Filosofia - Teologia della libertà
11 giugno 2021 Primato della volontà e priorità dinamica del bonum sul verum Teologia della Libertà Parte 5 Primato della volontà e priorità dinamica del bonum sul verum. A questo punto è bene precisare cosa s’intende, in una prospettiva tomista, per primato della volontà sull’intelletto, per non cadere nell’equivoco volontarismo moderno che culmina nella delirante “volontà di potenza” nietzschiana ossia nella vuota “volontà di volontà” che apre le porte al nichilismo più radicale. Nella filosofia tomista “l’intelletto ‘presenta’ l’oggetto appetibile alla volontà e, benché esso oggetto sia appetibile, non è ancora appetito in sé, poiché questo dipende dall’accettazione o meno della stessa volontà in virtù della sua inclinazione. È propria della volontà la inclinatio in bonum e della libertà il dominio su tale inclinazione: essa esercita questo dominio muovendo (cioé dirigendo) lo stesso intelletto. L’intelletto speculativo ha per oggetto l’ens ut verum che è la conformità in funzione della presenza intenzionale del conoscere [cioé l’adaequatio rei et intellectus del realismo tomista]; la volontà ha per oggetto il bonum ch’è l’ens ut perfectum et perfectivum, perciò appetibile come fine e che non è più oggetto di una sola facoltà ma diventa oggetto dell’intera persona”. È quindi la volontà, e non l’intelletto, “l’attività più profonda dello spirito“. Infatti “è il fine ed il bene che domina (e deve dominare) la vita dello spirito”. È questa la ragione metafisica che sancisce il Cristianesimo come religione di libertà: “Nell’intellettualismo greco che preferisce l’universale astratto al singolare concreto, si può anche capire la posizione di privilegio riservata all’intelletto: anche per questo intellettualismo il mondo classico ha difeso la schiavitù come condizione naturale di una certa frazione dell’umanità. Questo è inammissibile, anche sul solo piano speculativo, dopo l’avvento del Cristianesimo il quale insegna che la creazione è tutta opera di libertà e di amore”. Anche se tale consapevolezza impiega alcuni secoli a radicarsi nel cuore dei cristiani. È la “superiorità esistenziale della volontà sull’intelletto” a stabilire che “l’amore di Dio è migliore della conoscenza di Dio”. Infatti “non dicitur bonus homo qui haber bonum intellectum: sed qui habet bona voluntatem”(S. Th. I, q. 5, a. 4 ad 3). L’intelletto è il primo motore nella dinamica della libertà in quanto indica la “felicità in generale”, ma è poi la volontà ad avere il sopravvento e a muovere lo stesso intelletto, “et omnes alias potentias”, secondo la formula “Intelligo quia volo” (Q. De Malo, q.VI). Il ruolo positivo svolto dalla volontà comporta un coinvolgimento a 360° della persona: “La volontà è sempre in grado di dominare non solo le passioni ma lo stesso intelletto traviato dall’errore”. È proprio grazie all’”emergenza della volontà sulla ragione costitutiva per l’attuarsi dell’atto libero” che l’uomo è “fatto partecipe della autonomia divina”, al contrario del regno animale, che “si agita e muove secondo scopi prestabiliti e quindi mediante inclinazioni determinate in modo univoco”.1 In tale primato della volontà sulla ragione si può ravvisare il capovolgimento operato dal razionalismo moderno che ha trovato la sua realizzazione più coerente nella Rivoluzione Francese. Qui, come si sa, è stata issata la bandiera della “Dea Ragione” che avrebbe dovuto spodestare il Dio dei Cristiani. Lo stesso trinomio giacobino di Libertà-Eguaglianza-Fraternità è stato imposto in sfregio ai significati tradizionali di quelle parole. Libertà per i rivoluzionari significò infatti liberazione di un popolo nel suo insieme, schiacciando invece tutte le libertà dei singoli e dei corpi intermedi (aristocrazia, corporazioni, Chiesa) in nome di un generico e laicista spirito patriottico. Eguaglianza significò di nuovo schiacciamento verso il basso, negando ogni differenza di ceto, creando così una massa amorfa di “cittadini” senza storia né tradizioni. Fraternità, e non carità, significò la glorificazione di quelle congreghe segrete massoniche che, celate dietro il feticcio di una fantomatica sovranità popolare, tiravano i fili da dietro le quinte e rappresentavano il vero potere occulto dei “princìpi dell’89”.
Riassumendo – “Per S. Tommaso nell’attuazione decisionale intelletto e volontà sembrano fondarsi a vicenda: l’intelletto porta sugli oggetti, li comprende e li confronta e così rende possibile la scelta, è l’aspetto contemplativo e statico. Ma è la volontà che sotto l’aspetto dinamico muove e coordina l’attività dell’intera persona e quindi dello stesso intelletto perché – anche per S. Tommaso come per S. Agostino – la volontà è la facoltà del bene e dell’amore che contiene, trattiene ed espande dall’intimo la ragione dell’essere spirituale. Perciò, al di là del razionalismo astratto e del volontarismo formale, Tommaso vede l’unità di persona e responsabilità nella libera decisione: ‘È la volontà l’origine della libertà, perché la libertà di scelta appartiene all’essenza della libertà’ (In II Sent. d. 24, q. 1, a. 3, ad 5). In quanto la volontà vuole se stessa e causa se stessa”. Per Tommaso il moto profondo della libertà nasce dalla passione per l’ideale: ‘In questo modo la volontà muove se stessa e muove tutte le altre potenze’ a cominciare dall’intelletto. ‘Intendo, comprendo, perché voglio e faccio uso di tutte le mie facoltà perché voglio’ (Q. De Malo, q.VI, a. 1)”. E così, nel “suo atto d’amore la volontà prende le redini della vita e diventa superiore e precede la stessa ragione”. Questo “potere creativo della volontà” permette all’uomo “di disporre di sé e delle proprie azioni alla loro stessa origine cioé al confine fra l’essere e il nulla”. La “scintilla della libertà Tommaso l’esige soprattutto nella sfera teologica a cominciare dall’atto di fede che deve essere assolutamente libero come atto, quanto è assoluto e immutabile nell’oggetto. Proprio perché Dio è il Principio perfetto ed immutabile, proprio perché l’Incarnazione di Cristo è il Fatto assoluto di salvezza... per queste due garanzie supreme nell’ordine metafisico e nel divenire storico, la decisione è mia perché in essa comunico direttamente con Dio e con Cristo. Perciò la fede è per Tommaso un incontro dialettico d’intelletto e volontà, dove il primato è della volontà: ‘Credere è un atto dell’intelletto in quanto è mosso dalla volontà’ (S. Th., IIa, q.IV, a.2)”2.
1 Orizzontalità e verticalità della libertà, cit. 2 S. Tommaso maestro di libertà, “Osservatore Romano” 9.III.1974 di Andrea Colombo
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