, grave, di poggiare le proprie narrazioni su argomenti solidi ed insieme trasparenti, dell’onere di non confondere piani e linee di discorso diversi e non intercambiabili. Questa distruzione della logica e del linguaggio, ha come risultato non solo l’incapacità di vedere l’eversione istituzionale in corso, ma la possibilità impunita di trasformare esseri umani del tutto innocenti ed inermi, che esercitano loro diritti originari e primari (per questo non sottoponibili a forme di bilanciamento con interessi più o meno sovraesposti), prima in sorci, per nascondere il più elegante ma insieme più scoperto cavie da laboratorio, poi in evasori di un obbligo inesistente, infine in parassiti e infine in disertori. Mentre, da ben più alto (?) pulpito, si trasformano obblighi comprensibili solo sul piano teologale in precetti positivi del grande fratello politicamente corretto. Ma, anche, qui, il grande e spinosissimo problema della separazione tra Chiesa e Stato, è forse stato risolto con la loro confusione funzionale?
Lasciamo, però, questa linea di considerazioni abbastanza di superficie, per cercare qualche filo più sfuggente ma più significativo. Gli ultimi rantoli della comunicazione pubblica in materia di Covid, vaccino, green pass e via discorrendo, lasciano a bocca aperta. Quanto sopra riportato dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che la propaganda di stato e di sistema, è fuori controllo. Il suo unico scopo sembra ormai demonizzare ed insultare, in maniera sempre più pesante, volgare e gratuito, chi non accetta di inocularsi un siero che suscita tanti e fondati dubbi, perché tutti ormai sanno e non si può più nascondere che è inequivocabilmente sperimentale. Studi serissimi, dati pubblicati dalle agenzie e autorità sanitarie pubbliche anche e soprattutto internazionali, sono del tutto ignorati e le domande, i dubbi che tali informazioni e ricostruzioni non semplicemente legittimano, ma impongono ad ogni mente minimamente libera, sono stuprati dalla violenza verbale fusa in uno stonatissimo, seppur perfettamente manovrato, coro il cui unico scopo è ridicolizzare, violentare, spingere fuori dal consesso umano, coloro che non si adeguano alla narrazione. Non era, una volta, il dissenso, il sale della democrazia? Il motore del dibattitto e del progresso scientifico? Uno dei modi più maturi di far crescere un’autentica amicizia?
E non era anche la tutela delle minoranze, di chi pensa diversamente dai più, il primo frutto della democrazia?
Non era, fino a poco tempo fa, compito primario dello Stato e delle istituzioni pubbliche, disciplinare, limitare, correggere il prepotere dei grandi monopoli finanziari e produttivi mondiali?
Domande ormai vuote, insensate, pericolose per la stabilità del corso antipandemico e ostacolo intollerabile per la nuova religione sanitaria. Ma, qualcuno sentiva bisogno di una nuova religione? E, se lo avesse sentito, si sarebbe forse affidato ai nuovi sacerdoti della tecnoscienza e del biopotere?
A parte ciò, chi resiste, ormai, è, d’ufficio, un criminale, un disertore appunto, non meritevole, perciò, di difesa, né di processo, nemmeno di giudizio e di scontata condanna, ma solo di automatica, immediata, infamante esecuzione mediatica e digitale. Per esecuzione, si faccia attenzione, qui non si può non intendere se non l’esecuzione capitale. Abbiamo forse dimenticato l’istituto della morte civile? D’altra parte, se chi non mette a disposizione il proprio corpo, non concedendosi legittimamente ad essere inoculato di quell’inquietante siero, secondo le massime autorità, uccide e si suicida. Più criminale e psicopatico di così, cosa possiamo immaginare? Al massimo il disertore è un deficiente, un inetto non cresciuto che deve smetterla di fare i capricci! Anzi, in questo caso, il “dolce padre” che ci richiama e corregge, è davvero il più mite dei difensori di quegli strani disadattati che, accecati dall’ignoranza e dall’egoismo, non vogliono ascoltare tali afflati d’amore.
Una piccola nota. Esercitare uno dei doni più sublimi che il Creatore ci ha dato, la capacità di fare domande intelligenti perché attratti irresistibilmente dalla verità, è ormai il transcrimine capitale del mondo transumano. Come “vivere nella verità”, se il domandare è soffocato in culla? Va anche notato che il nichilismo discorsivo della narrazione sfrenata, compiaciuta della possibilità di poter ammonticchiare parole senza doversi misurare con nulla che non sia l’autocompiacimento e il consenso d’ufficio dei propri sodali, è ormai un residuo dell’anteguerra sanitario. Anche tale nichilismo della menzogna, però, è funzionale a schiacciare chiunque continui a resistere, a porre domande, a non offrirsi come cavia per amore, a procedere verso il controllo totale di ogni nostro comportamento ed atteggiamento.
