Filosofia - Teologia della libertà
04 luglio 2021 La mediazione essenziale della Chiesa si realizza soprattutto attraverso i Sacramenti e il Magistero Teologia della Libertà Parte 7 La mediazione essenziale della Chiesa, che si realizza soprattutto attraverso i Sacramenti e il Magistero, non toglie nulla al rapporto personale che deve instaurarsi tra il fedele e Dio, ma anzi lo garantisce e in qualche modo, attraverso la Sacra Liturgia, lo amplifica. Lo aveva intuito persino il luterano Kierkegaard quando nel Diario scrive dell’”ineffabile bisogno di preghiere che i poveri morti cercano dai viventi (il dogma della Chiesa sulla Messa per i defunti”). In fondo la comunione dei santi è proprio questo e la Chiesa ne anticipa in qualche modo la realizzazione qui sulla terra. La formula del cardinale Newman del rapporto religioso, “io stesso e il mio creatore” (Myself and my Creator), rimane certo quanto mai valida e attuale. È “il Singolo davanti a Dio”, solus cum solo, che indica che “la verità è la soggettività”, senza per questo dover ricadere nelle spire del vuoto soggettivismo moderno. Ma è attraverso la Chiesa militante, che pone l’esigenza della contemporaneità con Cristo, che tale relazione trova già un suo primo compimento qui in questa terra, contro il mondo e proiettata nell’al di là. Per Kierkegaard l’illusione di una Chiesa trionfante in questo mondo, attraverso i compromessi propri di una “Chiesa di Stato”, aggiornata, ben accetta dalle autorità, integrata nei meccanismi del potere, è “un’illusione”. Solo “una chiesa trionfante nell’eternità è del tutto al suo posto”, in quanto “corrisponde all’ingresso di Cristo nella gloria”1. Corpo Mistico di Cristo, la Chiesa si fonda sul Verbo fatto Carne, un fatto storico avvenuto duemila anni fa. L’incarnazione, grazie alla quale Dio “si mescola al tempo in forma personale”, “ha il suo punto di partenza in una deviazione o caduta iniziale della libertà dell’uomo (il peccato originale) che Dio, per un particolare disegno di misericordia, si è proposto di redimere”. Ma non è da tutti accogliere il messaggio della Croce che salva tramite la Sua Chiesa, “scandalo a’ Giudei, stoltezza per i Gentili” (1 Cor. 1,23). Di fronte all’annuncio di questa Verità ai filosofi dell’Aeropago, Paolo si trovò deriso: “il dogma della resurrezione dei morti non quadrava con la metafisica materialistica del loro stoicismo”. E quei “sofi”, nella loro libertà, rifiutarono il Verbo di Dio incarnato, così come fecero gli esponenti dell’ufficialità ebraica e gli eresiarchi dell’antichità. Fino ai tempi moderni in cui l’ateismo, non più limitato “a posizioni di setta fra filosofi e società segrete”, “investe le masse che il principio democratico ha portato in primo piano”. “L’ateismo costruttivo”, che domina “’l’attuale figura del mondo”, nota Fabro, porta a un “senso di insicurezza crescente”, a uno “smarrimento dell’io nella perdita della sua libertà”2. In realtà “l’ateismo ha una lunga storia, pari a quella dell’umanità poiché il volgersi a Dio è un atto di amore mediante scelta libera per il Sommo Bene: è vero che la realtà di Dio che è la pienezza dell’essere l’immenso, l’immutabile, l’ottimo, il massimo...è la più certa di tutte le certezze..., ma l’uomo si trova nel tempo e cammina nel tempo ed abita in un mondo che lo fascia e lo distrae, l’assilla da ogni parte dalla nascita alla morte. Così se Dio può essere indicato il punto di partenza, è anche ed altrettanto, anzi più ancora, un punto di arrivo: è il punto ossia l’assetto della scelta radicale. L’ateismo è un atto di scelta esistenziale: secondo la Bibbia solo ‘lo stolto (insipiens) afferma che Dio non esiste’ (Ps. 13,2; 53,1). Eppure l’ateismo non conosce confini né di tempo né di spazio, è apparso fin dagli albori dell’umanità ed è stata quasi sempre una minoranza a vivere al suo cospetto in fede e amore nello stesso Popolo eletto, guidato con particolare provvidenza da Mosé e dai Profeti per incontrare Cristo con l’esito orrendo di mandarlo alla morte di Croce, appellandosi a Dio contro il Figlio di Dio”3. Ma sarà l’ateismo della contemporaneità, e il principio di immanenza (dal cogito cartesiano in poi), che porterà all’attuale annullamento di ogni libertà: “Mai come oggi, nella marea inarrestabile della scienza e della tecnica, l’uomo deve ergersi a difesa della propria libertà nella dimensione della propria salvezza ch’è il riconoscimento del soccorso sicuro che Dio gli ha offerto nella rivelazione storica e nella salvezza operata da Gesù Cristo”. Infatti “Oggi si tratta di chiarire fino in fondo l’equivoco in cui si è consumato il principio d’immanenza nel pensiero moderno, che alla fine esso stesso si è dissolto come la negazione di quell’interiorità ossia libertà e perciò dell’immanenza stessa che si voleva rivendicare per professare la totale esteriorità del rapporto di coscienza, lo storicismo ed empirismo assoluto, e quindi la stessa scomparsa dell’io nella sua originalità. Ben diversamente nella prospettiva della rivelazione storica trascendente”. Essa si realizza “come libera offerta di Dio all’uomo libero: è questo il nucleo autentico di quella ch’è stata detta la ‘filosofia cristiana’”. “La rivelazione, il fatto storico di un intervento di Dio nelle cose umane, dilata la possibilità della ragione, le mostra una sfera di superiore salvezza, la strappa alla minaccia incombente di arrendersi a discrezione della macchina, alla pretesa di rinunciare all’incanto dell’arte e della bellezza, al conforto dell’amore. Ciò significa che dopo la rivelazione l’uomo ha un senso ed una dimensione più autentica e profonda proprio di quelle libertà che i negatori della fede sospettano minacciate”4.
1 Il ‘problema’ della Chiesa in Newman e Kierkegaard, EM 2, 1976 2 La Chiesa “mysterium unionis”, cit. 3 L’odissea dell’ateismo e del nichilismo, “Sapienza” 4, 1990 4 Riflessi e spunti filosofici del Cristianesimo, EM 3, 1965 ... |