Da più parti ci viene sollecitato un aiuto nelle circostanze concrete in cui si manifesta l’ennesima evidente impostura legislativa, che ha istituito il cosiddetto green pass.
Analizzato il testo del decreto legge 111 del 6 agosto 2021, non possiamo che confermare la pratica impossibilità di sviscerare tutte le sfaccettature di illegittimità, che solo la pretesa di applicazione nel concreto di quanto disposto, farà emergere.
Non possono quindi suggerirsi azioni legali risolutorie o immediate, e ciò a prescindere dai singoli ambiti che l’applicazione del decreto vorrebbe inquadrare.
Questo perché, a differenza del decreto 44/21, poi convertito in legge, che ha riguardato il mondo sanitario, come prima frontiera che un sistema di potere ormai sganciato totalmente dal popolo ha invaso per distruggere ogni principio di libertà della persona e di diritto alla base della nostra convivenza civile, di fronte a questo secondo attacco al comparto della scuola e dell’istruzione in generale dobbiamo misurarci anche con l’assenza o non esplicitazione di qualsiasi procedura applicativa che, nelle situazioni specifiche, si cerca di aggirare lasciandola di fatto ad una libera interpretazione regolamentare ad oggi inesistente.
La spudoratezza di questa modalità di azione governativa, che si congeda per godere della pausa estiva, di fatto inaugura, nella menzogna più conclamata, uno dei periodi più bui della nostra storia. Nella proroga ingiustificata di una falsa situazione di emergenza – che infatti non impedisce al Parlamento di andare in ferie senza neanche vergognarsi della contraddizione e della beffa ai cittadini – e nell’imposizione vaccinale mascherata da marchio verde, la nuova impostura legislativa dimostra la sua inconsistenza nell’assenza anche di parametri procedurali applicativi.
L’incipit del nuovo decreto legge che estende l’obbligo del green pass alla scuola rappresenta il trionfo dell’ipocrisia, oltre ad essere un insulto totale alle regole basilari dello stato di diritto, come l’ha definito il costituzionalista Daniele Trabucco.
L’articolo 1 infatti esordisce adducendo il nobile obiettivo di “assicurare il valore della scuola comunità e di tutelare la sfera sociale e psico-affettiva della popolazione scolastica” come finalità ad un provvedimento che aggiunge l’obbligo di green pass per tutto il personale scolastico, sotto pena di sospensione senza stipendio, mantenendo per le lezioni in presenza il distanziamento e le mascherine. Queste ultime, però, possono essere eliminate, purchè tutti gli alunni siano stati sottoposti alla vaccinazione sperimentale anti Covid con doppia dose.
Tralasciando la gravissima responsabilità di incentivare la fascia più giovane della popolazione a sottoporsi ai rischi della vaccinazione sperimentale contro un virus che, a quell’età, di fatto non costituisce alcun pericolo (si veda al riguardo l’interessante studio), si creeranno i presupposti per una profonda discriminazione degli alunni sprovvisti del marchio verde.
Ed è addirittura inquietante che anche il Comitato Nazionale di Bioetica abbia vergognosamente approvato la validità del consenso espresso esclusivamente dai minorenni, senza l’avvallo dei genitori, arrogandosi così il diritto di suggerire interventi legislativi per espropriare la potestà genitoriale, strizzando l’occhio ai figli che, stranamente, adesso vengono considerati sufficientemente maturi per decidere autonomamente di sottoporsi ad una sperimentazione medica.
E ciò ancor più considerando il palese abuso di un comitato medico che adotta una decisione contraria alla legge in particolare all’articolo 2 del c.c. che stabilisce la potestà dei genitori sui figli minorenni fino al compimento del diciottesimo anno.