Ma come siamo potuti arrivare ad un tale obbrobrio? Ad una tale violenza che sostituisce ogni criterio di verità con postulati arroganti ed indiscutibili, da cui si traggono sviluppi che non devono nemmeno più curarsi della loro coerenza, ma semplicemente avvolti dal furibondo turbine volto a spazzare via la vita civile, la civiltà giuridica, i principi elementari della convivenza politica? Ad incenerire ogni barlume di umanità, sfogando così l’odio per l’uomo e per l’ordine che gli consente di vivere equilibratamente in società? Di vivere dignitosamente la sua vita? Come siamo arrivata a questa cecità totale per cui odiamo come il più arcigno e maligno nemico dell’umanità il Creatore, di cui bisogna eliminare anche il nome? Senza capire che, così, diventiamo preda di un nuovo ordine totale, l’ordine di chi promette la sicurezza sanitaria ma vuole la nostra silenziosa, grata e gioiosa riduzione a terminali telecontrollati? Quanto dovremo aspettare, e soffrire, che quell’ordine e le sue promesse è solo un feroce, tragico inganno?
Troppe cose sfuggono per poter tentare seriamente una lettura affidabile della situazione pubblica, culturale, antropologica ed anche, forse primariamente, teologica, ben prima che sanitaria. In questo conteso oscuro ed incerto, occorre andare al cuore della questione. La vera lotta è tra chi odia l’uomo e la creazione e il Creatore, che ama in maniera infinita gli uomini di buona volontà. Il conflitto è, ormai, tra chi non è disposto ad ascoltare nessuna ragione, a vedere nessun dato di fatto per quanto sconvolgente, pur di precipitarsi nel cupio dissolvi e vuole trascinarvi l’umanità, e chi vuole vivere ed amare il suo Creatore e, in e per Lui, il suo prossimo. Ormai è chiaro che non ci sono vie di mezzo, non ci sono mezze misure, una volta si diceva mediazioni, che possano con onestà intellettuale essere ricercate e difese.
Certo, modalità e strumenti di lotta in questo scontro, che è più che naturale, sono diversi ed inconciliabilmente opposti tra le due parti in lotta. E, si noti, non si tratta di parti in senso proprio, perché non si affrontano come avversari, ma gli uni vogliono sottomettere, silenziare, distruggere gli altri, mentre questi vogliono riaffermare il diritto e le ragioni più profonde del vivere per sé ma anche per i propri avversari. È qui che dobbiamo porci le domande più urgenti e decisive: come affrontare, come resistere a questa disumana aggressione? Come farlo senza rimanere vittime in primo luogo della sua logica, che è quella dell’odio mortale, forse immortale, senza essere punti dal suo pungiglione che ci inocula il veleno, appunto, dell’odio, della distruzione e dell’autodistruzione? Questa sarebbe la più grande vittoria di chi ci sta insultando, ci vuole privare di ogni diritto e spingere ai margini della società, e forse, ben oltre. La risposta si può cercare solo su di un altro piano, un piano che segue tutt’altra logica, il piano di una civiltà della giustizia e dell’amore, di una civiltà in cui il valore primo non è la sicurezza sanitaria, come non è lo spropositato ed ingordo profitto di pochi o il vanaglorioso potere di altri, sempre pochi e comunque anch’essi schiavi della menzogna e della violenza. La risposta si può solo cercare riaprendo gli occhi e il cuore al nostro prossimo, accettando con semplicità la nostra personale pochezza e debolezza e, soprattutto, alzando nuovamente gli occhi al Cielo. Come facciamo a non renderci conto che Dio, solo Dio, ci ama davvero e fino in fondo? Non è un sogno da mistici incompresi, è il punto più basilare della nostra vita. Non ci sono più mezze misure, non ci sono più compromessi; in gioco sono la vita e la morte, e non solo quella temporale, e questo chiede, impone, ormai, scelte in cui i compromessi su ciò che davvero conta, portano solo, infine, alla morte, alla morte dei singoli ed alla fine della nostra stessa, ormai così traballante, civiltà.
Chiediamocelo: siamo ancora in grado di accettare la grandezza di queste domande e la durezza di queste sfide? Ma sottrarci a queste domande ed all’appassionata ricerca delle risposte, non è più possibile. Perché è questo il livello della lotta in cui ormai siamo stati posti, e dove siamo chiamati a combattere per ricostruire la nostra civiltà, difendere la nostra umanità, e lanciare il cuore.
Dionigi per Iustitia in Veritate
[1] V. La Repubblica 1° novembre 202.1
[2] V. https://www.triesteprima.it/cronaca/confindustria-alto-adriatico-michelangelo-agrusti.html