Storia
19 aprile 2021 LA MARINA DI NAPOLI E SICILIA. Vanto della storia italiana
LA MARINA DI NAPOLI E SICILIA. Vanto di popoli fratelli (in video l'ex Magistrato Edoardo Vitale, Direttore de L'Alfiere e
Presidente di Sud e Civiltà) In un giorno di inizio ottobre 1818, nei pressi di Fiumicino, alcuni
barcaioli si avvicinano a una nave delle Due Sicilie, la Ferdinando I,
per aiutare l’equipaggio, pensando che fosse scoppiato un incendio a
bordo.
Si sbagliavano: il fumo che proveniva dalla nave era quello della
macchina a vapore.
Non ne avevano mai vista una, perché quella era la prima in Italia ad
andare per mare. Era stata costruita da un cantiere di Napoli, quello di
Vigliena.
A Genova la nave fu visitata dall’ambasciatore di Francia e da un
ammiraglio del Regno di Sardegna.
A Marsiglia riscosse un enorme successo.
Il 4 luglio 1854, nella Baia dell’Hudson, presso New York, una folla di
immigrati italiani festeggia una nave delle Due Sicilie, il piroscafo
“Sicilia”, approdata sul contenente americano dopo 26 giorni di
navigazione.
Era la prima nave a vapore proveniente dall’Italia ad attraversare
l’oceano atlantico. La comandava Ferdinando Cafiero di Sorrento.
Il Sicilia fu visitato da moltissimi emigranti che salirono con orgoglio
e commozione su un pezzetto della loro patria lontana.
Il piroscafo Sicilia era stato commissionato in Inghilterra dai
palermitani Luigi e Salvatore Pace, che fondarono anche la Società di
navigazione Sicula Transatlantica per organizzare un servizio tra
Palermo e New York.
Anche la prima nave da crociera nel Mediterraneo fu napoletana, la
Francesco I, nel 1833.
Non siamo appassionati di primati, ma questi li riferiamo perché danno
il senso di un regno in movimento, interessato alle innovazioni e non
solo per iniziativa del Re, ma per impulso di imprenditori coraggiosi
che non mancavano. Infatti questi “record” non rimasero fatti isolati,
come avvenuto in parte per le ferrovie.
La Marina mercantile fu costantemente potenziata.
Dal 1819 al 1860 il numero dei bastimenti aumenta di quasi cinque volte.
Nel 1860 è prima fra gli stati italiani per numero di imbarcazioni e
seconda per tonnellaggio.
La maggior parte dei natanti erano di piccole dimensioni, ma tutti erano
di vitale importanza nell’economia del Regno e quasi sempre costruiti
nei nostri cantieri.
Con le dimensioni delle navi, aumentarono anche il raggio d’azione e
l’intraprendenza degli equipaggi, favoriti da una riduzione del 20% del
dazi da pagare sulle merci importate dal Nord America e dal Baltico.
Il nostro sistema portuale e logistico era di notevole livello.
Il 14 agosto 1852 è inaugurato a Napoli il bacino di raddobbo per le
grandi riparazioni, unico nel Mediterraneo.
Alla vigilia dell’unità d’Italia, Castellammare di Stabia per le
costruzioni navali e Napoli per lo scalo marittimo e la manutenzione
navale, raggiunsero un grado così alto di specializzazione da formare il
più grande e funzionale polo cantieristico esistente in Italia.
Intorno ad esso, grazie alla ferrovia costruita appositamente per unire
la capitale con le realtà industriali (altro che “giocattolo del re”),
nascono altre industrie private, i cui lavoratori si aggiungono ai 4.000
addetti di Pietrarsa e agli oltre 2.000 di Castellammare.
Dal punto di vista tecnico e marinaresco, ci facevamo valere: il console
inglese a Napoli, che si chiamava Gallwey, nel 1843 lodava la
competenza dei capitani delle navi mercantili sia napoletane sia
siciliane, paragonandoli favorevolmente ai loro colleghi britannici che
giudicava invece rozzi, ignoranti e talvolta dediti all’alcool.
Fu napoletano anche il primo codice di diritto marittimo.
Era il Codice Ferdinandeo della navigazione, dovuto al giurista Michele
De Jorio.
Il nostro commercio marittimo era in continua crescita e si avvaleva di
importanti accordi internazionali, come quello con l’Impero Ottomano.
Con l’apertura del canale di Suez, poi, si presentava per noi una grande
occasione di sviluppo e prosperità, ma questo a Gran Bretagna e Francia
non piaceva.
Con la caduta dell’ultimo re legittimo, Francesco II, l’imposizione da
un giorno all’altro della legislazione piemontese, l’abolizione dei dazi
protettivi, lo smantellamento degli impianti industriali, ceduti a
privati senza alcuna tutela per i lavoratori, e l’inaudita pressione
fiscale stroncarono l’economia meridionale, e il settore
marittimo-mercantile non fu certo risparmiato.
Questo non deve far sognare ritorni al passato.
Però una cosa va detta. Noi non eravamo una grande potenza, il nostro
popolo viveva modestamente, ma anche se fossimo stati poverissimi
nessuno aveva il diritto di venire a comandare a casa nostra.
Queste immagini ci fanno sentire una ventata d’aria fresca, che poi è un
brivido di libertà, il pensiero di una nave costruita da mani
napoletane e siciliane, senza chiedere niente a nessuno, senza recovery
fund, senza Mes, senza Rothschild.
Il pensiero di una nave che non va al rimorchio di nessuno. Ringraziamenti a: Michele Eugenio Di Carlo, Roberto Maria Selvaggi,
Arturo Faraone, Augusto Marinelli, Ciro La Rosa. >>>articolo originale online>>> ... |