Di conseguenza, i minori che non si adegueranno al ricatto verranno trattati alla stregua di untori: bullizzati, emarginati, e obbligati a vaccinarsi anche contro il parere della famiglia. Si instaurerà in tal modo una sorta di “bullismo di Stato”, in palese contraddizione con tutte le iniziative che nel mondo della scuola si propongono per favorire l’integrazione e la socializzazione degli studenti.
Dal 1 settembre scuola e università si trasformeranno quindi in tetri laboratori per esperimenti vaccinali e psicologici e, in luogo della millantata tutela della sfera sociale e psico affettiva della popolazione scolastica, i nostri figli diventeranno cavie per le case farmaceutiche o saranno il bersaglio dell’odio continuamente istigato dal mainstream contro chi difende la libertà anche del proprio corpo e il diritto di scegliere liberamente le cure secondo il principio costituzionale che lo tutela senza che nessun “interesse” collettivo alla salute lo possa sopprimere.
L’impossibilità di imporre per legge un obbligo vaccinale che sarebbe clamorosamente bocciato dalla Corte Costituzionale e dallo stesso Parlamento anche perché esporrebbe al rischio di dover rispondere economicamente degli effetti avversi conseguenti, viene aggirato in modo subdolo e surrettizio delegando senza ritegno e legittimità un controllo poliziesco alla dirigenza scolastica, oppure ai titolari di esercizi pubblici, fossero pure indistintamente ristoranti, bar, palestre, musei o qualsiasi altro ambito in cui la titolarità della gestione appartiene unicamente alla società civile, perché ivi si esprimono le libertà che costituiscono la nostra persona e il loro libero esercizio.
Con riferimento specifico al mondo della scuola è quindi un totale abuso l’assegnazione ai dirigenti scolastici del compito di controllare i cosiddetti certificati verdi; in primis, perché snaturerebbe la loro stessa funzione attribuendogli di fatto l’improprio ruolo di “gendarme di Stato” creando di conseguenza un clima di “caccia alle streghe” all’interno dell’Istituzione scolastica che è totalmente in contrasto con gli obiettivi educativi che la comunità scolastica si è sempre prefissata di raggiungere.
Va aggiunto inoltre che le “alternative” previste alla vaccinazione (il tampone ogni 48 ore e la certificazione di essere guariti dal Covid, che peraltro dura solo sei mesi) sono di difficilissima attuazione e sono nei fatti strumenti ricattatori – per giunta a pagamento – per costringere le persone a vaccinarsi. Dal punto di vista lavorativo, inoltre, si ravvisa una palese discriminazione e la previsione di conseguenze pesanti per il lavoratore “renitente”: sospensione per quattro mesi (fino al 31 dicembre) se entro cinque giorni non venisse esibito il certificato verde.
A fronte di tutto ciò non esiste di fatto la possibilità di intravedere un percorso difensivo unitario, una strategia generalizzata che possa contrastare questi abusi, se non ribadire la necessità di contestare immediatamente la richiesta del cosiddetto green pass per mancanza di titolarità nel trattamento dei dati sanitari individuali e il loro eventuale trattamento; quindi ravvisandosi nelle varie situazioni in cui i dirigenti scolastici dovessero perseverare in tali richieste, l’avvio di procedimenti disciplinari del tutto anomali ed illegittimi e certamente impugnabili.
È dunque arrivato il tempo della resistenza, che è l’unico criterio da consolidare in ognuno di noi e che quindi appartiene alla singola circostanza e al singolo titolare o dirigente o docente o semplice fruitore di esercizi, che si trova a sentirsi obbligato ad un abuso o al quale viene richiesto di sottostare ad un obbligo, nei fatti inapplicabile ed inesigibile.
Tutta la presunta normativa a cui fa riferimento la pervasiva invenzione del green pass italiano contrasta infatti con i principi cardine di libertà e di tutela dei diritti che sono indicati nella Costituzione, e questa pretesa senza alcuna distinzione è ancor più in contraddizione con gli stessi Regolamenti 953 e 954 del 14 giugno 2021 del Parlamento europeo e del Consiglio d’Europa, che hanno ribadito il principio di non discriminazione nella stessa istituzione del green pass, che di fatto ha altri scopi e non certamente quello di introdurre un surrettizio obbligo di vaccinazione o di sottoporsi a reiterati controlli sanitari.
Non è un caso che tale illegittima estensione di un obbligo inesistente ed inesigibile sia avvenuta in Italia, dove senza vergogna il nostro governo ha addirittura cercato meschinamente di non tradurre dal testo originario tale principio e di cancellare tale vincolo.
Assistiamo infine anche ad un finto gioco da marionette da parte delle stesse istituzioni, tra cui il Ministero degli Interni che proclama che gli stessi titolari di esercizi commerciali non hanno alcun titolo o autorità di polizia per la richiesta o la verifica di questo presunto certificato verde, e ad altre dichiarazioni del garante della privacy che di fatto contraddicono la presa di posizione iniziale rispetto all’abuso di tale documento.
Il tutto in un’immonda pantomima disorientante, come lo è tutta questa presunta normativa tra poliziotto buono e poliziotto cattivo.
Iustitia in Veritate non può che suggerire agli avventori che si scontreranno con titolari di esercizi pubblici masochisticamente iper osservanti di regolamenti illogici, il boicottaggio e la scelta di altri luoghi, dove venga garantita la loro non discriminazione.
A tutti infatti è proposta la resistenza come misura inequivocabilmente necessaria nelle singole circostanze come forma civile di reazione ad un sopruso, e quindi anche di fronte a dirigenti scolastici che, conniventi in modo consapevole o non, cercheranno di imporre un obbligo inesigibile ed inapplicabile, in quanto totalmente illegittimo e infondato,
Ai titolari di esercizi commerciali suggeriamo di non rendersi complici di questo abominio semplicemente ignorandolo e di non aver paura di eventuali sanzioni amministrative che, di fatto, non potranno che essere annullate per la loro totale illegittimità, come sino ad oggi avvenuto nella stragrande maggioranza dei casi.
La libertà su cui poggiamo e che gradualmente è stata divorata nel corso di questi mesi, grazie all’assuefazione secondo la tecnica consolidata del radicamento di una consuetudine per quanto inutile oltre che irrazionale, trattandosi di provvedimenti palesemente destituiti di alcun fondamento scientifico dal punto di vista medico o di diritto, impongono di resistere. E questa resistenza riguarda ormai ogni singola categoria o posizione, ed anche quella degli studenti che non vogliono sottostare ad un ricatto, che è impossibile possa annullar o limitare il diritto allo studio che lo Stato stesso deve garantire e di cui è responsabile.
Si ribadisce quindi che ogni strategia è da valutare caso per caso perché non sono certamente prevedibili le singole circostanze in cui bisognerà muoversi. E caso per caso occorrerà fare fronte individualmente o collettivamente per diffidare e denunciare questi abusi per quello che sono: un tentativo illegittimo e infondato per imporre un obbligo vaccinale non esigibile.
Solo uno sciocco ormai può non accorgersi che il vero obiettivo non è – e forse non lo è mai stato – la tutela della salute, e che questo abuso sta procedendo con la connivenza purtroppo anche di una certa parte delle autorità ecclesiastiche, che tacciono o, peggio, ne sposano la scelleratezza addirittura introducendo acriticamente anche in sacris una presunta normativa ancora più rigorosa, in una spasmodica rincorsa ad essere più realisti del re.
La drammaticità di questi eventi non può e non deve scoraggiarci perché la resistenza è dunque diventata un obbligo morale per difendere la nostra persona e la dignità umana che i nostri padri hanno conquistato per noi con il sacrificio e con la fede.
Nel combattere questa buona battaglia noi ci siamo e siamo pronti ad aiutare chi si rivolge a Iustitia in Veritate.
Milano, 12 agosto 2021